‘Questa certamente non è la mia Europa’: sono state queste le parole della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, pronunciate in Parlamento il 19 marzo dopo che aveva letto alcuni brani del Manifesto di Ventotene, scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, ai quali il regime fascista aveva imposto il confino sull’isola dell’arcipelago pontino.
Alle parole di Meloni hanno fatto seguito interventi accorati di diversi esponenti dell’opposizione, a difesa del documento che da molti è considerato il testo fondativo di un progetto di Europa federale, libera ed antitetica rispetto ai nazionalismi che avevano sprofondato il mondo nel baratro della guerra. A Ventotene, ormai da diversi anni, il prof. Andrea Patroni Griffi, Ordinario di Istituzioni di diritto pubblico all’Università Vanvitelli, promuove una Summer School dedicata proprio ai temi dell’Europa. Ateneapoli lo ha intervistato per commentare ciò che è accaduto.
Come valuta lei, da studioso, le recenti polemiche sul Manifesto di Ventotene?
“È stato detto di tutto, anche troppo, e da studioso è difficile rispondere. Va precisato però che l’Europa di Ventotene è simbolo universalmente riconosciuto dell’Europa federale e non di altro. Anzi, si potrebbe anche aggiungere che l’Europa di Ventotene si erge implicitamente a critica di certe politiche apertamente liberiste, che è cosa diversa da liberali, poste in essere dall’Unione stessa. La parte dimenticata del Manifesto di Ventotene è stata a lungo quella della garanzia dei diritti sociali, che costituiscono l’essenza stessa del costituzionalismo dell’Europa continentale del secondo dopoguerra che vale a differenziarlo da quello d’oltreoceano o d’oltremanica. Solo con il Next Generation Eu le cose sembrano davvero cambiare; ma se il piano ‘Re-Arm Europe’ lo si andasse a realizzare a danno della coesione, allora torneremmo a fare passi indietro”.
Proprietà privata e articolo 42 della Costituzione
Cosa rimane di valido ed attuale di quel documento e cosa, invece, se qualcosa c’è, è ormai superato?
“È certamente un testo di quel tempo, con il linguaggio del tempo, ma che manda alcuni messaggi che sono attualissimi. In primis, Ventotene stessa è ormai, come detto, il simbolo del federalismo europeo. Gli estensori Spinelli, da sinistra, e Rossi, da liberale, confinati sull’isola dal regime fascista, hanno una visione chiara dell’Europa da costruire: quella degli Stati Uniti d’Europa. Dare unità alla pluralità secondo il canovaccio e pluribus unum. In realtà il messaggio non è affatto nuovo.
Basta rileggersi quanto scriveva un liberale come Luigi Einaudi, all’indomani della Prima guerra mondiale, nelle lettere al Corriere della Sera con lo pseudonimo Junius oppure, anche dopo, sul quotidiano Risorgimento liberale, ‘contro il mito dello Stato sovrano’.
Sulle parti superate, intendiamoci: lo sono quelle che si legano all’idea rivoluzionaria (tendendo conto che, però, oggetto di critiche sono le democrazie liberali che avevano consentito ai regimi nazifascisti di prendere il potere), ma non quelle relative alla possibilità di porre limiti alla proprietà privata. Lo stesso articolo 42 della Costituzione mostra la sua perdurante attualità di fronte, per dirne una, allo strapotere di soggetti privati come le big tech che, in realtà, andrebbe regolato e limitato efficacemente proprio a livello sovranazionale europeo per difendere la stessa democrazia pluralista”.
Perché lei ha dedicato una Summer School proprio al Manifesto di Ventotene?
“In realtà, la nostra Conferenza e Summer School di Ventotene non è dedicata al Manifesto, ma a temi vari, di respiro costituzionalistico, tutti affrontati nella prospettiva europea. Infatti, con alcuni colleghi costituzionalisti di diverse università italiane, ma anche europee, e con il supporto del notaio Gerardo Santomauro, ventotenese doc, conosciuto negli anni ’90, quando lui era laureando e io giovane assistente di Diritto Costituzionale alla Federico II, fondammo l’associazione ‘Per l’Europa di Ventotene’, proprio per rileggere criticamente ma con spirito autenticamente europeista, il processo di integrazione. La Conferenza e Summer School di quest’anno, che si terrà dal 15 al 20 giugno e a cui ancora ci si può iscrivere, è dedicata a ‘Europa e nuove tecnologie’.
In passato, abbiamo affrontato temi, sempre nella prospettiva del processo di integrazione, attinenti alla bioetica, ai diritti, alla Costituzione europea, alla difesa e sicurezza comune, alla coesione, ai migranti, al Next generation Eu. Abbiamo avuto lectio magistralis di Giuliano Amato, Franco Frattini, Romano Prodi, Adriano Giannola. L’idea è sempre quella di affrontare, in una sede di dibattito scientifico e di alta formazione, temi esiziali per il futuro dell’Unione tenendo conto delle radici offerte dai Padri nobili dell’Europa unita, in cui il mercato comune non è fine a se stesso, ma strumento per una più ampia e alta integrazione politica”.
Quando ha letto per la prima volta il Manifesto di Ventotene e che impressione ne ebbe?
“L’ho letto da ragazzo con strumenti diversi da quelli attuali e mi colpì, come molti credo, che nel 1941, in un tempo che sembrava inarrestabile di vittorie dei regimi nazifascisti, ci fosse chi comprese come quei giovani francesi, tedeschi, italiani che si scannavano in un’ennesima guerra fratricida potessero invece convivere come cittadini di un’Europa federale”.
L’Unione Europea, per come oggi si è configurata, ricalca l’idea che ne avevano gli autori del Manifesto di Ventotene o è qualcosa di profondamente diverso?
“È diversa. D’altro canto, posso ripetere le parole dello Statuto della nostra associazione: ‘Per lo studio e l’analisi critica dell’Unione Europea e delle relative politiche’. Certo, criticare l’Unione Europea non deve significare ritornare al concetto ottocentesco di nazione”.
Consiglierebbe oggi ad un ragazzo di leggerlo?
“Certo. Tutti, qualunque siano le proprie idee, hanno un debito nei confronti di chi ha reso possibile quello che mai era avvenuto prima nella storia: pace e prosperità; mai più guerra! Sembra poco, invece nessun europeo delle generazioni precedenti aveva conosciuto una fortuna simile ed è nostro dovere assicurare lo stesso alle generazioni future. Ma senza pensiero critico, senza impegno e cultura, nulla è garantito”.
Fabrizio Geremicca
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Ateneapoli – n. 6 – 2025 – Pagina 9