“Parlare una lingua non significa saper parlare della lingua”

“Nel mio corso di Linguistica Italiana, destinato a studenti di Mediazione Linguistica e Cultura- le, ho 195 studenti e questo solo nella partizione A-C. Alcuni dei miei colleghi hanno classi che sfiorano i 300 studenti”, sottolinea la prof.ssa Librandi. Unico modo di continuare in presenza e, allo stesso tempo, garantire alla platea universitaria condizioni di massima sicurezza sarebbe stato, “non so, affittare degli stadi forse”. Dalle prime reazioni raccolte in queste due settimane dall’inizio dell’anno accademico “ho ricevuto dei riscontri abbastanza positivi. Le matricole stanno rispondendo bene, sono attente a lezione. Anzi, ho notato che pongono molte più domande”, il che non è scontato per un corso che si colloca sul primo semestre del primo anno. “È naturale che al loro ingresso nel mondo universitario i neo-immatricolati possano sentirsi un po’ smarriti ed essere dunque restii a intervenire, invece sono felice nel constatare questa tendenza”, laddove “agli esami a volte può verificarsi il fenomeno contrario: gli studenti si mostrano spauriti lì dove in presenza anche il sorriso del professore avrebbe potuto metterli a loro agio”. Nel caso specifico dello studio della linguistica, “gli studenti devono capire che si tratta di una materia diversa da ciò che hanno studiato finora, come può essere la letteratura, e a differenza di quest’ultima propone contenuti meno discorsivi e più scientifici”. Pertanto, bisogna anche un po’ superare l’idea di uno studio tradizionale e riflettere sull’importanza di una consapevolezza metalinguistica, aspetto che va a scontrarsi con un problema generale: “c’è chi all’inizio non capisce a cosa serva studiare l’italiano se lo parliamo già. Dico sempre che parlare una lingua non significa saper parlare della lingua. Studiare lingue straniere significa poi soprattutto mediarle verso la propria lingua madre”. Del resto, “conosciamo bene il problema che hanno i nostri studenti nell’elaborazione di testi argomentativi. Alcuni si meravigliano quando faccio loro notare errori che non erano mai stati segnalati lungo il percorso scolastico. A volte mi capita di fare di quegli errori un esempio per discutere a lezione di fenomeni sintattici e testuali, spesso partendo proprio da mail scritte in maniera improbabile. Ecco perché la discussione e la partecipazione attiva costituiscono l’asse portante della didattica, ci riguardano personalmente”.

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