“Dico sempre agli studenti che, a monte di tutto, c’è quello che definisco un patto d’aula, da qui a cinquant’anni. Se, sul lungo periodo, resta quanto fatto durante le lezioni, allora potremo dire di aver formato davvero delle persone che hanno portato, nel mondo del lavoro, un patrimonio di competenze e conoscenze”. È un valore molto profondo, quello che il prof. Luigi Maria Sicca riconosce al processo educativo e al rapporto che si instaura tra professore e allievo. Al secondo semestre, sulla Magistrale di Economia Aziendale, il docente ha l’insegnamento di Comportamento organizzativo “in partenza il 20 aprile, che si terrà martedì, giovedì e venerdì”. Il corso, premette, “inviterà gli studenti ad uno scatto di maturità rispetto alla Triennale, scatto ancor più necessario data la situazione emergenziale. La modalità didattica a distanza, ormai, è stata messa a regime ed è giusto che le lezioni non rappresentino un accudimento dello studente, ma che si svolgano con la dignità che si confà ad un Corso di Laurea Magistrale”. Il docente proporrà quest’anno il testo di studio ‘Per una teoria dell’organizzare’ di Barbara Czarniawska, “una professoressa di origini polacche che insegna in Svezia, e che è stata Visiting Professor alla Federico II l’anno scorso. Ritengo che questo testo, punto di sintesi della sua storia di ricerca, consentirà agli studenti quello scatto di maturità di cui detto in precedenza”. In particolare, “propone un’idea dell’organizzare che consente di comprendere l’agire organizzativo andando oltre una certa ingenuità e dogmatismo che spesso accompagnano le discipline aziendali, necessari nella prima fase in cui vengono affrontate. In una seconda fase, però, bisogna che gli allievi comincino a sviluppare un po’ di scaltrezza rispetto alla complessità del mondo del lavoro”. Il docente riflette anche sulla proposta, nel titolo, “del verbo organizzare all’infinito anziché organizzazione come fosse un luogo chiuso. Insieme, in aula dobbiamo cercare di comprendere quello che succede fuori. Stando in una classe, tra quattro mura, si poteva parlare di cosa ci fosse dentro e fuori. Adesso, con l’aula virtuale, non c’è un confine, non c’è fisicità”. Il verbo organizzare all’infinito “trova proprio una sua tematizzazione nella didattica a distanza, in cui si è tutti insieme, ma ciascuno a casa propria. È un paradosso della realtà che, tuttavia, troveremo nel futuro post-pandemico in cui, con la digitalizzazione e il lavoro a distanza, sarà uno stare altrove eppure stare con”. È un privilegio “poter insegnare una disciplina molto pratica poiché quello che studiamo lo viviamo nell’agire quotidiano. Anche in Triennale, indico sempre agli allievi di cominciare a studiare il libro di testo prima e non dopo l’avvio del lavoro in aula con il docente”. Questo non vuol dire “prepararsi come se dovessero fare l’esame a breve, ma avere un’infarinatura tale da poter porre domande e chiedere di chiarire dubbi. Nella didattica universitaria si procede per articolazioni di pensiero, ragionamenti e approfondimenti. La conoscenza non deve essere impartita dall’alto”. Piuttosto, “dobbiamo imparare a ragionare insieme. Questo è il momento della sospensione del giudizio, non bisogna avere paura di porre una domanda, di sbagliare. Insieme, pian piano, studenti e docente, correggeremo il tiro”. Ribadisce, in conclusione, l’importanza di un patto “da qui a cinquant’anni. Se qualcosa di quello che facciamo durante il semestre rimane nello studente, allora avremo onorato la nostra istituzione. In caso contrario, avremo fallito”.
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