Quattro studenti ‘nomadi’ raccontano un’area del mondo inesplorata e troppo sottovalutata: l’Asia Centrale

Quattro studenti ‘nomadi’ raccontano un’area del mondo inesplorata e troppo sottovalutata: l’Asia Centrale

Infinite conversazioni fino a notte fonda durante i viaggi in Asia Centrale. Gli studi a L’Orientale, che hanno alimentato il seme dell’amore per quei “luoghi pieni di sincretismi”. E una sera, perduti in qualche bar remoto del Kazakistan, l’idea di quattro compagni: unire passione, saperi e amicizia come pezzi di un puzzle per aprire uno squarcio social su “un’area del mondo troppo sottovalutata”. Una finestra chiamata iwan_viadellaseta: una pagina Instagram e Telegram creata lo scorso marzo da Francesco, Elena, Achille e Anna. Quattro studenti: due toscani e due campani.

“Ci siamo conosciuti online, durante le lezioni nel periodo del Covid – spiega il primo, aretino di 31 anni – poi a settembre 2021, dopo aver vinto una borsa di studio parziale per l’Uzbekistan, ci siamo beccati dal vivo per la prima volta, all’aeroporto di Istanbul”. In quel mese di soggiorno, un’alchimia di interessi comuni: “Facevamo le cinque del mattino a parlare del peso dell’Islam in Asia Centrale, ognuno con il proprio approccio”. La tappa successiva – ancora tramite l’Università – Türkistan, città sacra del Kazakistan: “una sera Elena, Achille ed io ci trovammo in un bar. Pensammo che forse avremmo potuto raccontare questo mondo così inesplorato anche agli altri, sfruttando le nostre conoscenze e divertendo”.

Come per un figlio venuto alla luce da poco, il primo grattacapo dei genitori è il nome. “Ne avevamo mille diversi. Cercavamo una parola che riassumesse tutti gli ‘stan’, cioè che abbracciasse tutta l’Asia Centrale. E lo iwan, seppur con pronunce diverse, ha sempre lo stesso significato: è il classico portale delle moschee centro asiatiche. A questo abbiamo aggiunto ‘via della seta’ per una migliore indicizzazione della pagina”. Terre di mezzo, caleidoscopio di affascinanti sincretismi, di lingue e culture poco mainstream.

Ecco perché raccontare l’Asia Centrale: Lì si rintraccia tanto la presenza sovietica quanto quella asiatica, russa, nomadica e islamica. Tutto in un unico punto e nessuno se ne occupa, se non L’Orientale e Ca’ Foscari in quasi tutta l’Europa. Stando in quei luoghi è facile trovarsi con kazaki che sono etnicamente asiatici, di religione musulmana, con nonni uiguri, ma che si definiscono russi perché quella è la loro lingua madre. Che si parta dalla lingua cinese, turca, persiana o russa si può convergere su quell’area”.

Un sogno coltivato fin dalle superiori “studiare a L’Orientale

Ma iwan_viadellaseta è anche la storia dei suoi fondatori: pure loro nomadi in senso lato, con storie e percorsi assai diversi. Francesco, che ha vissuto tre anni in Cina e due in Turchia, dopo Triennale e Magistrale a Venezia (rispettivamente cinese e turco, e Relazioni Internazionali), ha colto “l’occasione delle lezioni a distanza e mi sono iscritto al biennio in Lingue e Culture dell’Asia e dell’Africa a L’Orientale, per l’interesse verso la turcologia”. Tragitto simile, ma radici diverse per Elena, 32enne della provincia di Firenze: un’arabista con un sogno coltivato fin dalle superiori: “studiare a L’Orientale. Ci sono arrivata alla Magistrale (Lingue e culture dell’Asia e dell’Africa, ndr) e non rimpiango nulla del mio bellissimo percorso”.

Appassionata di viaggi e di mete sconosciute, dopo essere stata in Uzbekistan e Kazakistan, due sono “le città alle quali sono particolarmente legata: Samarcanda, che mi ha commosso come Petra, e all’opposto, Karaganda. Città di operai con una forte impronta sovietica immersa nella steppa kazaka”. I volti e l’apertura degli autoctoni colorano i ricordi del mese passato in Uzbekistan da Anna, 27enne della provincia salernitana, iscritta ad Archeologia del Vicino Oriente antico. “Ricordo con grande piacere due ragazzi che, pur non conoscendoci, ci hanno pagato il biglietto per entrare nel Registan e sono rimasti a parlare con noi per qualche ora. Gli uzbeki restano sempre molto sorpresi quando incontrano degli occidentali.

Chiude Achille, 33 anni, di Cassino. Il suo grande amore: la Russia. Che l’ha portato a studiare Lingue e comunicazione interculturale in area euromediterranea, abbinando russo e georgiano. Per puro caso, “camminavo in un mercatino e trovai un libro di grammatica russa di epoca sovietica. Ho iniziato a studiarla e prima di iscrivermi a L’Orientale sono stato in Russia un annetto in totale”.

Quel periodo lo si potrebbe riassumere simbolicamente con un aneddoto: ‘Shahzod aka’. Dove la parola ‘aka’ viene usata per riferirsi con educazione a persone più grandi. “Conoscemmo dei ragazzi a Samarcanda (Uzbekistan, ndr), per la precisione un tartaro e un tedesco della Volga, ma entrambi di passaporto uzbeko. Ci portarono in un pub il cui proprietario era un ricco signore del posto che ci prese molto a cuore. Diventammo di casa, ci trattava come persone locali. In questi luoghi tutti noi abbiamo notato che ci si sente subito a proprio agio, senza grossi sforzi”. Questi i ricordi di Achille; questo uno degli scopi di Iwan_viadellaseta.
Claudio Tranchino

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