Esami a marzo, i docenti lamentano un calo delle frequenze a lezione

La sessione d’esame invernale è terminata e sono riprese le lezioni, ma nel frattempo – novità assoluta dell’anno in corso – il mese di marzo significa di nuovo appelli, per tutti. Su Ateneapoli è stato raccontato come questo sia stato il frutto della negoziazione avvenuta lo scorso anno tra Ateneo e componente studentesca che, tramite la propria rappresentanza, ha spinto a lungo nel Polo didattico per aumentare il numero di appelli. E così è stato, includendo anche novembre. Ad oggi, con il mese in corso giunto alle battute finali, se per qualche docente è ancora prematuro esprimere giudizi sull’efficacia di questa misura nel complesso, per altri si tratta senza mezzi termini di un netto passo indietro.
Tra questi rientra senz’altro la prof.ssa Luisa Maria Paternicò, docente di Lingua cinese, Coordinatrice della Triennale in Lingue e Culture orientali e africane. Che parla senza giri di parole di messaggio sbagliato mandato agli studenti: “forse si sono convinti che l’esame si possa tentare tante volte e non studiare bene per superarlo. La sessione di gennaio e febbraio si è svuotata parecchio e da diversi punteggi registrati c’è stata la netta sensazione da parte mia che molti siano venuti solo per provare”.
E ci sarebbe, di riflesso, un’ulteriore conseguenza dell’apertura della sessione di marzo: “a fine febbraio sono riprese le lezioni del secondo semestre e le aule sono semivuote – di solito i miei corsi sono molto frequentati. Ho chiesto agli studenti perché fossero così pochi e mi è stato detto che in tanti, soprattutto i fuorisede, sono rimasti a casa per studiare per gli appelli del mese in corso”. Insomma, Paternicò parla di una sovrapposizione tra lezioni ed esami: “perdere così un mese di corsi è un grande problema, soprattutto per le lingue. Ripeto, per me è passato un messaggio sbagliato”. Il punto di equilibrio in questa situazione lo si potrebbe raggiungere, secondo la docente, “evitando completamente di sostenere gli esami nelle sessioni intermedie (quindi compreso novembre) e dare il massimo per sostenerli alla fine delle lezioni. Certo, può capitare di trascinarsi qualche esame, ma come si fa ad abbandonare i corsi?”.
Più diplomatico l’approccio del prof. Federico Corradi, Coordinatore della Triennale in Lingue e Culture comparate, docente di Letteratura francese, il quale tuttavia sembra sulla stessa linea della collega. “È ancora un pochino presto per tirare le somme, si tratta di una sperimentazione appena avviata. Credo che sarà oggetto di un monitoraggio e di una valutazione, l’Ateneo si riserverà di valutare gli esiti. Purtroppo, temo che questi siano più negativi che positivi. Per il mio insegnamento sto verificando che il numero di iscritti agli esami della sessione invernale è diminuito ed è aumentato quello degli iscritti alla sessione di marzo. Non dico si sia invertito il rapporto ma è facile pensare che gli studenti, avendo questa possibilità, giustamente, aspettino per avere più tempo di prepararsi”.
La frequenza delle lezioni ne starebbe facendo le spese: “vedo meno studenti a lezione”. Ad ogni modo il docente avverte: “che tra le due cose ci sia un legame di causa ed effetto non posso dirlo con certezza, ma lo reputo probabile. E sarebbe un danno, soprattutto per gli studenti. Come detto, ci sarà un monitoraggio da parte di tutte le componenti e valuteremo”. I dati sono parziali anche in merito agli OFA (gli Obblighi Formativi Agiuntivi) ma Corradi mostra preoccupazione per le competenze nella lingua italiana: “c’è una flessione e questo ha ricadute sull’apprendimento di altre lingue ovviamente. E lo si percepisce quando si leggono tesi Triennali, ma anche nella stessa espressione orale”.
Un problema importante di carattere nazionale che “risale ai cicli scolastici e affonda le radici in diversi fenomeni, l’università ha strumenti abbastanza limitati per poter intervenire. Ci proviamo”.
Claudio Tranchino
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Ateneapoli – n. 5 – 2025 – Pagina 37

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