Sognare in grande: il segreto del successo tra visione e pragmatismo

In tutte le storie imprenditoriali di successo c’è sempre un elemento che accomuna i diversi protagonisti: la capacità di ‘sognare in grande’, immaginando ‘futuri possibili’ e mantenendo, al contempo, un costante contatto con la propria realtà di riferimento e con le relative dinamiche evolutive.
I sogni, come sosteneva d’altronde Edgar Cayce, altro non sono che ‘le risposte di oggi alle domande di domani’ e solo gli imprenditori più illuminati, o gli startupper più visionari, sono in grado di ‘leggere’ i segnali del cambiamento ed anticipare i tempi proponendo soluzioni innovative in risposta ad esigenze emergenti.

Ogni ‘sogno’, tuttavia, parte sempre da una ‘scintilla’, una folgorazione che si insinua pian piano nella nostra mente e si sviluppa nel tempo fino a non farci dormire la notte, che ci spinge ad ascoltare le nostre vocazioni più intime e a misurarci con le nostre attitudini ed inclinazioni indirizzandoci verso sentieri professionali più in linea con le nostre ambizioni.
È la storia di Fabrizio Perrone, imprenditore seriale e startupper di lungo corso, fondatore di Buzzoole, la prima piattaforma di influencer marketing, attualmente CEO di 2watch, media company attiva nel settore dell’entertainment ad elevato contenuto tecnologico, e inserito da Forbes nella lista dei 20 innovatori italiani più influenti.

Ciao Fabrizio, nel corso della tua carriera hai avuto modo di dare vita a diverse iniziative di successo nel settore digital e tech. Quali sono stati i momenti chiave e le principali difficoltà che hai incontrato lungo il tuo percorso imprenditoriale?
“La sfida principale è stata puntare su aziende ‘condannate a crescere’, che richiedono di cambiare pelle quasi ogni anno per la velocità di sviluppo. Adattarsi rapidamente al mercato e all’evoluzione tecnologica – dai social media alle AI – rappresenta la sfida più grande per chi fa tech innovation.

Il punto di svolta è stato il passaggio da imprenditore tradizionale a innovatore nel settore tech. Ho compreso che c’era un’opportunità enorme per chi sapesse interpretare questi cambiamenti. Far crescere progetti innovativi in Italia non è stato semplice: raccogliere investimenti, attrarre talenti e convincere i primi clienti a scommettere su soluzioni completamente nuove sono state sfide quotidiane”.

Nel 2013, a soli 29 anni, insieme ad alcuni compagni di avventura, hai dato vita a Buzzoole, la prima piattaforma di influencer marketing automation in grado di connettere, grazie all’utilizzo dei big data, i brand con gli influencer più funzionali alle relative campagne di marketing. Quali sono stati gli insight che ti hanno convinto delle potenzialità di questo progetto ancor prima che il termine ‘influencer marketing’ diventasse di uso comune?
“L’intuizione principale è stata comprendere che i social media stavano trasformando le dinamiche di influenza.

Siamo stati tra i primi a parlare di ‘influence’ e abbiamo capito come le persone potessero diventare veri ambassador per i brand, quando all’epoca parlare di ‘brand’ sembrava quasi riferirsi a una malattia. Ho intuito che i big data potevano trasformare questo fenomeno da tendenza culturale a processo di marketing strutturato.

L’idea di applicare algoritmi per misurare l’influenza e automatizzare il matching era rivoluzionaria in un periodo in cui tutto veniva ancora gestito manualmente. Le aziende stavano perdendo efficacia nei canali tradizionali e cercavano nuovi modi per connettersi con audience sempre più frammentate”.

Dal 2020 hai lanciato 2watch, startup innovativa operante nel settore del gaming e dell’e-sport. Potresti raccontarci la genesi di questo progetto e quali sono stati gli elementi che ti hanno spinto ad affrontare questa nuova avventura imprenditoriale?
“La visione di 2WATCH è sempre stata quella di creare una media company di nuova generazione ad alto contenuto tecnologico. Siamo partiti dal gaming, che in periodo di pandemia rappresentava un’opportunità significativa, ma con l’obiettivo di espanderci in diversi ambiti dell’intrattenimento.

Abbiamo notato che il mondo della produzione e dell’intrattenimento era a basso contributo tecnologico, e abbiamo voluto cambiare questo paradigma. Grazie a tecnologie come VFX, CGI, motion capture, e soprattutto alla rivoluzione dell’AI, su cui abbiamo scommesso prima che esplodesse, abbiamo creato un modello di business scalabile e innovativo. Questa visione ci ha portato ad essere inclusi nella classifica Deloitte tra le 500 aziende a più rapida crescita in EMEA, con oltre 900% di crescita in tre anni”.

La tua storia professionale si contraddistingue per una innata attitudine verso le sfide ed una chiara capacità di lettura dei trend di mercato. Quale è stata la ‘scintilla’ che ti ha fatto scoprire questa tua vocazione e quando ti sei reso conto che quello delle startup sarebbe potuto essere effettivamente il tuo mondo?
“La scintilla è scattata durante gli anni universitari, quando ho sviluppato una passione per i nuovi trend di marketing e il piacere di osservare innovazioni all’estero per poi portarle in Italia. Ma la vera scoperta è stata il mondo delle startup come possibilità di ‘sognare in grande’.

Ho compreso che questo ecosistema mi permetteva di soddisfare la mia ambizione e di creare, in pochi anni, aziende con dimensioni paragonabili a quelle di una multinazionale, senza i limiti delle strutture tradizionali. Ho capito che le startup sarebbero state il mio mondo quando ho realizzato che la mia propensione al rischio era superiore alla media e che ero naturalmente attratto dalla possibilità di costruire qualcosa dal nulla”.

Sulla base della tua esperienza, quali sono le caratteristiche ed inclinazioni che dovrebbe avere uno startupper di successo e quali sono gli aspetti cui fare attenzione? Che consigli ti sentiresti di dare ad un giovane che volesse intraprendere questo percorso?
“Uno startupper di successo deve saper bilanciare visione e pragmatismo. La visione ti permette di immaginare futuri possibili, ma il pragmatismo è ciò che ti consente di trasformarli in realtà. Resilienza e adattabilità sono fondamentali per superare gli inevitabili ostacoli. È essenziale avere una profonda comprensione del problema che si vuole risolvere, più che dell’idea in sé.

Il mio consiglio a un giovane sarebbe di ‘fallire velocemente’: meglio testare e validare rapidamente le ipotesi, imparando dagli errori per poi riprovare con maggiore consapevolezza. Non sottovalutare l’importanza del networking e dell’educazione continua. L’ecosistema delle startup è una comunità: più ti integri in essa, più opportunità avrai di crescere e far evolvere la tua visione”.
Luca Genovese
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Ateneapoli – n. 9 – 2025 – Pagina 9

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