13 studenti di Ingegneria dei Sistemi Idraulici e di Trasporto e Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio sulla Diga di Piano della Rocca. “È una cosiddetta ‘grande diga’, una delle 524 più grandi d’Italia, alta 40 metri, che accumula a monte ben 40 milioni di metri cubi di acqua. Insieme ad altre sei fa parte del Consorzio Velia per la bonifica dell’Alento, il fiume cilentano sul quale si trova”. A riassumere un po’ di informazioni di servizio è il prof. Domenico Pianese, che ha accompagnato la sua classe di Idrologia in visita guidata lo scorso 11 maggio.
“La nostra gita – racconta il docente – è cominciata con un inquadramento generale delle problematiche di progettazione e delle finalità di un’opera come questa”. Dopodiché, “siamo entrati al suo interno, nella galleria drenante; poi abbiamo visionato lo scarico di superficie, che impedisce all’acqua di sormontarla quando è piena, e gli scarichi di fondo; siamo passati alle opere di dissipazione, il cui scopo è trasformare l’energia dell’acqua sotto forma di calore, e alla torre di presa, ovvero l’impianto che permette all’acqua di essere prelevata dall’invaso e convogliata nelle tubazioni; infine ci siamo recati al sistema di monitoraggio per osservare i quadri di controllo e i comandi sui calcolatori”.
Durante il giro, precisa ancora, “ci ha accompagnati il Direttore Generale del Consorzio, Marcello Nicodemo”. La ciclopica struttura ha fatto colpo sugli studenti. “La Diga di Piano Della Rocca – spiega Daniele Martino, Magistrale in Ingegneria dei Sistemi Idraulici e di Trasporto, evidentemente molto attento durante le spiegazioni – è la più grande tra le sette dighe del Consorzio Velia. Dal suo bacino di accumulo viene anche attinta l’acqua per soddisfare il bisogno idrico della popolazione a valle, che durante l’estate aumenta. In pratica, quindi, fornisce acqua per uso irriguo, idropotabile, industriale e per la produzione di energia idroelettrica”.
Daniele è rimasto impressionato “dalla passeggiata nella galleria drenante, praticamente a 45 metri di profondità. Siamo abituati a pensare che le dighe non perdano nemmeno un millilitro di acqua, invece non è così. Questa, in particolare, è dotata di un rivestimento impermeabile di 27 cm composto da un’alternanza di strati di lamine e bitume eppure delle perdite filtrano comunque, ma poche eh! L’ingegnere ci ha spiegato che è normale e che in altre dighe sono maggiori”.
Ha prestato orecchio alle gocce, insomma, “nonostante un po’ di freddo. Là sotto ci saranno stati 14 o 15 gradi, pur essendo a maggio. Un maggio piovoso, per carità, ma è questa la temperatura che si registra anche d’estate”. Marianna Piccolo, Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio, si è ritrovata ad alzare gli occhi al cielo: “La Diga di Piano della Rocca è mastodontica, non ne avevo mai vista una così se non in foto o sui libri! – esclama – È stata una fortuna poterla conoscere negli aspetti strutturali e dietro le quinte”.
Dietro le quinte, in particolare, “ha un sistema di monitoraggio impressionante, H24, in parte automatizzato grazie ad una serie di apparecchiature interconnesse. Gli addetti ci hanno mostrato anche il funzionamento di alcune opere, ad esempio, come si attiva e disattiva l’impianto idroelettrico, che purtroppo non abbiamo avuto tempo di visitare”. Nell’arco delle lezioni del prof. Pianese “ci siamo soffermati sul funzionamento strutturale delle dighe, per le quali poi ci sono altri esami specifici, e sull’utilizzo di certi dati. A me interessa molto l’ambito del dissesto idrogeologico, per quel che concerne gli aspetti strutturali e geotecnici, e infatti mi ha incuriosito il discorso sulla galleria drenante e il monitoraggio degli eventuali cedimenti”.
L’ipotesi di lavorare in una diga fa gola a Gabriele Lista, Ingegneria dei Sistemi Idraulici e di Trasporto: “In questa struttura è impiegato un laureato alla Federico II ma, in generale, quasi tutti gli ingegneri con cui ci siamo interfacciati erano di Idraulica. Le possibilità sono buone”. Al termine della visita il gruppo si è concesso un po’ di tempo libero. A valle, infatti, si trova la splendida Oasi dell’Alento, tipica meta del turismo naturalistico estivo nel Cilento. “L’oasi è proprio bella – racconta ancora Daniele – sui suoi prati vivono liberi diversi animali come pecore, capre e alpaca. E, prima di rientrare a casa, ci siamo fermati in un piccolo punto di ristoro dove abbiamo assaggiato un ottimo ragù e della carne tipica della zona”.
Carol Simeoli
Studenti in visita alla Diga “mastodontica” di Piano della Rocca nel Cilento

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