“Basta rappresentare e raccontare l’Africa dall’esterno. Guardiamo invece alla sua lunga storia e alle relazioni che noi occidentali abbiamo avuto con questo continente e come sia sempre stato sottoposto a domini e sfruttamento nel sistema internazionale. Il 25 maggio serve proprio a questo: ribadire il tentativo originario dell’Organizzazione dell’Unione Africana (OUA, precursore dell’Unione Africana), nata nel 1963 per creare un’unità di un continente completamente diviso e frammentato dal periodo coloniale”.
Il prof. Antonio Pezzano parla dell’Africa Day, una due giorni che si è tenuta nell’ultimo fine settimana di maggio all’Orientale, organizzata dal CeSAC (Centro Studi sull’Africa Contemporanea) guidato proprio dal docente e dall’ASDA (Associazione Studenti e Diaspora Africana molto attiva all’Orientale) che hanno celebrato la nascita dell’OUA attraverso una prima giornata di musica, quiz, letture, tavole rotonde a Piazza Garibaldi, poi una seconda a Palazzo Corigliano con workshop e panel di discussione a partire dall’Agenda 2063 e dal suo sottotitolo, ‘The Africa we want’. Breve inciso, quest’ultimo è un documento strategico o un piano generale attraverso il quale l’Africa vuole raggiungere obiettivi di sviluppo inclusivo e sostenibile ed è una manifestazione concreta della spinta panafricana verso l’unità, l’autodeterminazione, la libertà, il progresso e la prosperità collettiva perseguita nell’ambito del Panafricanismo e del Rinascimento africano.
“Tanto noi del CeSAC che i ragazzi dell’ASDA vorremmo che questa celebrazione diventasse un appuntamento fisso e riconoscibile anche qui, come lo è già in Africa e nel resto del mondo”. I vari panel sono stati introdotti da professori dell’Orientale (Fabio Amato, Adele Del Guercio, Valeria Saggiomo, Ersilia Francesca, Andrea Brigaglia, Maria Suriano) e da membri di ASDA (Diallo) e hanno messo al centro temi come: migrazioni, mobilità e diritti umani; ambiente e donne; politiche linguistiche e culturali; prospettive di sviluppo e sfide globali. Uno degli obiettivi della due giorni, così come del lavoro sia del Centro che dell’ASDA, è contrastare la percezione distorta che si ha in Italia della presenza africana come legata “esclusivamente ai fenomeni migratori degli ultimi decenni, che noi abbiamo enfatizzato come se fossero quasi delle invasioni. Di questo abbiamo discusso davvero a lungo”.
E, oltre a un certa politica, anche i media, soprattutto quelli cosiddetti mainstream e più potenti, avrebbero un peso non indifferente nell’alimentare questa narrazione: “siamo sotto l’1% di notizie riguardanti l’Africa sui media principali e quel poco che viene raccontato risente sempre delle stesse letture. E invece urge spostare la lente. Il continente africano è uno di quei luoghi in cui la mobilità umana è storicamente presente, la maggior parte degli spostamenti di popolazione avviene internamente. Ci sono paesi africani che sono dei veri e propri hub”. Uno di questi è un nostro dirimpettaio, la Tunisia, “ma ce ne sono tanti altri che in maniera utilitaristica e forse cinica utilizzano la capacità di accoglienza di sfollati provenienti dai Paesi limitrofi, soprattutto dalla regione dei grandi laghi, prima Uganda, adesso Ruanda, per ricevere crediti nel sistema internazionale da sfruttare a proprio vantaggio, accedendo a investimenti, prestiti”.
Uno spaccato, quello raccontato da Pezzano, che serve a sottolineare l’inconsistenza della narrazione dominante in occidente che vede l’Africa come un monolite, bacino di migranti: “usciamo da questo schema, parliamo di un continente enorme che produce fenomeni e laboratori in cui ci si può anche specchiare per capire come sta andando il mondo”. Sulla stessa lunghezza d’onda, nemmeno a dirlo, l’Associazione Studenti e Diaspora Africana, come racconta Adam Coulibaly, studente di Relazioni internazionali all’Orientale: “la nostra spina dorsale è proprio questa: improntare una narrazione diversa sull’Africa. Proviamo costantemente a decodificare e destrutturare luoghi comuni e distorsioni, vogliamo che le culture africane vengano rispettate”.
Ed è quello che ASDA fa dal 2021, quando nasceva per volere di cinque studenti dell’Orientale, che si accorsero delle problematiche burocratiche e amministrative cui andavano incontro gli iscritti africani. Da allora, resiste ancora l’idea di supportare l’altro, di “incoraggiare i ragazzi ad iscriversi all’università, così come di fare attivismo trasversale dal basso. Ci sono anche diversi italiani che fanno parte dell’Associazione”.
Claudio Tranchino
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Ateneapoli – n. 10 – 2025 – Pagina 37