Garantire la didattica in termini di accessibilità e qualità, salvaguardando le possibilità di carriera dei giovani nel nome della valutazione. Sono le questioni al centro degli interventi dei neo eletti al Senato Accademico dell’Ateneo Federico II nelle consultazioni del 7 ed 8 maggio.
“Il meccanismo elettorale inaugurato in queste elezioni ha consentito l’instaurarsi di un vero dialogo e l’elezione di figure rappresentative”, afferma il ricercatore Alessandro Pezzella, soddisfatto dell’affluenza alle urne che ha fatto registrare una partecipazione del 90 per cento degli aventi diritto, con punte, in alcuni settori, anche oltre questa soglia. Priorità del mandato, preservare la qualità della didattica e della ricerca in una fase di contrazione delle risorse attraverso una seria e diffusa valutazione. “Viviamo il paradosso dell’esistenza di due figure giuridiche, quella dei docenti e quella dei nuovi ricercatori, che hanno disparità di diritti ed omogeneità di doveri. È doveroso creare delle compensazioni per frenare le conseguenze del blocco del turn-over ed evitare che l’Italia somigli ad uno di quei paesini abitati solo da vecchi ed attivare, invece, dei meccanismi di reclutamento dei ricercatori, in particolare quelli di tipo B, che non potranno contare su un ulteriore contratto triennale. Occorre, inoltre, promuovere anche il ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato che, pur essendo in grado di attrarre finanziamenti importanti e con un’elevata produttività scientifica, sono stati trasformati in fossili viventi, esclusi da tutti gli incarichi di responsabilità nell’ambito dei Dipartimenti – prosegue Pezzella – Infine, in attesa della conclusione delle procedure di abilitazione, è necessario ragionare sulla distribuzione dei punti organico e sulla loro incidenza, nei prossimi anni, sul bilancio d’Ateneo, pensando di prorogare le chiamate previste per il 2011, come già stabilito anche dal CUN”.
Desta molta preoccupazione fra i neo senatori accademici la sentenza emessa dalla Corte Costituzionale il 3 maggio, che sancisce l’incostituzionalità della norma della Legge Gelmini in base alla quale i docenti prossimi alla pensione non possono far ricorso per più di una volta al biennio di proroga. In termini di legge, la permanenza in servizio di un professore settantenne non viene valutata come prosecuzione dell’attività lavorativa ma come nuova assunzione. Assecondare eventuali richieste in tal senso rischierebbe di sottrarre ai giovani risorse preziose, soprattutto perché esistono norme alternative che consentono ai pensionandi di sottoscrivere contratti triennali con i Dipartimenti per proseguire l’attività di ricerca e contratti d’insegnamento per proseguire quella didattica. “In questo momento è necessario assicurare ai ricercatori la giusta progressione di carriera, bloccata da anni, e questa sentenza preoccupa non poco – interviene al riguardo il ricercatore di area medica Luigi Sivero, al suo terzo mandato come Senatore e per questo rimarrà in carica per soli due anni, il quale pone in evidenza le questioni vicine alla propria categoria – Come medici abbiamo l’obbligo di garantire ventisei ore settimanali di assistenza. Pertanto, resta pochissimo tempo da dedicare a didattica e ricerca. È urgente stabilire quale debba essere il nostro reale impegno nell’ambito dell’Azienda Policlinico”.
“Bisogna porre un fermo no alle richieste di proroga che giungeranno in Ateneo e, viste le non più floride condizioni economiche, sarà necessario mettere in campo azioni che destinino le risorse alle proposte di qualità – sottolinea il prof. Mario Varcamonti, rieletto nelle file degli associati (resterà in carica per soli tre anni, visto il periodo di rappresentanza già svolto), preoccupato, nonostante la grande partecipazione elettorale, dalla scarsa rappresentatività, nel nuovo Senato, dei ricercatori e degli stessi associati – Se si vuole dare davvero spazio a tutti è necessario impegnarsi maggiormente perché, mentre gli ordinari hanno occupato il massimo dei posti possibili, le altre componenti ne hanno occupato il minimo”.
Seppur sminuito nel suo ruolo dalla riforma universitaria, che promuove il ruolo del Consiglio di Amministrazione come organo deliberante, al Senato Accademico resta un ruolo di indirizzo estremamente importante, da valorizzare. “Da quando non ci sono più i Consigli di Facoltà, gli spazi per incontrarsi si sono ridotti. Il Senato Accademico resta l’ultimo baluardo della democrazia e tutti noi sentiamo un’enorme responsabilità – dice il prof. Antonino Squillace, eletto per gli associati, il quale, nonostante il giudizio complessivamente critico, spera di contribuire a dare piena attuazione alla riforma universitaria – Impone una visione verticistica dell’università che, in Ateneo, ha trovato piena attuazione. Pertanto, molto dipenderà dai regolamenti che dovranno dare piena autonomia ai Dipartimenti, dove resta ancora vivo il ricordo delle Facoltà, e stabilire il ruolo effettivo delle Scuole, in rapporto al centro ed ai Dipartimenti stessi. Mi auguro un dibattito sereno, che tenga conto delle tante anime di un Ateneo generalista e delle tante realtà che la nuova organizzazione ha prodotto. Nei contesti in cui il Dipartimento coincide con la vecchia Facoltà, la vita non è cambiata molto, ma in altre realtà, come da noi ad Ingegneria, gli scenari della vita quotidiana sono molto mutati”. Un pensiero per i giovani: “Gli ultimi concorsi veri risalgono al 2008. Stiamo assistendo ad un depauperamento, impressionante, di risorse e avvertiamo disperatamente il bisogno di nuove idee, della freschezza e dell’entusiasmo che i giovani sanno portare. Dovrà essere nostro compito utilizzare al meglio le risorse per garantire il ricambio generazionale, avendo il coraggio di premiare chi lavora meglio e sostenere i gruppi che stanno morendo. La proroga ai pensionandi rappresenta un costo vivo per l’Ateneo ed un ulteriore tappo al rinnovamento sul quale mi auguro che il Senato si esprima in maniera contraria”, conclude Squillace.
Il ricambio generazionale è in cima anche ai pensieri dei ricercatori Bruno Catalanotti e Roberto Fasanelli, firmatari di un documento scritto insieme al collega, non eletto, Francesco Giannino: “i giovani sono alla base di molti importanti risultati di ricerca, perciò dobbiamo riavviare il reclutamento. È difficile prevedere cosa sarà l’università italiana fra quattro anni, ma noi crediamo nel suo ruolo come bene pubblico ed abbiamo grande fiducia nelle persone elette, provenienti dai movimenti nati in questi anni di attacchi all’università. La prima battaglia sarà dunque volta a tenere in vita i principi della democrazia, a cominciare dalla trasparenza con gli elettori, e speriamo che il Senato Accademico torni ad essere l’organo che scrive i regolamenti. Negli ultimi anni non è sempre stato così”.
Tante le preoccupazioni anche per il futuro degli studenti. “Il Fondo di Finanziamento Ordinario impatta sull’offerta formativa che deve restare quella di un grande Ateneo generalista del Mezzogiorno – afferma il prof. Riccardo Viganò, ordinario di Economia Aziendale, che traccia subito le linee guida del suo programma – Negli ultimi ventiquattro mesi, in Italia, le iscrizioni all’università sono crollate, un segnale pessimo. Dal momento che le condizioni economiche non facilitano la mobilità studentesca, perché le famiglie non possono permettersi di mantenere un figlio altrove, è necessario evitare di stabilire numeri chiusi o programmati. Garantire un’offerta aperta a tutti significa intervenire sulla programmazione, in modo da andare incontro alle necessità dei giovani, ricercatori e dottorandi, senza alcuna copertura economica”.
Occhi puntati sui regolamenti per la didattica, da rendere operativi entro giugno: “i tempi di attuazione sono molto stretti e, nel passaggio fra un sistema di regolamenti e l’altro, restano sempre delle aree grigie – dice il prof. Francesco Palumbo, docente di Statistica, eletto per gli ordinari, che apre a nuove forme di dialogo, trasversali alle aree – Dovremo far colloquiare il Consiglio di Amministrazione ed il Senato Accademico che, in qualità di organismo di indirizzo e controllo, ha un ruolo importante”.
Simona Pasquale
“Il meccanismo elettorale inaugurato in queste elezioni ha consentito l’instaurarsi di un vero dialogo e l’elezione di figure rappresentative”, afferma il ricercatore Alessandro Pezzella, soddisfatto dell’affluenza alle urne che ha fatto registrare una partecipazione del 90 per cento degli aventi diritto, con punte, in alcuni settori, anche oltre questa soglia. Priorità del mandato, preservare la qualità della didattica e della ricerca in una fase di contrazione delle risorse attraverso una seria e diffusa valutazione. “Viviamo il paradosso dell’esistenza di due figure giuridiche, quella dei docenti e quella dei nuovi ricercatori, che hanno disparità di diritti ed omogeneità di doveri. È doveroso creare delle compensazioni per frenare le conseguenze del blocco del turn-over ed evitare che l’Italia somigli ad uno di quei paesini abitati solo da vecchi ed attivare, invece, dei meccanismi di reclutamento dei ricercatori, in particolare quelli di tipo B, che non potranno contare su un ulteriore contratto triennale. Occorre, inoltre, promuovere anche il ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato che, pur essendo in grado di attrarre finanziamenti importanti e con un’elevata produttività scientifica, sono stati trasformati in fossili viventi, esclusi da tutti gli incarichi di responsabilità nell’ambito dei Dipartimenti – prosegue Pezzella – Infine, in attesa della conclusione delle procedure di abilitazione, è necessario ragionare sulla distribuzione dei punti organico e sulla loro incidenza, nei prossimi anni, sul bilancio d’Ateneo, pensando di prorogare le chiamate previste per il 2011, come già stabilito anche dal CUN”.
Desta molta preoccupazione fra i neo senatori accademici la sentenza emessa dalla Corte Costituzionale il 3 maggio, che sancisce l’incostituzionalità della norma della Legge Gelmini in base alla quale i docenti prossimi alla pensione non possono far ricorso per più di una volta al biennio di proroga. In termini di legge, la permanenza in servizio di un professore settantenne non viene valutata come prosecuzione dell’attività lavorativa ma come nuova assunzione. Assecondare eventuali richieste in tal senso rischierebbe di sottrarre ai giovani risorse preziose, soprattutto perché esistono norme alternative che consentono ai pensionandi di sottoscrivere contratti triennali con i Dipartimenti per proseguire l’attività di ricerca e contratti d’insegnamento per proseguire quella didattica. “In questo momento è necessario assicurare ai ricercatori la giusta progressione di carriera, bloccata da anni, e questa sentenza preoccupa non poco – interviene al riguardo il ricercatore di area medica Luigi Sivero, al suo terzo mandato come Senatore e per questo rimarrà in carica per soli due anni, il quale pone in evidenza le questioni vicine alla propria categoria – Come medici abbiamo l’obbligo di garantire ventisei ore settimanali di assistenza. Pertanto, resta pochissimo tempo da dedicare a didattica e ricerca. È urgente stabilire quale debba essere il nostro reale impegno nell’ambito dell’Azienda Policlinico”.
“Bisogna porre un fermo no alle richieste di proroga che giungeranno in Ateneo e, viste le non più floride condizioni economiche, sarà necessario mettere in campo azioni che destinino le risorse alle proposte di qualità – sottolinea il prof. Mario Varcamonti, rieletto nelle file degli associati (resterà in carica per soli tre anni, visto il periodo di rappresentanza già svolto), preoccupato, nonostante la grande partecipazione elettorale, dalla scarsa rappresentatività, nel nuovo Senato, dei ricercatori e degli stessi associati – Se si vuole dare davvero spazio a tutti è necessario impegnarsi maggiormente perché, mentre gli ordinari hanno occupato il massimo dei posti possibili, le altre componenti ne hanno occupato il minimo”.
Seppur sminuito nel suo ruolo dalla riforma universitaria, che promuove il ruolo del Consiglio di Amministrazione come organo deliberante, al Senato Accademico resta un ruolo di indirizzo estremamente importante, da valorizzare. “Da quando non ci sono più i Consigli di Facoltà, gli spazi per incontrarsi si sono ridotti. Il Senato Accademico resta l’ultimo baluardo della democrazia e tutti noi sentiamo un’enorme responsabilità – dice il prof. Antonino Squillace, eletto per gli associati, il quale, nonostante il giudizio complessivamente critico, spera di contribuire a dare piena attuazione alla riforma universitaria – Impone una visione verticistica dell’università che, in Ateneo, ha trovato piena attuazione. Pertanto, molto dipenderà dai regolamenti che dovranno dare piena autonomia ai Dipartimenti, dove resta ancora vivo il ricordo delle Facoltà, e stabilire il ruolo effettivo delle Scuole, in rapporto al centro ed ai Dipartimenti stessi. Mi auguro un dibattito sereno, che tenga conto delle tante anime di un Ateneo generalista e delle tante realtà che la nuova organizzazione ha prodotto. Nei contesti in cui il Dipartimento coincide con la vecchia Facoltà, la vita non è cambiata molto, ma in altre realtà, come da noi ad Ingegneria, gli scenari della vita quotidiana sono molto mutati”. Un pensiero per i giovani: “Gli ultimi concorsi veri risalgono al 2008. Stiamo assistendo ad un depauperamento, impressionante, di risorse e avvertiamo disperatamente il bisogno di nuove idee, della freschezza e dell’entusiasmo che i giovani sanno portare. Dovrà essere nostro compito utilizzare al meglio le risorse per garantire il ricambio generazionale, avendo il coraggio di premiare chi lavora meglio e sostenere i gruppi che stanno morendo. La proroga ai pensionandi rappresenta un costo vivo per l’Ateneo ed un ulteriore tappo al rinnovamento sul quale mi auguro che il Senato si esprima in maniera contraria”, conclude Squillace.
Il ricambio generazionale è in cima anche ai pensieri dei ricercatori Bruno Catalanotti e Roberto Fasanelli, firmatari di un documento scritto insieme al collega, non eletto, Francesco Giannino: “i giovani sono alla base di molti importanti risultati di ricerca, perciò dobbiamo riavviare il reclutamento. È difficile prevedere cosa sarà l’università italiana fra quattro anni, ma noi crediamo nel suo ruolo come bene pubblico ed abbiamo grande fiducia nelle persone elette, provenienti dai movimenti nati in questi anni di attacchi all’università. La prima battaglia sarà dunque volta a tenere in vita i principi della democrazia, a cominciare dalla trasparenza con gli elettori, e speriamo che il Senato Accademico torni ad essere l’organo che scrive i regolamenti. Negli ultimi anni non è sempre stato così”.
Tante le preoccupazioni anche per il futuro degli studenti. “Il Fondo di Finanziamento Ordinario impatta sull’offerta formativa che deve restare quella di un grande Ateneo generalista del Mezzogiorno – afferma il prof. Riccardo Viganò, ordinario di Economia Aziendale, che traccia subito le linee guida del suo programma – Negli ultimi ventiquattro mesi, in Italia, le iscrizioni all’università sono crollate, un segnale pessimo. Dal momento che le condizioni economiche non facilitano la mobilità studentesca, perché le famiglie non possono permettersi di mantenere un figlio altrove, è necessario evitare di stabilire numeri chiusi o programmati. Garantire un’offerta aperta a tutti significa intervenire sulla programmazione, in modo da andare incontro alle necessità dei giovani, ricercatori e dottorandi, senza alcuna copertura economica”.
Occhi puntati sui regolamenti per la didattica, da rendere operativi entro giugno: “i tempi di attuazione sono molto stretti e, nel passaggio fra un sistema di regolamenti e l’altro, restano sempre delle aree grigie – dice il prof. Francesco Palumbo, docente di Statistica, eletto per gli ordinari, che apre a nuove forme di dialogo, trasversali alle aree – Dovremo far colloquiare il Consiglio di Amministrazione ed il Senato Accademico che, in qualità di organismo di indirizzo e controllo, ha un ruolo importante”.
Simona Pasquale