Rabbia, tristezza, gioia. Sono emozioni con le quali ogni essere umano si confronta nel corso della vita. Possono essere molto intense, ma è importante che non sfuggano al controllo dell’individuo. Una condizione non sempre possibile o comunque di difficile attuazione, specialmente in determinate fasi della vita, come la preadolescenza. È a questo scopo che, da una collaborazione tra la Vanvitelli (Dipartimento di Psicologia) e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nasce ‘Wave Island’. Finanziato coi fondi PRIN 2022, il progetto si propone di ideare e sviluppare un serious game per favorire la regolazione emotiva in adolescenza utilizzando la metodologia del co-design. Principal investigator del progetto per la Vanvitelli è la prof.ssa Stefania Cella, Associata di Psicologia clinica.
“La regolazione delle emozioni è un’abilità indispensabile per il funzionamento adattivo individuale – ha spiegato – Alla base di condotte a rischio e di diversi problemi di salute mentale potrebbero esservi infatti scarse capacità di regolazione emotiva, specialmente in adolescenza. Dunque, lavorare in termini di prevenzione è prioritario per proteggere da esiti disadattivi e promuovere il benessere lungo tutto l’arco della vita”. Come si provvede? Secondo gli esperti, la tecnologia può occorrere in aiuto.
“A differenza dei classici interventi che si limitano a ‘spiegare’ le possibili strategie di regolazione emotiva – ha continuato la docente – gli approcci basati sulla tecnologia, che integrano gamification e serious game, hanno mostrato una buona efficacia specialmente nei più giovani poiché attraverso il coinvolgimento attivo favoriscono una maggiore autoconsapevolezza e aiutano a individuare strumenti e risorse per gestire il proprio mondo emotivo interno”. Wave Island, attualmente in fase di progettazione, è un gioco in cui l’ambientazione principale è un arcipelago composto da diverse isole tematiche (come quella del Disgusto, della Rabbia, d’Origine), in cui la narrazione si sviluppa e viene influenzata dall’attivazione fisiologica e dalle scelte del giocatore. Rivolto a preadolescenti tra gli 11 e i 13 anni, il gioco ha lo scopo di aiutare il protagonista a ricostruire la propria isola d’Origine, affrontando insidie con l’aiuto di personaggi che si susseguono nel corso della storia. “Attraverso sfide continue – ha aggiunto Cella – il protagonista ricaverà dalle esperienze lezioni di sopravvivenza. Il viaggio attraverso le isole diventa così metafora del percorso di ‘apprendimento’ necessario ad acquisire la capacità di gestire le nuove spinte pulsionali”. È così che l’esperienza di gioco incontra l’esigenza di autoconsapevolezza e autorealizzazione, dando vita a uno strumento indispensabile. Non è la prima volta che il gamification viene usato in ambito clinico. Già da molto tempo la realtà aumentata costituisce una frontiera per il trattamento delle fobie, e Wave Island non rappresenta che l’ultimo upgrade di uno scenario sempre più attuale. La tecnologia ha certo il suo rovescio, ma è in questi casi che se ne intuisce il potenziale. Non solo per la cura, ma per l’acquisizione equilibrata del sé, una sfida che a volte accompagna gli esseri umani per tutta la vita.
Nicola Di Nardo
Scarica gratis il nuovo numero di Ateneapoli
Ateneapoli – n. 4 – 2025 – Pagina 28