Si è tenuto lo scorso 5 giugno il primo dei quattro incontri online previsti nel ciclo di seminari ‘Colloqui filosofi ci sulla crisi’. ‘Europa fra albe e tramonti’, questo il titolo, si è focalizzato non tanto sull’attualità della crisi, quanto sulla riproposizione di modelli del passato perfettamente riattualizzabili. La narrazione, sviluppata dal prof. Domenico Conte, professore ordinario di Storia della Filosofia alla Federico II, è orbitata intorno a quattro pensatori fondamentali, Thomas Mann, Oswald Spengler, Karl Jaspers, e l’erudito napoletano Benedetto Croce, tutti oggetto di studio da parte del docente. Ai saluti di rito hanno naturalmente preso parte gli organizzatori dell’evento, il prof. Giovanni Morrone e la prof.ssa Ivana Brigida D’Avanzo. “Abbiamo la consapevolezza che le cose non potranno tornare come prima, ma possiamo trarre dalla crisi qualcosa di buono. Ho letto una frase, negli scorsi giorni, che mi ha fatto riflettere, e che in italiano suonerebbe come ‘non lasciare che una crisi vada sprecata’”, dice la prof.ssa D’Avanzo. “Lo aveva intuito anche Gian Battista Vico – aggiunge il prof. Conte – quando coniò l’espressione: ‘paiono traversie e sono opportunità’. Io sono un passatista e come tale non mi occuperò della crisi intesa come emergenza epidemiologica, se non piuttosto di un altro genere di epidemia che definirei ‘mentale’, la quale si fa largo improvvisamente tra la popolazione”. Un viaggio attraverso l’attività intellettuale del Thomas Mann de ‘La morte a Venezia’, che pone in contrasto il sentire del protagonista con il contesto circostante, cioè una Venezia devastata dal colera, ma anche uno sguardo a uno degli elementi centrali, proposto da Spengler: “Le civiltà sono organismi per il filosofo – dice il prof. Conte – e come questi ultimi muoiono, le prime tramontano; ciò è inevitabile, per cui all’uomo toccherebbe non farsi domande e genuflettersi agli accadimenti. La sentinella pompeiana (trattata nel libro ‘L’uomo e la tecnica’ del filosofo tedesco) incarna questo assunto, in quanto, mentre il Vesuvio erutta, essa resta ligia al proprio dovere”. Ma in un mondo come quello contemporaneo “lo spirito viene risucchiato nell’apparto tecnico, e la conseguenza di questo, secondo Karl Jaspers, è una sensazione di ristrettezza. E questo status dello spirito ha ripercussioni sul corpo. Si parla naturalmente di un contesto europeo, laddove tutto appare in crisi, ma in cui si ha al contempo uno sviluppo tecnico che pare inarrestabile. Per questo, quando Jaspers parla di Weltende, di fine del mondo, si può intendere anche una svolta del mondo”. All’intervento del prof. Conte è seguito, come da programma, un dibattito in cui i presenti hanno espresso le proprie considerazioni, discusse con il docente federiciano e con gli altri partecipanti.
Nicola Di Nardo
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