Visita all’Archivio Centrale dello Stato per 60 studenti di Lettere

“La storia è la ricerca di prove e pezze d’appoggio per descrivere la realtà così come è stata e non per raccontarla come si vorrebbe fosse stata”, è con queste parole che il prof. Giuseppe Pardini, Ordinario di Storia contemporanea, mette in rilievo l’importanza del fare ricerca di archivio. Parole spese non casualmente, visto che i suoi studenti in archivio ce li ha portati davvero, e nel più prestigioso: l’Archivio Centrale dello Stato di Roma. È successo lo scorso 23 aprile. Accompagnati dal docente e dalla prof.ssa Concetta Damiani (Archivistica), i 60 studenti del Dipartimento di Lettere e Beni Culturali che si erano prenotati per la visita hanno potuto partecipare ad una significativa esperienza.
“L’Archivio Centrale dello Stato non è solo il sito in cui si conserva e tutela la memoria storica dello Stato unitario – sottolinea il prof. Pardini – ma anche uno dei luoghi adibiti alla produzione e alla trasmissione della cultura e della conoscenza. Questo ne fa una tappa irrinunciabile per gli studenti, che hanno così la possibilità di assistere a una dimostrazione pratica di come si muova e funzioni l’organismo archivio”. Un posto in cui la storia è in ogni dove e permea tutto come un guanto di velluto.
In esso sono racchiusi i documenti più significativi del passato, non necessariamente così remoto, del nostro Paese. Oltre alla documentazione degli organi centrali dello Stato, sono presenti infatti materiali di natura scritta, fotografica e audiovisiva provenienti da numerosi altri fondi archivistici. È presente anche una biblioteca specializzata in Storia contemporanea, tappa di pellegrinaggio obbligatoria per storici, studiosi e ricercatori.
“Si tratta forse dell’archivio più autorevole d’Italia, per cui non potevo assolutamente perdermi questa occasione – commenta Leonardo Guida, neo laureato in Conservazione dei Beni culturali, con il sogno di diventare restauratore di testi antichi e manoscritti miniati – Durante la visita guidata ci è stata descritta la struttura dell’Archivio, per poi passare alla spiegazione dettagliata dei vari settori con particolare riguardo per il Novecento e la Seconda Guerra Mondiale”. Difficile non rimanere ammirati di fronte alla copiosità di materiali, ma ciò che colpisce di più è, secondo Leonardo, “la parte dei documenti manoscritti. Attraverso essi si può scorgere il dipanarsi della storia sotto i nostri occhi, fatta di materia viva, concreta, corporea”.
E poi i documenti relativi alla persecuzione razziale, vera cartina di tornasole contro ogni negazionismo. “Nella parte museale è stata allestita una teca dedicata alle leggi razziali emanate dal fascismo – racconta Manuela Grimaldi, studentessa della Magistrale in Filologia moderna – Oltre ai vari documenti, riviste e periodici, sono presenti le tavole genealogiche per la definizione razziale degli ebrei, disegnate a mano da impiegati dell’allora esistente Direzione generale per la Demografia e la Razza. Un pezzo di storia, di quella storia così drammatica e senza ritorno, si trovava davanti a noi, appena al di là di una superficie di vetro”. Ed è una storia che ha un peso quella del Secolo Breve non solo per la parentesi dei totalitarismi, ma anche per come il mondo occidentale e il nostro Paese si sono trasformati in seguito a essi.
“Sono di estremo interesse anche i documenti relativi al secondo dopoguerra, all’Italia della Prima Repubblica, al periodo stragista, al dibattito sul divorzio. In una lunga teca si ripercorrono anche gli aspetti negativi e positivi di quegli anni, inclusi i pro e i contro del boom economico”, conclude Manuela. E poi c’è chi l’Archivio lo conosce bene per ragioni di ricerca, come Davide Paparcone, dottorando in Storia contemporanea che ha accompagnato il gruppo: “L’Archivio è il punto di partenza di tutte le storie, uno strumento essenziale”.
Incontro con la Storia, familiarità con lo spoglio di documenti d’archivio e metodologie di ricerca, una triade assai cara al prof. Pardini, che a questa iniziativa teneva molto: “La didattica non è fatta solo di teoria, ma anche di applicazione pratica. Nel nostro Dipartimento c’è chi aspira a diventare archivista, museologo, storico, giornalista, insegnante. Ebbene, per tutte queste figure professionali la ricerca d’archivio costituisce un bagaglio utile, per taluni addirittura indispensabile”. Tant’è che ha in cantiere altre iniziative: “probabilmente il prossimo autunno si terrà una visita agli Archivi storici dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri, che pure conservano materiali di enorme valore storico”.
Nicola Di Nardo

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Ateneapoli – n.08 – 2024 – Pagina 20

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