L’Aula Rossa di Monte Sant’Angelo è gremita nell’attesa del Premio Nobel per la Fisica Gerard ’t Hooft, direttamente dall’Università olandese di Utrecht. Ad ascoltare la conferenza pubblica dell’11 febbraio, promossa dal Dipartimento di Fisica, in collaborazione con l’INFN di Napoli, non solo addetti ai lavori, ma anche 160 studenti del Liceo Scientifico Baronissi, oltre ai tanti universitari interessati. Il seminario è organizzato in ricordo di Antonio Barone, professore Emerito scomparso nel 2011, la cui attività scientifica si è sviluppata nel settore della superconduttività e dell’effetto Josephson. “A lui abbiamo dedicato il ciclo di seminari ‘Antonio Barone Lectures’, tenuto dallo stesso Hooft, che in questa settimana ha inoltre dato il suo contributo nelle ‘Majorana Lectures’. Oggi vogliamo ricordare il nostro collega e amico con la seconda delle lezioni a lui intitolate. L’ultima volta che ho visto l’aula così piena è stato durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico con Giorgio Napolitano”, introduce il Direttore del Dipartimento di Fisica Pasqualino Maddalena. “Con grande piacere e attestato di stima, sono qui per ricordare Antonio. Eventi del genere danno la dimensione dell’internazionalità del nostro Ateneo. Si parla sempre della difficoltà di trasferire la scienza ai giovani: un’aula così piena è una grande soddisfazione”, sottolinea il Rettore Gaetano Manfredi. “Il livello di compenetrazione delle discipline della Scuola è evidente più che mai oggi”, prosegue il Presidente della Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Piero Salatino. A spiegare l’argomento principale della conferenza “The Higgs particle: pivot of the Standard Model for the subatomic world”, il prof. Fedele Lizzi: “la particella di Higgs è fondamentale nel Modello Standard della teoria quantistica. Negli anni ’70 un giovane dottorando mostrò come, nell’ambito della teoria delle interazioni fondamentali, si trattano gli infiniti: il suo nome era Gerard ’t Hooft. Importantissimo il suo contributo nel campo della meccanica quantistica”. Il Premio Nobel, giunto puntualissimo all’appuntamento con studenti ed esperti, spiega il funzionamento del Large Harold Collider, il più potente acceleratore di particelle al mondo. Grazie a questo è avvenuta la recente scoperta dell’ultimo ingrediente del Modello Standard, che ha permesso di descrivere le interazioni fondamentali tra le particelle. “La presenza di tanti studenti è indice dell’eccitazione che può dare ancora la scienza. Se voliamo al confine tra Francia e Svizzera, il meraviglioso paesaggio nasconde qualcosa che non si riesce a vedere: un tunnel sotterraneo circolare, in cui le particelle si muovono alla velocità della luce in due direzioni opposte e collidono in vari punti producendone di diverse e si spera di nuove. Al Cern di Ginevra si studia appunto come, all’interno di questo tunnel (LHC) della circonferenza di 6 Km, possano farlo. Alla macchina è stato affidato il compito di trovare la famosa particella di Higgs. Alcuni l’hanno chiamata particella di Dio, ma io lascerei la religione fuori da questa storia, che è molto più interessante e complicata”, afferma Hooft.
Il Nobel si sofferma a spiegare come il Modello Standard descriva le interazioni fondamentali tra particelle subatomiche. Il tassello mancante della teoria, il famoso bosone di Higgs, elemento cardine per attribuire le masse alle particelle e far sì che le simmetrie delle interazioni siano rispettate, è stato scoperto al Cern, grazie agli esperimenti ATLAS e CMS. Prima di allora nessuna evidenza sperimentale portava all’esistenza della particella di Higgs: “il risultato è stato raggiunto anche se l’LHC non è stato portato alla massima potenza, in quanto, il 19 settembre 2008, si è verificata un’esplosione. Per fortuna nessuno si è fatto male”, chiarisce. Gli eventi inaspettati portano ad osservazioni e a nuove scoperte, il fascino della fisica sta proprio in questo: “riuscire a risolvere problemi osservando la natura, attraverso l’interazione fondamentale tra fisica teorica e sperimentale”. In chiusura Hooft mostra una slide con ‘la lunga strada della fisica’, in cui i risultati raggiunti e che hanno portato alla scoperta del bosone di Higgs al Cern sono solo i primissimi passi: “riuscire ad andare ad un’energia più elevata significherebbe esplorare una parte della fisica al momento ignota. Perché dunque dovremmo essere interessati ad andare ad energie più elevate? Poiché c’è la possibilità che processi che avvengono a energie elevatissime siano in grado di spiegare la formazione dei buchi neri”.
Allegra Taglialatela
Il Nobel si sofferma a spiegare come il Modello Standard descriva le interazioni fondamentali tra particelle subatomiche. Il tassello mancante della teoria, il famoso bosone di Higgs, elemento cardine per attribuire le masse alle particelle e far sì che le simmetrie delle interazioni siano rispettate, è stato scoperto al Cern, grazie agli esperimenti ATLAS e CMS. Prima di allora nessuna evidenza sperimentale portava all’esistenza della particella di Higgs: “il risultato è stato raggiunto anche se l’LHC non è stato portato alla massima potenza, in quanto, il 19 settembre 2008, si è verificata un’esplosione. Per fortuna nessuno si è fatto male”, chiarisce. Gli eventi inaspettati portano ad osservazioni e a nuove scoperte, il fascino della fisica sta proprio in questo: “riuscire a risolvere problemi osservando la natura, attraverso l’interazione fondamentale tra fisica teorica e sperimentale”. In chiusura Hooft mostra una slide con ‘la lunga strada della fisica’, in cui i risultati raggiunti e che hanno portato alla scoperta del bosone di Higgs al Cern sono solo i primissimi passi: “riuscire ad andare ad un’energia più elevata significherebbe esplorare una parte della fisica al momento ignota. Perché dunque dovremmo essere interessati ad andare ad energie più elevate? Poiché c’è la possibilità che processi che avvengono a energie elevatissime siano in grado di spiegare la formazione dei buchi neri”.
Allegra Taglialatela