Un’operaia che lavora in una fabbrica di “borze”, che considera benefattore “O masto”, il capo, anche se la sfrutta, che alterna il dialetto napoletano all’italiano scorretto. Si scrive Rosalia Porcaro, si legge Veronica, personaggio divenuto celebre con la trasmissione comica TeleGaribaldi per il modo ironico di rappresentare una condizione
lavorativa difficile. L’attrice comica e cabarettista napoletana è stata accolta dal Dipartimento di Scienze Politiche in occasione dell’incontro “Le donne del sud nel mercato del lavoro”, tenutosi il 28 novembre in un’aula Spinelli, a via Rodinò, riempita per metà dagli studenti. “Quello di oggi è un incontro sui generis che ci offre uno spunto di riflessione su tematiche che affrontiamo spesso nelle nostre aule”, ha esordito il Direttore di Dipartimento Marco Musella. Obiettivo della giornata: “approfondire il tema del mondo del lavoro con particolare riguardo a quello
femminile nel Mezzogiorno. C’è un divario forte tra uomini e donne, anche se queste ultime hanno reagitomeglio ai cambiamenti degli ultimi tempi”. Senso dell’appuntamento è “darvi elementi di forza per interpretare con impegno la strada che vi porterà a realizzarvi professionalmente. Il lavoro è una forma di identità che ci consente di essere
persone degne di tale nome”. Si cercano spunti dal personaggio di Veronica: “è una donna che lavora in una fabbrica di borse, un settore del Made in Italy spiazzato dalla globalizzazione. Veronica non ha studiato troppo e fa errori nel parlare. È un personaggio simpatico che ci fa riflettere sulle condizioni di difficoltà professionale”. Difficoltà che conosce bene un’operaia “regolarmente inquadrata a nero”. Così ha esordito la Porcaro strappando le risate dei presenti. Lo sketch è poi proseguito: “il posto fisso non esiste. Per il mio masto il lavoro mobilita l’uomo. Infatti come si dice a Napoli, ca nisciuno è fisso”. I toni sono tornati decisamente più seri con la prof.ssa Lucia Venditti, docente di Diritto del lavoro, che ha parlato di Sharing Economy, forma di digitalizzazione che si sta espandendo sempre più anche in Europa per effetto della globalizzazione. Un fenomeno che da un lato “abbatte i costi di transazione dei servizi offerti”, ma che dall’altro presta il fianco alla “robotizzazione del processo produttivo. Il lavoro umano serve poco”, con conseguenze facilmente immaginabili in termini di crescita della disoccupazione: “la ricaduta immediata è la perdita di posti”. In un quadro fosco non mancano tinte più chiare. Uno dei vantaggi
portati da questo tipo di economia sarebbe “una maggiore flessibilità. Chi lavora avrebbe bisogno soltanto
di una connessione a Internet”. Lo sforzo da compiere è “trovare modalità di regolazione che diano protezione e sicurezza a soggetti che lavorano in modo precario”. Ha affrontato il rapporto donne e lavoro soffermandosi su condizioni di svantaggio e prospettive di inclusione, invece, la ricercatrice di Diritto del lavoro Laura Tebano. La sua relazione è partita dalla “prima legge sul lavoro femminile del 1902. È stato un passaggio chiave nella storia lavorativa delle donne. È una legge che conferma il fatto che per le donne l’occupazione è una condizione necessaria per l’affermazione sociale, perché dà l’autosufficienza economica”. Da allora ne è stata fatta di strada: “oggi il divario occupazionale tra uomini e donne è sceso al 2%. Il cammino da percorrere è lungo, ma qualche segnale positivo si può individuare”. L’attenzione dei presenti è poi ritornata sull’ospite della giornata alla quale una studentessa ha chiesto se Veronica sia solo frutto della fantasia o se abbia connessioni con la realtà. “Uno spunto c’è stato”, ha confessato Rosalia Porcaro, che ha proseguito: “quando frequentavo il Liceo ad Afragola ho conosciuto una ragazza che per guadagnare qualcosa cuciva guanti in casa. Ricordo come parlava del ‘masto’. C’era una forma di venerazione per il capo. La cosa mi ha affascinato. Ne ho assorbito il linguaggio. Veronica è nata lì”. È stata mai contattata per farsi portavoce di qualche messaggio? “Soprattutto all’inizio mi hanno chiamata i metalmeccanici per farmi partecipare a qualche loro comizio. Gli operai applaudivano, mi sentivano come una di loro”. In chiusura, sempre con ironia, ha tirato le fila del discorso: “il mio ‘masto’ ha detto che noi donne siamo
sfruttate poco. Lui ci vuole sfruttare molto di più. Anche lui è sensibile al problema del lavoro femminile”.
lavorativa difficile. L’attrice comica e cabarettista napoletana è stata accolta dal Dipartimento di Scienze Politiche in occasione dell’incontro “Le donne del sud nel mercato del lavoro”, tenutosi il 28 novembre in un’aula Spinelli, a via Rodinò, riempita per metà dagli studenti. “Quello di oggi è un incontro sui generis che ci offre uno spunto di riflessione su tematiche che affrontiamo spesso nelle nostre aule”, ha esordito il Direttore di Dipartimento Marco Musella. Obiettivo della giornata: “approfondire il tema del mondo del lavoro con particolare riguardo a quello
femminile nel Mezzogiorno. C’è un divario forte tra uomini e donne, anche se queste ultime hanno reagitomeglio ai cambiamenti degli ultimi tempi”. Senso dell’appuntamento è “darvi elementi di forza per interpretare con impegno la strada che vi porterà a realizzarvi professionalmente. Il lavoro è una forma di identità che ci consente di essere
persone degne di tale nome”. Si cercano spunti dal personaggio di Veronica: “è una donna che lavora in una fabbrica di borse, un settore del Made in Italy spiazzato dalla globalizzazione. Veronica non ha studiato troppo e fa errori nel parlare. È un personaggio simpatico che ci fa riflettere sulle condizioni di difficoltà professionale”. Difficoltà che conosce bene un’operaia “regolarmente inquadrata a nero”. Così ha esordito la Porcaro strappando le risate dei presenti. Lo sketch è poi proseguito: “il posto fisso non esiste. Per il mio masto il lavoro mobilita l’uomo. Infatti come si dice a Napoli, ca nisciuno è fisso”. I toni sono tornati decisamente più seri con la prof.ssa Lucia Venditti, docente di Diritto del lavoro, che ha parlato di Sharing Economy, forma di digitalizzazione che si sta espandendo sempre più anche in Europa per effetto della globalizzazione. Un fenomeno che da un lato “abbatte i costi di transazione dei servizi offerti”, ma che dall’altro presta il fianco alla “robotizzazione del processo produttivo. Il lavoro umano serve poco”, con conseguenze facilmente immaginabili in termini di crescita della disoccupazione: “la ricaduta immediata è la perdita di posti”. In un quadro fosco non mancano tinte più chiare. Uno dei vantaggi
portati da questo tipo di economia sarebbe “una maggiore flessibilità. Chi lavora avrebbe bisogno soltanto
di una connessione a Internet”. Lo sforzo da compiere è “trovare modalità di regolazione che diano protezione e sicurezza a soggetti che lavorano in modo precario”. Ha affrontato il rapporto donne e lavoro soffermandosi su condizioni di svantaggio e prospettive di inclusione, invece, la ricercatrice di Diritto del lavoro Laura Tebano. La sua relazione è partita dalla “prima legge sul lavoro femminile del 1902. È stato un passaggio chiave nella storia lavorativa delle donne. È una legge che conferma il fatto che per le donne l’occupazione è una condizione necessaria per l’affermazione sociale, perché dà l’autosufficienza economica”. Da allora ne è stata fatta di strada: “oggi il divario occupazionale tra uomini e donne è sceso al 2%. Il cammino da percorrere è lungo, ma qualche segnale positivo si può individuare”. L’attenzione dei presenti è poi ritornata sull’ospite della giornata alla quale una studentessa ha chiesto se Veronica sia solo frutto della fantasia o se abbia connessioni con la realtà. “Uno spunto c’è stato”, ha confessato Rosalia Porcaro, che ha proseguito: “quando frequentavo il Liceo ad Afragola ho conosciuto una ragazza che per guadagnare qualcosa cuciva guanti in casa. Ricordo come parlava del ‘masto’. C’era una forma di venerazione per il capo. La cosa mi ha affascinato. Ne ho assorbito il linguaggio. Veronica è nata lì”. È stata mai contattata per farsi portavoce di qualche messaggio? “Soprattutto all’inizio mi hanno chiamata i metalmeccanici per farmi partecipare a qualche loro comizio. Gli operai applaudivano, mi sentivano come una di loro”. In chiusura, sempre con ironia, ha tirato le fila del discorso: “il mio ‘masto’ ha detto che noi donne siamo
sfruttate poco. Lui ci vuole sfruttare molto di più. Anche lui è sensibile al problema del lavoro femminile”.