Donne e resilienza nel mondo delle discipline STEM: le ingegnere si raccontano

“Se siamo qui è per ribadire un concetto fondamentale: le discipline STEM sono per tutte e tutti, senza distinzioni di nessun tipo”. Va dritto al punto il prof. Marco Ariola, Direttore del Dipartimento di Ingegneria, che apre così la tavola rotonda STEM Fatale: focus Ingegneria, svoltasi lo scorso 12 marzo (Aula Savarese del Centro Direzionale) nell’ambito della Parthenope Women’s Week. Un incontro che ha visto protagoniste alcune docenti del Dipartimento – Annalisa Iuorio, Elena De Vita, Stefania Campopiano, Gilda Schirinzi, Maria Iovino, Giuseppina Roviello e Filomena Feo – impegnate in un confronto sulle sfide e sulle strategie per superare le barriere di genere in ambito accademico e professionale.
Guardando indietro, Ariola rievoca un momento emblematico del suo ingresso nel mondo accademico nel 1989: “Eravamo in 1.200 iscritti, ma solo due ragazze nel Corso di Ingegneria Elettronica”. Un dato che testimonia come il settore sia stato a lungo percepito come un territorio esclusivamente maschile. Oggi, pur persistendo il retaggio culturale, “la determinazione delle donne, delle studentesse, che per necessità si fanno spazio e si fanno valere, sta portando a una lenta trasformazione”.
Tuttavia, i dati confermano che la strada è ancora lunga. A illustrarli è la prof.ssa Iuorio, ricercatrice di Fisica Matematica nonché moderatrice ed organizzatrice dell’evento: “Nel 2023, il 30% della fascia d’età tra i 25 e i 34 anni consegue una laurea, e tra questi il 59% sono donne. Tuttavia, nelle discipline STEM la situazione è diversa: solo il 25% dei laureati proviene da questo settore, e all’interno di questa percentuale le donne rappresentano appena il 39%, mentre gli uomini il 60%. La nostra presenza resta quindi ancora limitata, segnalando un divario significativo da colmare rispetto agli obiettivi europei”.

Le storie delle docenti

Da qui, il dibattito si sposta sulle esperienze personali: cosa ha spinto le relatrici ad intraprendere una carriera nelle STEM, nonostante i pregiudizi? Percorsi diversi, ma un filo conduttore comune: la passione, il desiderio di risolvere problemi concreti e l’influenza di figure ispiratrici.
“Curiosità, creatività e voglia di trovare soluzioni sono elementi che non hanno genere e che in me hanno sempre prevalso”, afferma la dott.ssa De Vita, ricercatrice di Elettronica. Poi sottolinea come il suo percorso sia stato alimentato anche dall’incontro con menti affini: “Grazie ad alcuni insegnanti e compagne con inclinazioni simili alle mie ho trovato la spinta giusta per seguire le mie aspirazioni e non me ne sono mai pentita”. Sfatare gli stereotipi fin da bambine è cruciale. Lo dimostra la storia della prof.ssa Campopiano, Ordinaria di Elettronica, che racconta: “da piccola non giocavo con le bambole, ma con i trenini elettrici”. Una predilezione che non le ha mai fatto dubitare di se stessa: “Nella mia vita non mi sono fatta condizionare da nessuno. Desideravo diventare ingegnere e l’ho fatto”.
Sulla stessa linea la prof.ssa Schirinzi, Ordinaria di Telecomunicazioni e Coordinatrice della Magistrale in Ingegneria delle Tecnologie dell’Informazione per le Comunicazioni e la Salute che afferma: “Sono sempre stata innamorata delle materie scientifiche. Agli albori degli anni Novanta, eravamo solo dieci donne al Corso di Ingegneria Elettrica e nel Dipartimento non esistevano neanche i bagni per noi, dovevamo usare quello delle bidelle. Non tutte le mie compagne hanno proseguito, alcune hanno preferito dedicarsi alla famiglia o cambiare strada. Ma per chi come me è andata avanti, le soddisfazioni non sono tardate”.
Nel quadro attuale, alcune strategie sono già state messe in atto per ridurre il gender gap, ma quali nuove soluzioni si profilano all’orizzonte? Per la dott.ssa Iovino, Ricercatrice di Geotecnica, la risposta si trova nel cambiamento strutturale: “Le quote rosa sono un correttivo utile nel breve periodo, ma non bastano. Serve una rivoluzione culturale: bisogna superare l’idea patriarcale che le donne siano destinate esclusivamente a ruoli di cura”.
Un punto di vista condiviso dalla prof.ssa Roviello, docente di Fondamenti Chimici delle Tecnologie, che richiama l’attenzione su interventi più concreti: “Aziende, università ed enti dovrebbero fare di più per garantire pari opportunità. Da madre, ritengo fondamentale la necessità di sostegni economici adeguati e politiche di conciliazione”. Il tema è caldo, e l’intervento della prof.ssa Feo, docente di Analisi Matematica, lo accende ulteriormente affrontando il nodo delle differenze biologiche: “Le donne sono le sole a vivere la maternità, è risaputo, ma questo non deve tradursi in un limite. Essere madri non può significare rinunciare alle proprie ambizioni”.
Il messaggio conclusivo è inequivocabile: il cambiamento passa dalla determinazione e dall’impegno collettivo per costruire ambienti realmente inclusivi. “Il futuro delle STEM è nelle mani di chi osa – conclude in ultima battuta Roviello – Occorrono modelli di riferimento, ma soprattutto serve una società pronta a credere nel talento senza etichette. Le donne possono essere tutto ciò che desiderano: ora sta a tutti noi garantire loro questa possibilità”.
Giovanna Forino
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Ateneapoli – n. 5 – 2025 – Pagina 34

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