“Per giocare a tennis non ci vuole ‘il fisico’”, sostiene Giovanni Capasso, iscritto al Corso di Laurea in Informatica. “Per imparare è sufficiente essere scattanti, muoversi, insomma non essere mollicci”, concorda Francesco De Nicola, studente di Scienze Politiche. Al corso di tennis per principianti la frase più ripetuta è che si tratti di “uno sport tecnico”: i ragazzi sembrano voler ribadire che la loro è una disciplina che dà ampi margini di miglioramento anche a chi non ha iniziato a familiarizzare con la racchetta in tenera età. “Ero completamente negato, anzi lo sono ancora, ma mi è bastato un minimo di tecnica per essere in grado di giocare” afferma Antonio Setaro, dottorato in Fisica alla Federico II.
“E’ uno sport in cui contano la concentrazione e la velocità. Quando giocavo in Coppa Davis la mia forza erano la testa e le gambe”, racconta l’allenatore Massimo Cierro che qualche anno fa è stato tra i 110 giocatori più forti al mondo.
“Nel calcio vale più l’istinto, nel tennis si deve ragionare. Perciò è necessaria la tranquillità mentale. Quando sono preoccupato per altro, per esempio per lo studio, gioco male”, confessa Andrea Galderisi, all’ultimo anno di liceo ma già deciso a superare il test di accesso a Medicina. Dunque per essere efficienti in campo bisogna avere la testa sgombra. Allora non è lo sport adatto per stemperare lo stress da esame?. “Non è di ausilio allo studio. Anzi serve a far perdere più tempo”, è il parere del futuro informatico Daniele Caso; Giovanni Capasso, invece, ritiene sia comunque “una valida valvola di sfogo”. Interviene l’allenatore: “ci sono psicologi che addirittura lo consigliano come cura”.
“Si impara giocando – sostiene Adriano Venditto, al terzo anno di Ingegneria Civile – L’istruttore serve a mostrare i movimenti iniziali, poi diventa più importante l’esperienza”.
In tanti hanno approfittato delle prime belle giornate primaverili per iscriversi al corso. “Ho fatto tennis per sei anni, poi sono passato al basket, al canottaggio e ora ho deciso di ritornare sui miei passi”, afferma Sergio Morfino, un neoiscritto. Anche Francesco De Nicola è un novizio di questo sport: “prima giocavo solo a ping pong, ma ho già imparato molto, adesso me la cavo.”
“La struttura è formidabile. Unico piccolo difetto sono gli spogliatoi lontani”, commenta Gioacchino Caccavale, 47 anni, macchinista delle Ferrovie al secondo anno di Architettura. “Quando piove o c’è vento forte la lezione salta – si lamenta Adriano – In un impianto così grande ci vorrebbero almeno due campi coperti”. Il consenso di Francesco è immediato: “Io ho perso una marea di lezioni durante l’inverno”
(Ma.Pi.)
“E’ uno sport in cui contano la concentrazione e la velocità. Quando giocavo in Coppa Davis la mia forza erano la testa e le gambe”, racconta l’allenatore Massimo Cierro che qualche anno fa è stato tra i 110 giocatori più forti al mondo.
“Nel calcio vale più l’istinto, nel tennis si deve ragionare. Perciò è necessaria la tranquillità mentale. Quando sono preoccupato per altro, per esempio per lo studio, gioco male”, confessa Andrea Galderisi, all’ultimo anno di liceo ma già deciso a superare il test di accesso a Medicina. Dunque per essere efficienti in campo bisogna avere la testa sgombra. Allora non è lo sport adatto per stemperare lo stress da esame?. “Non è di ausilio allo studio. Anzi serve a far perdere più tempo”, è il parere del futuro informatico Daniele Caso; Giovanni Capasso, invece, ritiene sia comunque “una valida valvola di sfogo”. Interviene l’allenatore: “ci sono psicologi che addirittura lo consigliano come cura”.
“Si impara giocando – sostiene Adriano Venditto, al terzo anno di Ingegneria Civile – L’istruttore serve a mostrare i movimenti iniziali, poi diventa più importante l’esperienza”.
In tanti hanno approfittato delle prime belle giornate primaverili per iscriversi al corso. “Ho fatto tennis per sei anni, poi sono passato al basket, al canottaggio e ora ho deciso di ritornare sui miei passi”, afferma Sergio Morfino, un neoiscritto. Anche Francesco De Nicola è un novizio di questo sport: “prima giocavo solo a ping pong, ma ho già imparato molto, adesso me la cavo.”
“La struttura è formidabile. Unico piccolo difetto sono gli spogliatoi lontani”, commenta Gioacchino Caccavale, 47 anni, macchinista delle Ferrovie al secondo anno di Architettura. “Quando piove o c’è vento forte la lezione salta – si lamenta Adriano – In un impianto così grande ci vorrebbero almeno due campi coperti”. Il consenso di Francesco è immediato: “Io ho perso una marea di lezioni durante l’inverno”
(Ma.Pi.)