Escursione a settembre (si spera) nei Pirenei spagnoli

Nella prima settimana di settembre si svolgerà un’escursione di cinque giorni nei Pirenei spagnoli. Prevede un numero limitato di partecipanti ed è aperta agli studenti della Laurea Magistrale e del terzo anno della Laurea Triennale.  L’avviso, pubblicato alcuni giorni fa sul sito del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse, nei tempi difficili della pandemia che stiamo attraversando, suscita almeno speranza che si possa prima o poi tornare a svolgere le attività che da sempre rappresentano uno dei momenti qualificanti della formazione dei giovani geologi. Le campagne sul campo, in sostanza, durante le quali ragazze e ragazzi sperimentano quel che forse faranno dopo la laurea, si mettono alla prova e fanno squadra. “Per adesso – precisa il prof. Stefano Tavani, docente di Geologia strutturale, promotore dell’escursione – prendiamo le prenotazioni. O, meglio, le manifestazioni di intenti, le disponibilità. In questo momento sarebbe prematuro dire con certezza che a settembre davvero potremo andare nei Pirenei. Nessuno ha la palla di vetro. Ci organizziamo, però, in maniera che se, come tutti ci auguriamo, il contesto lo permetterà, andremo lì. Già in passato ho coordinato alcune esperienze di campo con gli studenti su quelle montagne.  Per ora prendiamo le prenotazioni e pianifichiamo”. Quella dei Pirenei, sottolinea il prof. Tavani, “è una catena montuosa ideale per lo svolgimento delle attività didattiche sul campo”. Le quali, in questo anno di pandemia, sono state inevitabilmente quelle che hanno subito le maggiori limitazioni. Se i corsi a Geologia come in tutto l’Ateneo sono andati avanti tramite la didattica a distanza, ai geologi in formazione è certamente mancata la possibilità di lavorare sul campo. “Abbiamo approfittato – ricorda il docente – di ogni finestra utile, di ogni possibilità per recuperare in qualche modo queste esperienze. Nel rispetto, naturalmente, delle norme necessarie a prevenire il pericolo di contagio, a cominciare dal distanziamento. Quando siamo riusciti a partire, lo abbiamo fatto sistemando gli studenti in autobus pieni a metà. A settembre siamo andati sulle Alpi liguri e, a giudicare dalla risposta dei ragazzi, l’iniziativa è riuscita molto bene. Qualcosa, poi, è stata fatta in virtuale, ma certamente non è la stessa cosa. È dura. Mi dispiace molto perché l’esperienza sul campo è fondamentale. Un geologo senza di essa è come un medico che esce dall’Università senza che abbia mai messo piede in un reparto ospedaliero”. Sono esperienze che hanno caratteristiche particolari: i ragazzi vivono e lavorano insieme per cinque o sei giorni e vedono una serie di strutture geologiche. Imparano a fare rilevamenti con tecnologie, tablet e software dedicati. Testano le proprie capacità e sperimentano l’attitudine al lavoro di campo. Si cimentano, per esempio, nel produrre una carta ed un modello tridimensionale della geologia della zona. “Per raggiungere gli obiettivi – sottolinea il docente – bisogna lavorare molto, non è una esperienza di tutto riposo o una scampagnata. Servono solide conoscenze teoriche acquisite durante il Corso di Laurea, forti motivazioni, un minimo di preparazione fisica. Necessaria, quest’ultima, ad affrontare senza scoraggiarsi le lunghe camminate e le ore trascorse all’aperto. Capita, infatti, di restare in campagna anche fino alle sei di sera e poi, rientrati alla base, di dover riversare i dati raccolti al computer”. Conclude: “In genere sono sempre rimasto soddisfatto dei ragazzi e del lavoro che hanno svolto durante le campagne. Quando vengono messi alla prova danno il meglio. Se c’è un obiettivo chiaro e si danno loro tempi stabiliti si impegnano”. Appuntamento a settembre, dunque, incrociando le dita e sperando fortemente che stiano per arrivare tempi migliori.

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