Lo chiamano il Basaglia d’Africa, per avere dedicato la vita al recupero di centomila malati mentali nell’Ovest del continente e per aver creato undici strutture psichiatriche e altrettanti centri di riabilitazione tra Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio e Togo. Grégoire Ahongbonon è a Napoli e sarà protagonista di due eventi.
Dell’incontro “Legami d’Africa”, organizzato dal Dipartimento di Veterinaria, dall’Associazione Konou Konou Sorridi Africa Onlus (ASKKAO), che racconterà pure l’ultima missione in Benin, il 30 settembre (ore 15.00, Aula Magna al primo piano della sede di via Delpino; interverranno per il Dipartimento il Direttore Aniello Anastasio e il delegato alla Terza Missione Sante Roperto, per l’Ateneo il Delegato all’Innovazione e Terza Missione Antonio Pescapè), e del Suor Orsola Benincasa, che ha deciso di conferirgli la Laurea Magistrale Honoris Causa in Programmazione, amministrazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali, con cerimonia prevista per il 1° ottobre e Laudatio del prof. Nunzio Ruggiero, proponente e membro del consiglio direttivo dell’Associazione.
“Gregoire è una persona straordinaria – racconta ad Ateneapoli la Presidente di ASKKAO, la prof.ssa Bianca Gasparrini, docente di Clinica ostetrica, ginecologica, andrologica e neonatologia veterinaria, che lo conosce bene, collaborandoci a stretto contatto durante le missioni – e vale la pena conoscerlo perché ha un carisma unico”. Ha liberato i malati mentali dalle catene, letteralmente: “ci sono video e servizi espliciti che lo riprendono mentre si reca in villaggi con le cesoie, perché quella di legarli è una prassi che ancora esiste e si associa spesso a credenze religiose, si pensa siano indemoniati. Alcuni restano incatenati per vent’anni”.
Ma non è solo l’impatto emotivo che può avere il gesto della rottura delle catene – tanto fisico quanto simbolico – Ahongbonon “è diventato punto di riferimento per psichiatri di tutto il mondo e ha ottenuto numerosi riconoscimenti internazionali, dalla Francia al Canada”. E non è uno psichiatra, né tantomeno ha nel suo background una formazione in psicologia: “ha una fede fortissima che lo fa sentire uno strumento”.
Un signor nessuno – così si definisce – che ha ideato un modello di recupero dei malati mentali unico: “lui recupera queste persone lavandole innanzitutto, per ridargli una dignità. In un secondo momento vengono affidate alle cure degli psichiatri che lavorano nei centri; nel frattempo Gregoire fa un patto con le famiglie e i villaggi di appartenenza. Una volta guariti, gli ex pazienti vanno riaccolti e reinseriti. Addirittura molti di questi si trovano a gestire quegli stessi centri che li hanno supportati e curati”.
Una conoscenza e una collaborazione strettissima quella tra il Basaglia d’Africa e l’ASKKAO, fondata formalmente nel 2013 dal prof. Enrico Di Salvo. “I malati di mente non venivano curati negli ospedali pubblici, nemmeno per una banale appendicite; a quel punto, Gregoire li portava negli ospedali della carità dove Di Salvo faceva interventi (più di 3000, ndr)”. L’ultima sfida che li vede camminare idealmente assieme è l’ospedale che sta nascendo ad Adjarra, sempre nel Benin, che sarà aperto non solo a chi ha patologie psichiatriche, ma anche a tutti gli altri, “considerando che l’area si sta impoverendo sempre di più”.
Nel frattempo, lo scorso agosto si è conclusa la trentesima missione dei Konou Konou. “Abbiamo monitorato tutta una serie di attività. La collega Serena Calabrò ed io ci siamo recate nei villaggi per attività di divulgazione in ambito Terza Missione, e ci siamo rivolte soprattutto alle donne. Siamo state impegnate anche in un orfanotrofio, che sosteniamo con adozioni a distanza e tramite accordi con università internazionali, compresa la Federico II. La collaborazione è viva anche con due istituti di bambini gravemente disabili. In uno, La Maison des Enfants, si accolgono anche le mamme dei piccoli, perché, oltre a curare, si insegna ai genitori ad accettare la disabilità; basti pensare che in quelle aree era diffuso l’infanticidio rituale. In generale, il nostro sostegno a questi centri si sviluppa sempre tramite attività collaterali che mirano a garantire autosostenibilità”.
Neanche il tempo di tornare e mettere assieme i pezzi di quanto fatto che è già pronto il programma della trentunesima missione, medica, con partenza prevista per il 16 novembre. Coordinata dal dott. Vincenzo Tammaro del Policlinico federiciano, si svilupperà su tre poli ospedalieri, compreso quello citato di Adjarra. “Nel frattempo è stato anche approvato un progetto transnazionale con i Paesi africani come target, in cui confluiranno le competenze di Ingegneria, Medicina, Scienze sociali, Agraria. In questo caso i professori coinvolti sono Michele Santangelo e Roberto Montalti”.
L’ultima battuta di Gasparrini è sul senso – quantomeno personale – di tutto questo: “non mi sono mai soffermata a chiedermelo, forse mi rende semplicemente una persona migliore. Ci sono talmente dentro che ormai prende gran parte del mio tempo”. Poi un aneddoto: “Un collega mi portò a vedere le capre alpine durante una missione di tanti anni fa – una cosa a dir poco inusuale in Benin. Arrivati sul posto incontrammo una donna che di questi animali sapeva tutto, dalla a alla z. Era Suor Sabine, uno dei nostri attuali riferimenti. Mi innamorai di lei. Soprattutto per quello che mi disse poco prima che me ne andassi: se vuoi aiutarmi, portami degli esemplari maschi, perché ci sono problemi di consanguineità, oppure lavoriamo alla fecondazione assistita. Detto da una suora africana settantenne, mi lasciò di stucco. Poi mi portò a conoscere i suoi bambini”.
Claudio Tranchino
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Ateneapoli – n.13-14 – 2024 – Pagina 26