Lo sport è passione, ma anche responsabilità. E quando la sicurezza viene meno, lo stadio può trasformarsi da luogo di festa a teatro di violenza. Il 7 aprile si è svolto un incontro congiunto dei corsi di Diritto internazionale dello sport e Diritto comparato dell’impresa e dei contratti sportivi al Dipartimento di Giurisprudenza sul tema ‘Gestione, sicurezza e innovazione tecnologica negli stadi: quale ruolo per i diversi attori coinvolti’. A discuterne, l’avvocato e manager sportivo (Gabetti Sport) Antonio De Luca e il dott. Luigi Isernia, giovane esperto del settore, guidati dalla prof.ssa Giorgia Bevilacqua.
L’avv. De Luca ha offerto una panoramica precisa su come è cambiata – e continuerà a cambiare – la figura del manager sportivo. “Oggi – ha sottolineato – non basta più saper gestire risorse economiche o trattare con gli sponsor. Servono competenze trasversali: problem solving in tempo reale, competenze nella gestione della comunicazione, dei rapporti con sponsor e tifoserie. A emergere, dunque, è una figura professionale in grado di coniugare visione strategica e sensibilità giuridica”.
Il futuro del settore, secondo De Luca, è tracciato dall’innovazione tecnologica. Ad esempio, l’intelligenza artificiale è utilizzata per valutare non solo le performance, ma anche il profilo caratteriale degli atleti. Necessità di controllo nelle manifestazioni pubbliche e sicurezza degli impianti sportivi: una riflessione che si intreccia inevitabilmente con la situazione attuale degli stadi italiani. Secondo De Luca, infatti, tra gli impianti sportivi del nostro Paese (oltre 77 mila, con un’età media di 61 anni), solo una minima parte risponde agli standard moderni. Il CONI (organo di governo dello sport italiano, responsabile per la promozione e lo sviluppo delle attività sportive nel Paese) e la società Sport e Salute hanno attivato fondi importanti, con investimenti pubblici e programmi come ‘Sport e Periferie’ per la realizzazione e riqualificazione di impianti sportivi, con un focus sul recupero e sulla valorizzazione delle strutture esistenti.
Ma la lentezza amministrativa, soprattutto a livello comunale, blocca i progetti. Intanto, in Europa, stadi come il Santiago Bernabéu o l’Allianz Arena rappresentano il modello di “uno stadio – come osserva De Luca – non utilizzato solo per le partite: ma che deve diventare un impianto commerciale, vivo 365 giorni l’anno”. In Italia, invece, anche i migliori esempi, come il Gewiss Stadium o l’Allianz Stadium, restano indietro nei numeri e nei servizi. L’eccezione campana: la Regione ha stanziato 140 milioni per riqualificare lo stadio Arechi di Salerno e il relativo centro sportivo, segnando un raro esempio di investimento pubblico serio nell’infrastruttura sportiva.
La violenza negli stadi e il Daspo
Nella parte finale dell’incontro – come raccontato dal dott. Isernia – “la Convenzione europea contro la violenza negli stadi è stata adottata dal Consiglio d’Europa nel 1985 in risposta alla tragedia dell’Heysel (quando, durante la finale della Coppa dei Campioni disputata a Bruxelles tra Liverpool e Juventus, il panico scatenato dagli hooligans all’interno dello stadio provocò la morte di 39 persone e il ferimento di altre 600). Questo accordo rappresenta un impegno internazionale volto alla protezione dell’integrità degli eventi sportivi. L’Italia ha ratificato la Convenzione con la legge 401/1989 stabilendo misure di prevenzione e punizione per la violenza negli stadi”.
Il DASPO (divieto di accedere alle manifestazioni sportive) – ha spiegato Isernia – è una misura atipica, di tipo amministrativo, che può essere disposta direttamente dal questore anche senza processo penale e che limita l’accesso alle manifestazioni sportive per soggetti considerati pericolosi, anche attraverso una procedura d’urgenza.
“Le nuove tecnologie (dalle telecamere 4K multifocali alla videosorveglianza intelligente, dai droni di controllo alle tecnologie di riconoscimento facciale) come il riconoscimento facciale, analisi predittiva, monitoraggio in tempo reale ne rafforzano l’efficacia, trasformando lo sport in un terreno avanzato di sperimentazione giuridica e sociale”.
L’incontro si è concluso con due domande stimolanti poste dalla prof.ssa Bevilacqua. Alla prima – se lo sport possa essere strumento di riqualificazione del Mezzogiorno – De Luca ha risposto con entusiasmo: “Assolutamente sì. È vero che ci sono ancora molte difficoltà da affrontare, ma quando ci sono problemi, ci sono anche tante opportunità. Al Nord, ad esempio, c’è un ciclo consolidato e degli impianti sportivi molto sviluppati, il che riduce le possibilità per chi vuole entrare in questo mondo, che è bellissimo e affascinante, ma molto competitivo e chiuso. Sebbene tutti parlino di sport, e in particolare di calcio, è davvero difficile avere una visione completa di ciò che avviene dietro le quinte”.
Il consiglio: “non limitarsi a considerare solo l’aspetto tecnico e sportivo di questo settore, ma di guardare anche alla sua parte organizzativa e amministrativa, che sta diventando sempre più rilevante. Oggi ogni settore ha un manager che si occupa esclusivamente di alcune attività, e non si limita più a ruoli generali come accadeva in passato. C’è una forte domanda di nuovi manager e professionisti che possano entrare in questo mondo. È probabilmente il settore con la maggiore richiesta di nuove figure professionali, e credo che il Sud possa sfruttare questa crescita per svilupparsi ulteriormente. La risposta è quindi un ‘sì’ convinto. Ci credo, ci sto lavorando e continuo a crederci fino alla fine. È un mondo tutto da scoprire, dove non si smette mai di imparare, ogni giorno”.
Altra domanda: come limitare il fenomeno della violenza negli stadi. Il dott. Isernia invoca una “cooperazione reale tra Stato e settore privato”. Perché le tecnologie, da sole, non bastano a prevenire comportamenti violenti o razzisti. Solo un’azione sinergica può riportare le famiglie allo stadio e restituire ai giovani il sogno di vivere il calcio in sicurezza: “La violenza verbale, il razzismo, devono essere fermati sul nascere. Serve un sistema che protegga davvero chi vive lo sport”.
Elisabetta Del Prete
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Ateneapoli – n. 7 – 2025 – Pagina 31