‘Pensieri di libertà’ al carcere di Secondigliano

Creare un momento di incontro tra due mondi che non arrivano quasi mai a toccarsi. Il senso dell’iniziativa promossa dal prof. Giuliano Balbi, Ordinario di Diritto penale al Dipartimento di Giurisprudenza. È il ciclo di incontri ‘Pensieri di libertà’, che avrà inizio a febbraio e terminerà a luglio presso il centro penitenziario ‘Pasquale Mandato’ di Secondigliano. La ragione del titolo? “Dare spazio al libero pensiero, che è uno dei diritti fondamentali – spiega il prof. Balbi – Il pensiero, del resto, non si surroga alla libertà personale”.
Una serie di incontri, ai quali potranno partecipare studenti e docenti (previo invio, almeno venti giorni prima, di un documento d’identità all’indirizzo email indicato in locandina) per sentire la viva voce dei detenuti, che hanno aderito all’iniziativa su base volontaria, su tematiche lontane dall’universo delle carceri. Unica regola infatti è, dalle parole del prof. Balbi, “non parlare di diritto”. Lo motiva con un pensiero: “Non mi sembrava rispettoso nei confronti dei detenuti affrontare l’argomento, avrebbe significato non assumerli come interlocutori, bensì stigmatizzare il loro status”.
Il ciclo di incontri, alla sua prima edizione, nasce da una precedente esperienza del docente che un anno fa, il 27 gennaio, tenne in penitenziario una conferenza per la Giornata della Memoria. “In quell’occasione si tenne un dibattito molto interessante. Ho pensato che coinvolgere i detenuti fosse un gesto di rispetto nei loro confronti, un tentativo di impegno scientifico in tema di tenuta dei diritti dei soggetti fragili”.
Prosegue il ragionamento con una riflessione sulle carceri: “Non dimentichiamo che il carcere ha un carattere socialmente selettivo. Troviamo al suo interno persone che si collocano ai gradini inferiori della scala sociale, tossicodipendenti, extracomunitari, piccoli recidivi che vivono borderline tra legalità e illegalità. Il nostro è allora un tentativo, socialmente doveroso, di attenzione verso questi soggetti. La popolazione carceraria è molto superiore alla capienza delle strutture, c’è quindi una sofferenza che va al di là del rapporto fisiologico tra reato e pena. Non si dovrebbe stare in 12 in una cella. Vi è inoltre una stigmatizzazione politica dei detenuti, che emerge chiaramente dal decreto sicurezza”.
I lavori si apriranno il 17 febbraio con una relazione tenuta dal Rettore Giovanni Francesco Nicoletti dal titolo: ‘La conoscenza come strumento di promozione sociale e civile’. Ma gli incontri vedranno anche i contributi di docenti dell’Ateneo – i professori Nadia Barrella, Domenico Proietti e Guido Clemente di San Luca – e di altre Università – i professori Vincenzo Trione, Gianluca Gentile e Edoardo Vitagliano. Molti i temi affrontati, dalle parole all’Universo, da Banksy e la street art a Bob Dylan.
Le relazioni non dureranno più di 40 minuti, dopodiché ampio spazio sarà dedicato al dibattito e al confronto tra studenti e detenuti. È prevista poi, secondo possibilità, la registrazione degli incontri e la loro diffusione sulle piattaforme social dell’Ateneo. “Il proposito è quello di favorire l’interlocuzione – conclude il prof. Balbi – affinché i detenuti si sentano ancora parte di un mondo disposto ad accoglierli. Il carcere può essere caratterizzato anche da momenti di incontro e andare oltre quella sua funzione che, a causa della pessima gestione da parte delle istituzioni, troppe volte è punitiva e troppo poco rieducativa”.
Nicola Di Nardo
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Ateneapoli – n. 1 – 2025 – Pagina 29

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