Allenamenti di giorno, libri di notte “Se non avessi giocato forse non mi sarei laureata in Giurisprudenza in cinque anni”

Dalla serie C alla B e da quest’ultima alla A. In due anni la squadra di calcio femminile di Pomigliano d’Arco ha scalato le categorie e si è imposta come una delle novità più sorprendenti del mondo del pallone declinato in rosa. Un mondo, sia detto per inciso, che ormai è una realtà consolidata anche in Italia. Contribuiscono alla bella favola della squadra campana anche alcune ragazze le quali, grazie alla passione, alla tenacia e all’impegno, sono riuscite a conciliare l’attività sportiva svolta ad alto livello con gli impegni universitari, che hanno portato avanti fino al traguardo della laurea.
Gaia, il capitano avvocato
È il caso, per esempio, di Gaia Apicella, che ha 28 anni ed è il capitano della squadra, la quale concilia le sue giornate tra gli impegni di avvocato e quelli di difensore sul campo di calcio. “La mia – racconta – è una famiglia di avvocati ed ho respirato quest’aria da quando ero bambina. Mi sono laureata al Suor Orsola in Giurisprudenza nel 2016 e poi ho superato l’esame per diventare avvocato. Da bambina, però, oltre a respirare in casa l’aria dei Codici e dei libri di Diritto, guardavo le partite di calcio in tv. C’era il grande Milan, quello che vinceva ovunque in Italia e in Europa. Difensori come Franco Baresi, Paolo Maldini, Billy Costacurta e poi Alessandro Nesta hanno alimentato la mia passione verso il pallone. Ho iniziato a giocare con i maschietti, a cinque o sei anni, perché non c’erano le scuole calcio femminili nella mia zona. A tredici anni sono passata con le ragazze”.  Allenamenti e partite di giorno. Libri di notte. Per tutti gli anni universitari la vita del capitano del Pomigliano, che all’epoca militava in un’altra squadra, che ora non c’è più, è stata questa. “Faticosa certamente – ammette – perché spesso studiavo la notte o in viaggio e in albergo durante le trasferte. Ricordo che il giorno in cui avevo da sostenere Diritto Internazionale mia madre mi venne a prendere al mattino al porto di Napoli e mi portò direttamente all’Università. Ero reduce da una trasferta in nave con la squadra a Palermo. L’esame andò benissimo ed infatti poi chiesi la tesi proprio in quella materia”.
Commerciale la bestia nera
Peggio di un bomber che sfugge da tutte le parti, la bestia nera di Apicella all’Università è stato l’esame di Diritto Commerciale. “Alla fine, però, – sottolinea – l’ho avuta vinta io e c’è pure un particolare curioso in questa vicenda. Pochi giorni prima che mi presentassi alla prova avevo una partita importante. L’allenatore mi chiese di tenere stretta, di non perdere mai di vista, una giocatrice che era particolarmente insidiosa e pericolosa. Caso volle che aveva lo stesso cognome del mio docente di Diritto Commerciale. Non dico che la marcai con cattiveria, perché correttezza e lealtà non devono mai mancare, ma certamente le stetti addosso per tutta la partita con una motivazione in più”. Apicella più di una volta, negli ultimi anni, è andata a parlare nelle scuole per avvicinare gli adolescenti allo sport. “Alcune ragazze – rivela – mi dicono che non praticano attività sportive e tra esse il calcio perché non hanno tempo, devono studiare. La mia esperienza personale testimonia che si può, direi anzi si deve conciliare, l’impegno sportivo con lo studio. Non tutti o tutte devono giocare in serie A, ma tutti e tutte devono praticare sport in età scolastica e dopo. Dà organizzazione mentale, benessere, stempera le tensioni ed aiuta ad organizzare il proprio tempo, a non perderlo. Se non avessi giocato forse non mi sarei laureata in Giurisprudenza in cinque anni”. Cosa non può mancare ad uno studente e ad un difensore? “La tenacia nel non mollare mai. Può capitare che uno si abbatta, che una sessione di esami non vada bene. È il momento di non cedere allo sconforto, di stringere i denti. Chi pratica sport è allenato a questo. D’altronde è un allenamento per la vita, non solo per l’Università”.
Mariagrazia, il portiere 
Studi universitari anche per il portiere del Pomigliano. Si chiama Mariagrazia Balbi ed ha 26 anni. “Ho conseguito – racconta – la Laurea Triennale in Scienze Motorie all’Università Parthenope. Mi sono poi iscritta all’Ateneo di Bari, città dove giocavo in serie A, in Scienze e Tecniche dello Sport e mi sono laureata l’anno scorso”. “Ho trovato il tempo di studiare – dice – e la società mi è sempre venuta incontro. Questo mi ha permesso di portare avanti i due percorsi, quello universitario e quello di calciatrice”. Iniziato, quest’ultimo, alle scuole medie. “Abitavo a Giugliano – ricorda – e un professore di Educazione fisica della scuola Gramsci si accorse che ero brava in campo. Fu lui ad incoraggiarmi, a spronarmi. Il calcio femminile all’epoca era quasi un tabù, ora è diverso”. Se i miti sportivi del capitano sono stati i difensori del grande Milan della fine degli anni Novanta, Balbi ha scelto di stare tra i pali dopo che ha visto in tv all’opera Edwin van der Sar, portiere acchiappatutto che ha giocato, tra le varie squadre, con l’Ajax e con la Juventus. “La calma e la capacità di gestire le situazioni difficili – prosegue la numero uno del Pomigliano – sono le caratteristiche di un buon portiere che tornano molto utili anche all’Università, magari quando ci si siede davanti ad un professore all’esame”. Quello più bello della sua carriera universitaria? “Senza dubbio Psicobiologia”. Studiarlo e superarlo è stata una soddisfazione comparabile, o quasi, alla parata realizzata un anno fa in un incontro contro la Roma su un bolide da fuori area di Andressa, calciatrice brasiliana che gioca anche nella sua nazionale, o della vittoria a Pontedera che ha sancito la certezza della promozione in A del Pomigliano.
Fabrizio Geremicca

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