Nello Puorto racconta il lavoro dell’inviato del Tg

Continuano i seminari di Giornalismo Internazionale a L’Orientale nell’ambito del Corso di Laurea Specialistica in Comunicazione Interculturale. Il compito di guidare gli studenti nei meandri della professione giornalistica è stato affidato, per l’incontro del 3 marzo, a Nello Puorto, responsabile dei rapporti internazionali del TG1, TG2 e TG3, che ha parlato del lavoro dell’inviato del TG “dalle fonti alla messa in onda”. L’inviato deve essere capace, spiega Puorto, di mantenere contatti con le fonti locali, ma anche rapporti continuativi con la redazione e, contemporaneamente, dare indicazione agli operatori video per la realizzazione dei servizi. Un lavoro di relazioni complesso che confluisce poi in un servizio che, con i tempi sempre più brevi che occupa l’informazione in tv, soprattutto l’informazione estera, difficilmente sarà più lungo di un minuto. Oltre ai tempi, continua Puorto, anche la struttura del servizio e le immagini da utilizzare saranno sempre concordate con la redazione centrale. Molte delle immagini di eventi esteri salienti, provenienti dai circuiti delle grandi agenzie di stampa internazionali, arrivano prima alla redazione di Roma che non al reporter sul posto, al quale possono magari mancare le riprese del momento specifico in cui è avvenuto un evento. Nel caso poi di eventi improvvisi, per i quali non si faccia in tempo a preparare un servizio compiuto, si adotta il collegamento in diretta con il cronista. “La diretta è sempre la modalità preferita dei giornalisti, che hanno così il loro momento di gloria”, commenta ironico Puorto. Solo nel caso in cui venga a mancare il segnale audiovideo si adotta allora il collegamento telefonico che in alcuni casi, secondo Puorto, è addirittura più efficace, perché permette di combinare le immagini ottenute dai circuiti internazionali con il commento, carico di maggiore pathos, della voce dell’inviato sul posto. 
Ma anche per quanto riguarda i servizi programmati in tempo le incognite non mancano. L’inviato deve riuscire a calcolare ed incastrare infatti i tempi di stesura del servizio, di registrazione della voce, i tempi necessari per raggiungere gli studi di montaggio e soprattutto quelli per il montaggio vero e proprio, sperando di avere fortuna e incontrare un montatore disponibile e professionale negli studi delle televisioni locali. Nonostante le tecnologie digitali abbiano permesso di abbreviare notevolmente diversi passaggi, il montaggio rimane infatti una delle fasi più delicate e importanti nella composizione di un servizio giornalistico. Soprattutto una questione di scelte: quali parole abbinare a quali immagini, quali immagini mettere in sequenza e i fondamentali effetti sonori, dato che, come diceva Pasolini, ricordato da Puorto, “il suono dà profondità all’immagine”. 
Oltre alle questioni tecniche, c’è però tutta una serie di temi e di scelte spinose che si trovano a gestire sia l’inviato che il responsabile dei rapporti internazionali di una redazione televisiva. Soprattutto nel caso di reportages provenienti da paesi in guerra, spesso il punto è stabilire se determinate immagini possono essere considerate accettabili o meno per il pubblico che le riceverà a casa. Come evidenzia Puorto, si tratta di rispondere alla domanda: “che cos’è l’orrore in tv?”. 
Puorto conclude il suo seminario con alcune considerazioni finali sugli inviati in zone di guerra, considerazioni che ridimensionano di parecchio, ad esempio, il lavoro delle inviate ospiti l’anno scorso del Seminario di Giornalismo: Giovanna Botteri (Tg3), Tiziana Ferrario (Tg1), Monica Maggioni (Tg1), Maria Cuffaro (Tg3). “Ci si chiede spesso ormai – sostiene – se l’apporto del giornalista sul campo in zone di guerra sia davvero utile. Se rimane nelle retrovie, sarà solo il megafono delle conferenze stampa tenute dai portavoce militari. Sul fronte non è più possibile andarci, i giornalisti vengono blindati (un po’ per sicurezza, un po’ perché non vedano troppo), al massimo possono mandare in giro qualcuno del posto a fare riprese. Oppure, in zona di guerriglia diventano facili bersagli, usati per attirare l’attenzione della stessa stampa internazionale e vengono rapiti. E’ più facile che le notizie arrivino direttamente alla redazione, tramite le agenzie internazionali”.
La lezione di Puorto scatena nell’aula piena un acceso dibattito, tra i più partecipati finora nei Seminari di Giornalismo. Forse perché, a differenza di altri suoi colleghi, e soprattutto colleghe, intervenuti finora, Puorto sembra ammettere con meno remore e meno risentimento tutta una serie di limiti – drammatici – dell’informazione televisiva italiana. E poi, per dirla tutta, a differenza di una Botteri o di una Cuffaro, non ha per niente il fascino un po’ avventuroso del reporter di guerra. “Ma allora c’è una vera e propria censura, lo fate apposta a non diffondere informazioni che noi spettatori non dobbiamo sapere”, accusa una ragazza. “Possibile che gli unici eventi esteri raccontati siano quelli drammatici e violenti, solo perché fanno più ascolti?” chiede un altro studente. “Il problema del diverso ‘livello di orrore’ in tv o sui giornali – osserva un’altra ragazza – dipende dal fatto che nel giornalismo televisivo manca quell’analisi che permetterebbe di contestualizzare e spiegare l’evento drammatico?”. “E’ vero che il tg ha un tempo limitato di 30 minuti – aggiunge un altro – ma possibile che in questi 30 minuti debbano per forza trovare spazio anche il gossip più ridicolo e la cronaca rosa?”. Puorto risponde che se fosse per lui darebbe più spazio alle tematiche ambientali e che il gossip rientra in un’idea di tg “completo”, che comprende anche una parte leggera. Ma di fatto, pur occupando una posizione di rilievo, non sembra offrire soluzioni per una Rai stretta tra l’auditel e la gara al ribasso con Mediaset. Non resta quindi che sperare nel giornalismo di altri paesi: prossimo appuntamento del seminario il 13 marzo, mentre andiamo in stampa, con la redazione londinese di Al-Jazeera.
Viola Sarnelli
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