All’Orientale gli studenti incontrano Bergonzoni

Strano ma vero: Alessandro Bergonzoni è laureato in Giurisprudenza. E cosa ancor più insolita, ha chiesto –senza successo- all’Università di Bologna di restituire la propria laurea. “Mi sono iscritto per volere di mio padre. Anzi, in verità lui avrebbe voluto che diventassi ingegnere – sostiene l’attore – Non ho amato l’Università, in generale non amo il mondo accademico che si nutre di autoreferenzialità”. Poi si guarda intorno e si affretta ad aggiungere: “Ma questa di Napoli è un’Università molto più carina…”. “Da che lo capisci?” gli chiede Paolo Iannotti, Direttore di Ateneapoli. “Da quando ne esci – risponde Bergonzoni suscitando l’ilarità degli studenti – Qui vedi il cielo, a Bologna ci sono i portici, l’azzurro non lo vedi.”
Il prof. Giuseppe Cozzolino, moderatore dell’incontro del 2 febbraio organizzato da Ateneapoli e l’Orientale in collaborazione con Tunnel Cabaret e Radio Kiss Kiss Napoli, gli ricorda che quella partenopea è un’Università che ha più di 1000 anni di storia, lo confermano le mura greche a vista nell’aula di Palazzo Corigliano in cui si tiene l’incontro. “Ah pensavo ci fossero lavori in corso…” replica con prontezza l’artista. 
“Sono molto contento della presenza di Bergonzoni – afferma il prof. Augusto Guarino, Prorettore dell’Orientale – Fa un teatro di esplorazione linguistica, strettamente collegato, perciò, all’oggetto di studi delle facoltà umanistiche”.
Seppure  l’Università sia un posto dove si studia molto, per il prof. Guarino, “non può essere un luogo noioso, perché quando ci si annoia non si impara alcunché”. E’ in quest’ottica che il Prorettore ha accolto con gioia un artista che definisce molto originale. “Ho difficoltà ad incasellarlo in una o in un’altra categoria – afferma – E’ un grande creatore”.
“L’estate era alle porte e mia sorella alla finestra”; “Il sindaco di Tortona potrebbe essere una ciliegina”; “Erano le 5 di mattina, almeno quasi con precisione”: queste alcune delle formidabili battute di Bergonzoni che ribadiscono la sua meritata fama di artista della parola. “Se si ripetono solo le battute, se non passa il concetto che le motiva, la cosa mi inquieta – confessa l’attore – I giochi linguistici non sono fine a se stessi, le parole sono solo mattoni per suggerire un’idea”.  
Bergonzoni riconosce che la parola è ormai svuotata, privata di valore: forse è per compensare questo impoverimento che egli ne deve usare così tante… “La parola vive di un’energia che va al di là di chi la pronuncia. Se non fosse così, farei l’enigmista. Invece io cerco di lavorare sul pensiero”.
Il gioco di parole per Bergonzoni non è un fine, è un mezzo per destare l’attenzione. Proprio come lo sono le storie che racconta. “Narro favole ai miei figli non per addormentarli, ma per tenerli svegli”, afferma mentre intanto le parole, a cascata, sgorgano dalla sua bocca, si rincorrono, si accavallano senza lasciargli il tempo di prender fiato. “La velocità che io amo non va confusa con la fretta che è propria dello show  – spiega- Non ce l’ho con lo show ma sento che sta invadendo ogni cosa”.
“Bergonzoni come 
le Neoavanguardie”
“Bergonzoni ha resistito alla tentazione di far spettacoli più popolari – afferma il prof. Cozzolino – questo lo rende un personaggio atipico nel panorama italiano”. “Le sue esibizioni mi ricordano quelle della Neoavanguardia di inizio ‘900”, fa notare la prof.ssa Rossella Ciocca. “Scrivilo sui muri!” le suggerisce al volo Bergonzoni senza pensare che il suo accostamento alla Neoavanguardia potrebbe costargli una seconda laurea! (honoris causa?)
Tra il pubblico c’è il regista del suo ultimo monologo Giancarlo Ridolfi e ci sono anche giovanissimi addetti ai lavori. Flavio Amatucci, 26 anni, scenografo e Gianluca Agnocchetti, 25 anni, tecnico audio, sono tra i primi arrivati in aula per assicurarsi un posto in prima fila. “Mi piace come persona, è un artista completo” spiega Flavio. “Io l’ho visto al Maschio Angioino da piccola poi, da allora, solo nelle riprese registrate sui cd” interviene Eliana Amatucci, studentessa in Scienze dello spettacolo all’Orientale. “L’avevo già ammirato a teatro e qui ha confermato le sue capacità di grande comunicatore” afferma Mimma Iannone, studentessa di Giurisprudenza mentre la sorella, nonché collega di studi, Annalena commenta: “Non avrei mai detto che Bergonzoni fosse laureato in Giurisprudenza perché ha una mente non schematica. L’avevo notato 15 anni fa al teatro Ausonia quando era ancora poco conosciuto. Da allora l’ho seguito, anche leggendo qualche suo libro”. “Mi affascina come usa i giochi di parole, d’altra parte non è un caso che io studi lingue – afferma Vincenzo Chioccarelli, studente della Specialistica in Traduzione inglese. – E’ paradossale che non conoscessi Bergonzoni perché non l’avevo visto in tv”.
Alla maggior parte dei ragazzi presenti l’attore è noto attraverso il piccolo schermo, eppure Bergonzoni è molto critico nei confronti della televisione: “Sono anche uno spettatore attento e lo spettacolo in tv è arrivato alla frutta. Non capisco perché non riusciamo a ribellarci, ad esempio decidendo di non vedere più la tv. C’è una pigrizia culturale che si paga, proprio come una disattenzione alla  guida…”
Se vivessimo in un clima di serena accettazione dello stato presente delle cose, per Bergonzoni, non vi sarebbe alcunché da obiettare “invece siamo tutti arrabbiati come bestie, siamo stufi, protestiamo! Perché non ci ribelliamo anche nel settore culturale?”. Bergonzoni punta il dito sulla pubblicità e lo sport: “fanno un grande lavoro di distrazione di massa, facendo leva sul concetto di vittoria, di sfida. In arte, invece, non esiste una squadra migliore schierata contro una peggiore; esistono solo tante menti a confronto”. L’attore ci tiene a sottolineare che “coloro che sono in tv sono solo più visibili, ma non possono essere considerati dei modelli”. Precisa che non c’è niente di male a lavorare in tv, il problema sorge quando si pretende di fare una televisione differente. “Non ce l’ho con i miei colleghi. Per esempio Fiorello, Sofia Loren hanno professionalità, bravura, simpatia, ma non si può dire che facciano arte. Una volta Mike Bongiorno era solo un personaggio della tv. Ora incarna la socialità, il senso civico. L’assurdo è che la gente si alzi quando lui arriva in studio. Si stanno dando lauree ad honorem a molti personaggi dello spettacolo. Distinguiamo!”.
Importante la 
dimensione “interiore” 
Viene da chiedersi, allora, che cosa sia il successo per Bergonzoni. “Quando penso al successo penso sempre ad una cosa che è avvenuta, a cosa è successo! – risponde tra il serio ed il faceto- Io sono andato venti volte da Costanzo 5 anni fa e lo ringrazio, perché quelle apparizioni mi hanno reso riconoscibile per la strada e mi hanno permesso di attrarre persone in teatro. Per me la tv era come un manifesto. Mi interessava il fine, non l’oggetto in sè. Per me il successo è cosa riesco a far succedere quando scrivo un libro o metto in scena uno spettacolo”.
La maggiore preoccupazione di Bergonzoni è che i ragazzi tra 50 anni abbiano delle teste funzionanti e che ambiscano ad apportare migliorie allo status quo. “Non ci possiamo nascondere dietro al nostro essere umani, cioè imperfetti e fallibili – afferma – Invece di sentirci divini, vorrei che facessimo cose divine. Dobbiamo puntare altissimo. Bisogna essere umili, ma la modestia è una rovina”.
“La fusione tra concetti alti e comicità: questo è il modo in cui Bergonzoni riesce a far passare idee complesse con grande facilità”: è l’apprezzamento di Diego Parisi, studente di Lettere alla Federico II.
“Bergonzoni ha detto tante verità. Ha condensato insegnamenti spirituali e filosofici da bravo fool – commenta la prof.ssa Jocelyne Vincent – I comici hanno una funzione sociale fondamentale. Bisogna essere idioti per censurare i comici intelligenti”.
 “C’è la possibilità di votare tutti i giorni, fregandocene del vicino, passando al semaforo con il rosso. Abbiamo un governo interiore. A quello chiederei di non abdicare, se fosse possibile – sostiene Bergonzoni confermando la funzione sociale del suo mestiere – La credibilità dei politici è crollata perché in loro non trovo più l’anima della metamorfosi. Il cambiamento dell’essere deve guidare quello politico e questo può nascere solo dal proprio governo interiore”.
L’artista ritiene che l’impegno civile non possa prescindere da una ricerca intima e perciò esclude di candidarsi come politico. “Potrei essere un pungolatore, un fustigatore come Beppe Grillo ma questo non significa entrare in politica. C’è bisogno di un lavoro a-priori sull’essere. In questo momento l’ambito politico, proprio come la tv, è un mezzo infetto. Si devono autoconsumare. Però la giornata di oggi è una giornata politica, come lo è il mio spettacolo”. Altro che gioco di parole!
Manuela Pitterà
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