Compravendita esami, indagati 40 studenti e tre dipendenti

Dai 300 ai 500 euro per comprare un esame. Sono queste le cifre ipotizzate dagli inquirenti che indagano sulla compravendita di esami nella Facoltà di Giurisprudenza, brutta vicenda che coinvolge alcuni studenti e bidelli, venuta alla luce in seguito a un controllo effettuato dalla Segreteria Studenti lo scorso anno. La non corrispondenza, per alcuni studenti, tra il numero di esami sostenuti e quello degli esami registrati sui verbali, ossia le cosiddette “camicie”, indusse la Facoltà a contattare alcuni docenti per avere dei chiarimenti. Tra questi, il prof. Guizzi, docente di Diritto commerciale, che disconobbe la propria firma e sporse denuncia. L’inchiesta che ne è seguita, per corruzione e falso, è tornata alla ribalta delle cronache dopo le perquisizioni effettuate il 7 maggio dalla Digos negli uffici di Corso Umberto. Notificati sette decreti di perquisizione a carico di quattro studenti e tre impiegati, ma gli studenti indagati sono una quarantina in tutto. Dallo studio dei tabulati telefonici risultano conversazioni tra studenti e bidelli aventi ad oggetto le trattative relative agli esami. Erano gli impiegati a falsificare i verbali d’esame inserendovi i nomi di persone che all’appello non si erano mai presentate, attribuendo loro i voti (in genere non troppo alti, per evitare di destare sospetti) e ad apporre la firma del docente. L’inchiesta, condotta dal pm Giancarlo Novelli, è stata estesa fino al 2006 e non si esclude che possa aumentare il numero degli indagati. Un certificato di laurea è stato revocato. Il Preside della Facoltà, prof. Lucio De Giovanni, ha ancora una volta sottolineato l’importanza della collaborazione tra l’Università e l’autorità giudiziaria. Nei mesi scorsi, infatti, il Polo delle Scienze Umane e Sociali ha condotto un’indagine interna, di cui si è occupata una Commissione, presieduta dal prof. Massimo Marrelli, che ha vagliato tutta la documentazione amministrativa riguardante gli esami irregolari, interagendo costantemente con l’autorità giudiziaria. “L’Università è sana”, ci ha detto il Preside De Giovanni, “lo testimonia il fatto che è stata la Facoltà stessa a rilevare e denunciare le irregolarità. Certo, l’Università non è un’isola felice dove non succede mai niente, è fatta da uomini che possono sbagliare. Il fatto che episodi del genere avvengano qui, però, è più doloroso, perché questo è un luogo di formazione dei giovani. E’ molto triste rendersi conto che c’è chi, così giovane, cerca di essere facilitato ricorrendo a pratiche corruttive. Anche un solo episodio come questo è un fatto indegno, ma vorrei che gli studenti onesti non perdessero la fiducia. I nostri organi di controllo vigilano proprio per garantire loro, e lo hanno dimostrato. Sono stati tempestivi ed efficaci, grazie soprattutto all’azione del Preside Scudiero, il mio predecessore”. Oggi la Facoltà apprende gli sviluppi dell’inchiesta attraverso la stampa e non può far altro che attendere la sua conclusione. Il sig. Pasquale Annunziato, impiegato presso la Biblioteca della Facoltà di Giurisprudenza da 12 anni, rappresentante del personale tecnico-amministrativo in Consiglio di Facoltà al secondo mandato, si dice rammaricato per l’accaduto. “Non c’è molto da dire, i fatti devono ancora essere accertati, c’è il segreto istruttorio. Dal punto di vista umano possiamo esprimere dispiacere per qualche collega che ha commesso degli errori. Ma il rammarico più grande è per l’immagine della Facoltà, che non vorremmo fosse lesa da questa vicenda. Non bisogna mai dimenticare che è stata la Facoltà stessa a denunciare l’accaduto”. 
Sara Pepe
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