Alla laurea magistrale di Architettura, ciclo unico di cinque anni, la riforma non ha portato grandi sconvolgimenti. “Gli esami sono stati ridotti da 31 a 27, anche se a questi bisogna poi aggiungere comunque altri due a scelta libera e la tesi finale; ci sono stati alcuni accorpamenti nel settore degli esami scientifici, tornando in qualche modo al sistema del Vecchio Ordinamento, e sono stati introdotti dei crediti nell’ambito dell’architettura di interni, del paesaggio e pianificazione territoriale; ma a parte questo nessuna modifica sostanziale”, spiega la prof.ssa Roberta Amirante, Presidente del Corso di laurea quinquennale. Se il percorso completo del 3+2 può essere equiparato nella sostanza a quello della laurea a ciclo unico quinquennale, delle differenze si possono però comunque individuare, oltre al fatto che la quinquennale è al momento l’unico titolo riconosciuto a livello europeo. “Non sono contraria al 3+2, è uno dei modi possibili di intendere la formazione- premette la prof.ssa Amirante- Semplicemente la quinquennale vuol dire accettare una formazione generalista ma molto unitaria, con una connessione molto forte tra le singole discipline. E’ un Corso che fornisce una formazione di base, a prescindere da quelle che siano le richieste di specializzazione che provengono dall’esterno, che possono essere raggiunte poi con una formazione aggiuntiva, master o tirocini. Una base solida, buona per tutte le occasioni”.
Anche per il corso quinquennale si pone ovviamente il problema della difficoltà di impiego nel campo architettonico. “E’ fondamentale attivare una forma di accompagnamento dei laureati nel primo anno dopo la fine dell’università, per provare a seguirli anche con attività concertate con l’Ordine degli architetti, con strutture istituzionali e associazioni di categoria. L’università deve cercare di non applicare una cesura con le persone che ne sono uscite. Da una parte sono necessari quindi dei surplus di formazione, dall’altra una struttura universitaria più attiva”, sostiene la docente.
Che avverte le future matricole “la frequenza è obbligatoria, cosa del resto insita nel sistema dei crediti formativi che assegna un valore al tempo dello studio, in cui vanno comprese le ore di lezione. Ma seguire è anche importante perché dà la possibilità di una formazione orizzontale, dal momento che frequentando gli studenti hanno più possibilità di imparare anche confrontandosi tra pari, e anche il professore se è intelligente può imparare qualcosa dagli studenti”. E consiglia anche, “nei limiti del possibile, di cercare di essere in tempo: con la riforma il tempo è diventato la variabile indipendente, è importante tenere il ritmo”. Il che non vuol dire però che si debba studiare in maniera meccanica, perché contemporaneamente “la testa si deve aprire. Le diverse materie convergono tutte in un’unica direzione, ed è importante riuscire a trovare sempre le connessioni. Ma è ancora più importante, come ‘autoformazione’, cominciare a pensare e a vedere le cose in maniera diversa. Come diceva Le Corbusier – «Guardare / osservare / vedere / immaginare / inventare / creare» – l’occhio deve cominciare ad osservare, analizzare le proporzioni, gli attributi tecnici…L’attitudine al progetto si costruisce abituando il cervello ad un certo tipo di funzionamento”. Iscriversi ad Architettura insomma, per la prof.ssa Amirante, vuol dire “entrare a far parte di un insieme di persone che hanno un modo diverso di vedere le cose”.
(Vi. Sa.)
Anche per il corso quinquennale si pone ovviamente il problema della difficoltà di impiego nel campo architettonico. “E’ fondamentale attivare una forma di accompagnamento dei laureati nel primo anno dopo la fine dell’università, per provare a seguirli anche con attività concertate con l’Ordine degli architetti, con strutture istituzionali e associazioni di categoria. L’università deve cercare di non applicare una cesura con le persone che ne sono uscite. Da una parte sono necessari quindi dei surplus di formazione, dall’altra una struttura universitaria più attiva”, sostiene la docente.
Che avverte le future matricole “la frequenza è obbligatoria, cosa del resto insita nel sistema dei crediti formativi che assegna un valore al tempo dello studio, in cui vanno comprese le ore di lezione. Ma seguire è anche importante perché dà la possibilità di una formazione orizzontale, dal momento che frequentando gli studenti hanno più possibilità di imparare anche confrontandosi tra pari, e anche il professore se è intelligente può imparare qualcosa dagli studenti”. E consiglia anche, “nei limiti del possibile, di cercare di essere in tempo: con la riforma il tempo è diventato la variabile indipendente, è importante tenere il ritmo”. Il che non vuol dire però che si debba studiare in maniera meccanica, perché contemporaneamente “la testa si deve aprire. Le diverse materie convergono tutte in un’unica direzione, ed è importante riuscire a trovare sempre le connessioni. Ma è ancora più importante, come ‘autoformazione’, cominciare a pensare e a vedere le cose in maniera diversa. Come diceva Le Corbusier – «Guardare / osservare / vedere / immaginare / inventare / creare» – l’occhio deve cominciare ad osservare, analizzare le proporzioni, gli attributi tecnici…L’attitudine al progetto si costruisce abituando il cervello ad un certo tipo di funzionamento”. Iscriversi ad Architettura insomma, per la prof.ssa Amirante, vuol dire “entrare a far parte di un insieme di persone che hanno un modo diverso di vedere le cose”.
(Vi. Sa.)