Croste nere sulle statue della Reggia di Caserta: c’entrano le microplastiche?

Sono ormai ovunque, perfino nelle aree più remote della Terra, dai ghiacci dei Poli alle acque degli oceani. Le respiriamo, le ingeriamo con il cibo che mettiamo in tavola ed il loro accumulo negli organi del corpo umano, secondo diversi studi condotti in vari Paesi, può contribuire all’insorgenza di varie patologie, anche gravi. Una ricerca coordinata dall’Università Vanvitelli e pubblicata circa un anno fa sul New England Journal of Medicine, per esempio, ha evidenziato che le microplastiche – piccole particelle di materiale plastico di dimensioni non superiori a 5 millimetri – e le ancor più piccole nanoplastiche rappresentano un potenziale fattore di rischio per le malattie cardiovascolari.
Sono prodotte in mille modi diversi: dalla frammentazione di più grandi materiali plastici ai cosmetici, all’attrito degli pneumatici sul suolo all’edilizia e sono un’emergenza sanitaria. Rappresentano anche, peraltro, un serio problema per l’ecosistema: sono note, per esempio, le conseguenze dannose dell’accumulo delle microplastiche nei cetacei. Un progetto della Federico II punta adesso a verificare se le microplastiche contribuiscono anche ad accelerare l’usura delle sculture ed in genere delle opere d’arte che sono all’aperto. Si parte dalla Reggia vanvitelliana di Caserta, dove sono evidenti le croste nere comparse su alcune statue del Parco Reale esposte alle intemperie.
La domanda che si pongono i ricercatori è se quelle croste nere siano formate anche da microplastiche – eventualmente per poi approfondirne natura e caratteristiche – le quali potrebbero avere accelerato l’azione di altri fattori capaci di deteriorare le sculture. Alcuni legati all’inquinamento, tra questi le piogge acide. Altri legati a muffe e batteri. La sfida coinvolge l’Istituto del Ministero della Cultura e il Dipartimento di Scienze Chimiche della Federico II, con i professori Alessandro Vergara e Marco Trifuoggi, in collaborazione con il Dipartimento di Biologia, con i professori Simonetta Giordano, Valeria Spagnuolo e Fiore Capozzi. Per la Reggia di Caserta sono coinvolte in particolare le funzionarie Anna Manzone e Paola Viola.
“Il progetto – spiega il prof. Vergara – nasce nell’ambito di un’attività finanziata dal PNRR, partenariato esteso Changes Spoke 5. Nei primi due anni, tra le varie attività, abbiamo sviluppato un procedimento di isolamento delle microplastiche da specie vegetali presenti comunemente all’interno dei parchi. Licheni, per esempio, pittosporo e altri arbusti a foglia liscia. Questi esemplari sono stati selezionati perché in grado di catturare il particolato atmosferico e quindi gli agenti inquinanti ad esso associati La seconda parte del progetto, che è partita da alcune settimane, prevede che il campionamento delle specie vegetali avvenga in contesti di interesse storico-artistico e che, qualora si rilevino le microplastiche, si vada poi a verificare se sono presenti anche nelle croste che si formano sui beni artistici ed architettonici”.
Il progetto, dunque, mette insieme due aspetti importanti: uno legato al monitoraggio della salute dell’ambiente, attraverso il campionamento delle specie vegetali, l’altro mirato alla verifica della salute delle sculture e delle opere d’arte. Naturalmente, se il progetto rivelerà che le microplastiche sono una componente significativa anche delle croste nere che danneggiano le statue del Parco della Reggia, si porrà ancora una volta la domanda sul che fare. A fronte di un fenomeno planetario, infatti, le risposte rischiano di essere parziali ed apparire inadeguate. “Conoscere un problema – sottolinea però il prof. Vergara – è un passo indispensabile per provare a risolverlo”.
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Ateneapoli – n. 4 – 2025 – Pagina 7

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