Economia circolare tra IA e innovazione digitale

Economia circolare e diritto. Se n’è parlato il 26 maggio al Dipartimento di Economia durante il primo di un ciclo di seminari integrativi. “Oggi è cambiata la logica del prodotto non solo nel suo stato iniziale ma anche nel suo stato di rifiuto”, afferma la relatrice, la prof.ssa Paola Grimaldi.

Se nell’economia lineare il prodotto nasce, entra in un ciclo produttivo, arriva al consumatore e viene smaltito come rifiuto, nell’economia circolare il rifiuto diventa tale solo quando si esaurisce la sua ultima potenzialità. Tenere conto della sostenibilità, della durabilità e della potenzialità del prodotto sono i punti chiave su cui lavora l’economia circolare. “È un ciclo chiuso: una volta consumato, il prodotto, diventato rifiuto, viene reinserito nuovamente nel ciclo produttivo”, arrivando così al concetto di ‘end of waste’.

Da dove nasce tutto ciò? Tutto parte nel 2018, quando, in relazione ai 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, l’Unione Europea ha varato un pacchetto legislativo comprendente 4 riforme, di cui centrale è la 851, riguardante la gestione base del rifiuto. Partendo da quest’ultima si studiano i vari settori e lo smaltimento dei rifiuti prodotti da specifiche attività, “si spazia dai rifiuti del settore moda a quelli spaziali”.

In particolare, il discorso va calato nelle nuove tecnologie: l’Intelligenza Artificiale e l’Innovazione Digitale, per vedere in che modo questi due strumenti possono permettere la transizione da un’economia lineare a una circolare. L’Ellen MacArthur Foundation, nel 2019, svolse per prima studi sull’economia circolare in rapporto all’innovazione digitale, su come si può progettare in maniera circolare il prodotto, si può operare una più oculata scelta di materiali, realizzare un funzionamento circolare dei modelli di business e ammodernare le infrastrutture.

Dunque, questo lungimirante studio, nell’ambito della responsabilità estesa del produttore e della durabilità del prodotto, propone la creazione di prodotti riciclabili e durevoli ‘by design’, sin dalla progettazione. Stessa cosa riguardo alla scelta e all’impiego di materiali che prevedano la riciclabilità, biodegradabilità o il reintegro nei processi produttivi.

La prof.ssa Grimaldi ha poi illustrato agli studenti alcuni esempi di software che oggi lavorano in questa direzione. SuperCycle: un’azienda che ha sviluppato un’infrastruttura digitale, la quale, grazie a tutti i dati archiviati, rende possibile una piena circolarità nel settore moda. Collabora con diversi marchi di abbigliamento e, integrando i dati di acquisto dei clienti con i sistemi di magazzino, li indirizza a non acquistare ‘nuovo’, ma dalle riserve di stoccaggio. Sempre appartenente al settore moda, SXD Zero Waste: un software che, grazie all’Intelligenza Artificiale, aumenta le possibilità di ridurre al minimo gli sprechi nei processi produttivi.

L’AI viene utilizzata per progettare modelli di abbigliamento che generano meno rifiuti pre-consumo dagli scarti di produzione e quindi arrivare a realizzare anche modelli a scarto zero. GALY.CO: software che opera nell’ambito del cotone, tessuto naturale, ma la cui coltivazione implica un grande dispendio d’acqua. Lavora producendo un ‘incredible cotton’ artificialmente sviluppato in laboratorio. Per quanto concerne l’elettronica, c’è il robot Daisy: è capace di smembrare nel giro di 3-5 minuti prodotti Apple, per destinare i singoli pezzi a nuovi processi produttivi. Per finire, Zen Brain, una ricerca in via sperimentale, che prevede la creazione di robot in grado di identificare tra cumuli di rifiuti quelli che potranno essere riutilizzati.
Angelica Cioffo
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Ateneapoli – n. 10 – 2025 – Pagina 33

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