“È in corso il più alto numero di conflitti armati tra Stati dalla Seconda Guerra mondiale in poi. Sono 56, coinvolgono 90 Paesi ed hanno provocato nel 2024 la morte di più di 200mila persone. È la Terza Guerra Mondiale a pezzi della quale parlava Papa Francesco”. Maurizio Massari, napoletano con laurea a L’Orientale, ambasciatore di lungo corso – è stato tra l’altro a Mosca, a Londra, in Egitto quando avvenne l’omicidio Regeni – che attualmente rappresenta l’Italia all’Onu, ha ragionato con gli studenti della Federico II nell’Aula Magna Storica del Rettorato della situazione internazionale, dei limiti e delle possibili riforme delle Nazioni Unite, ad 80 anni dall’istituzione e a 70 dall’ingresso nell’Onu dell’Italia.
È stato ospite dell’Ateneo il 30 aprile, nell’ambito di una iniziativa del Dipartimento di Scienze Politiche alla quale hanno partecipato il Rettore Matteo Lorito, le prof.sse Paola De Vivo, Direttrice del Dipartimento, e Laura Lieto, vicesindaca a Napoli e docente ad Architettura.
Non sono solo le guerre, ha sottolineato Massari, che mettono in pericolo la vita e il futuro di diverse popolazioni nel mondo. “Abbiamo 700 milioni di persone in situazione di insicurezza alimentare”, ha ricordato alla platea, composta da docenti e da un centinaio di studenti, “ed il 2024 è stato l’anno in cui per la prima volta il surriscaldamento del Pianeta ha superato la soglia di un grado e mezzo rispetto all’era preindustriale. Per di più, solo il 17% degli obiettivi per un futuro equo e sostenibile che si prefigge l’Agenda 2020 – 2030 appare realizzabile entro quella scadenza”.
L’ottantesimo anniversario dalla fondazione dell’Onu, ha dunque sottolineato l’ambasciatore, “ricorre in un momento molto difficile per il sistema multilaterale. Da un lato è fortemente cresciuta la domanda di cooperazione tra Stati per fronteggiare sfide come il cambiamento climatico e le pandemie, ma dall’altro la capacità e volontà degli Stati di cooperare per affrontare sfide comuni va diminuendo”. In tale contesto l’Onu appare spesso poco o per nulla efficace. L’ambasciatore non lo ha negato: “Assistiamo alla paralisi del Consiglio di Sicurezza, al muro contro muro sull’Ucraina dopo l’invasione iniziata tre anni fa, in palese violazione della Carta delle Nazioni Unite, che all’articolo 2 afferma l’obbligo del rispetto dell’indipendenza e dell’integrità territoriale di tutti gli Stati.
Al veto russo sull’Ucraina fa da contraltare la paralisi decisionale del Consiglio per quanto riguarda il Medio Oriente ed in particolare Gaza, dove sono gli Stati Uniti a porre sistematicamente il veto su qualsiasi testo di risoluzione che possa vincolare Israele nella sua risposta militare contro Hamas. In entrambi i casi, Ucraina e Gaza, è stata l’Assemblea Generale a discutere e adottare a larga maggioranza una serie di risoluzioni – nel caso dell’Ucraina per il rispetto della sovranità ed integrità territoriale e la soluzione diplomatica del conflitto; nel caso di Gaza per chiedere un cessate il fuoco e l’accesso agli aiuti umanitari nella Striscia – ma le risoluzioni dell’Assemblea Generale non sono vincolanti, a differenza di quelle del Consiglio di Sicurezza”.
L’UE assente dal Consiglio di Sicurezza
Massari, nel corso della sua Lectio magistralis ha accennato anche all’anomalia per cui l’Unione Europea è tuttora assente dal Consiglio di Sicurezza. “Ovviamente – ha ricordato – quando l’Onu nacque non esisteva la UE, ma resta il fatto che attualmente sono fuori dal Consiglio di Sicurezza 500 milioni di persone, perché Francia e Gran Bretagna sono lì in rappresentanza di se stesse, non dell’Unione Europea”.
Da diversi anni, ha proseguito l’ambasciatore, “è in corso un negoziato molto teso e serrato sui possibili modelli di riforma del Consiglio di Sicurezza che attualmente è composto da 15 membri – 5 permanenti con diritto di veto sulle risoluzioni e 10 a rotazione – e non corrisponde alla realtà geopolitica attuale. C’è uno schieramento secondo il quale, per attualizzare il Consiglio di Sicurezza, occorre aumentare il numero dei membri permanenti, facendo spazio alle nuove potenze. È soprattutto l’Africa che chiede due nuovi seggi permanenti con potere di veto, per rimediare alle ingiustizie storiche di cui sono stati vittime i Paesi africani con la colonizzazione. Sostengono l’allargamento a nuovi membri permanenti anche India, Brasile, Giappone e Germania, che aspirano anch’essi per sé al seggio permanente”.
L’altro schieramento, presieduto proprio dall’Italia, sostiene un allargamento del Consiglio di Sicurezza ai soli membri non permanenti, eventualmente stabilendo seggi di più lunga durata. Non due, ma tre o quattro anni, con la possibilità di rielezione, soprattutto per i Paesi di Asia, Africa e Latinoamerica. Tale soluzione, secondo Massari, avrebbe il pregio di evitare di allargare ulteriormente la cerchia dei Paesi con diritto di veto sulle risoluzioni e dunque di non indebolire ancor più di quanto accada ora la capacità decisionale del Consiglio di Sicurezza. Quella dell’Onu, peraltro, è anche una crisi finanziaria, come ha raccontato l’ambasciatore: “C’è una crisi di liquidità che rischia di impattare anche sull’operatività dell’organizzazione.
Tra contributi obbligatori e volontari le Nazioni Unite hanno un bilancio di circa 60 miliardi e gli USA sono stati finora il principale contribuente. I drastici tagli decisi dall’amministrazione Trump e i ritardi nei pagamenti hanno creato un forte stress finanziario. C’è da tener conto che la gran parte del bilancio delle Nazioni Unite viene spesa in favore di programmi umanitari, emergenza alimentare, fornitura di servizi di base ed iniziative di sviluppo dei Paesi a basso reddito in Africa”.
Fabrizio Geremicca
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Ateneapoli – n. 8 – 2025 – Pagina 3