Il climatologo Luca Mercalli inaugura il Laboratorio di Giornalismo

Riparte il Laboratorio di Giornalismo organizzato nell’ambito del Corso di Laurea Specialistica in Comunicazione Interculturale ma aperto a tutti gli studenti de L’Orientale. Ad inaugurare questo nuovo ciclo di incontri, promosso sempre dai professori Annamaria Valentino e Massimo Pettorino, è stato il 6 novembre Luca Mercalli, con una lezione su  “Comunicare la scienza. L’ambiente fuori dall’agenda politica”. Climatologo, Luca Mercalli si occupa principalmente di ricerca sulla storia del clima e dei ghiacciai delle Alpi occidentali. Attualmente presiede la Società Meteorologica Italiana, ha fondato e dirige la rivista di meteorologia Nimbus ed è molto attivo come divulgatore scientifico attraverso conferenze, articoli su quotidiani e riviste, pubblicazioni, apparizioni televisive (è ad esempio ospite fisso a Che tempo che fa). Sul profilo che appare sul sito della Rai, c’è scritto tra le altre cose: “Abita in Val di Susa, si scalda con legna e pannelli solari, coltiva l’orto e ama le biblioteche”. Da divulgatore di grande esperienza, Mercalli ha sempre promosso la diffusione a livello mediatico di informazioni corrette e approfondite riguardanti i temi ambientali e climatici; ed è proprio su questo punto che si è incentrato il suo intervento nel Laboratorio di Giornalismo. “Il clima e l’ambiente costituiscono un dominio scientifico vasto e complesso, fortemente interdisciplinare”, ha esordito il climatologo con gli studenti de L’Orientale. “Per studiare il clima sono necessarie soprattutto la fisica e la chimica; per l’ambiente bisogna aggiungere anche la biologia, la microbiologia, la botanica. Ma per diffondere l’allarme climatico sono indispensabili le scienze umane: giornalisti, psicologi, artisti che cerchino di diffondere i risultati della ricerca scientifica”. Perché anche se non rientra nelle competenze dei partecipanti ad un seminario di giornalismo saper elencare tutti i gas che compongono l’atmosfera terrestre o i processi biologici alla base della loro formazione, è però un dovere ormai per chiunque intenda occuparsi di informazione cercare di comprendere e diffondere per lo meno i punti essenziali degli studi più recenti sui cambiamenti climatici. “Per cominciare a sfatare un pregiudizio o un errore comune, il problema non è l’effetto serra in sé, che è un filtro naturale senza il quale la temperatura del pianeta sarebbe di -18°, ma la sua amplificazione causata dall’uomo. Un fenomeno già rilevato alla fine dell’800, al quale però, in pieno sviluppo industriale, non si dedicò molto interesse. Solo dopo la seconda guerra mondiale gli studi si fecero più numerosi e i modelli di studio più affidabili, fino ad arrivare alla fondazione dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) nel 1988”, l’organismo sovranazionale che si occupa di raccogliere i dati di tutti gli studi sui cambiamenti climatici, per fornire informazioni quanto più possibili oggettive ai politici e a tutti coloro che hanno potere di intervento in materia, e che ha promosso tra le altre cose il Protocollo di Kyoto. Continua Mercalli: “gli studi della calotta polare dell’Antartide – che hanno permesso di studiare la composizione dell’atmosfera a partire dalla comparsa dell’homo sapiens – hanno dimostrato che l’aumento della temperatura sta seguendo una crescita verticale mai registrata prima, che è cominciata proprio con l’inizio della società industriale. L’aumento del livello del mare sta continuando ormai al ritmo di 3 millimetri all’anno, il che vuol dire che intorno al 2100 sarà aumentato di un metro. In Olanda stanno rinforzando le dighe e si studia l’evoluzione dei ghiacciai; in Gran Bretagna stanno intervenendo sull’estuario del Tamigi; in Italia invece la strategia sembra essere: ‘speriamo che sia una bufala!’”. Mercalli alterna ironia e serietà, ma i dati che presenta ricordano a tutti che lo scenario è ben poco allegro. “A partire dalla combustione di carbone e petrolio cominciata con la rivoluzione industriale si è registrata una perturbazione del clima senza precedenti. E negli ultimi anni si sono aggiunte anche le economie asiatiche, che sono diventate sempre più l’ago della bilancia nella gestione delle risorse del pianeta”. In sostanza, continua il climatologo, “il futuro è diverso dalla storia che ci ha preceduto anche perché i numeri in gioco sono completamente diversi. E la nostra società non è elastica come quella dei 5 milioni di nomadi in tutto che popolavano la terra nel Neolitico, ed erano liberi di spostarsi se l’ambiente dove vivevano diventava sfavorevole.  In un secolo si è sciolto il 50% del ghiaccio delle Alpi e lo stesso è avvenuto nel resto del mondo; entro il 2060 ne avremo perso il 75% e la temperatura sarà aumentata di 2 gradi. Secondo i dati misurati da 150 anni, gli ultimi 20 anni sono stati i più caldi in assoluto e una parte consistente della banchisa polare è già sciolta. Modelli di laboratorio sempre più precisi ci permettono di dire con certezza che il ruolo dell’uomo, seppure unito a fattori naturali, non è stato affatto trascurabile in tutto questo”. Ma se lo scenario può apparire scoraggiante, è importante invece non perdere di vista gli obiettivi e le azioni concrete alle quali mirare, come singoli e come collettività: “la riduzione del consumo di suolo per costruzioni e cementificazioni e di petrolio. L’energia solare non può coprire ancora tutti i consumi, ma può sicuramente essere utilizzata per i fabbisogni domestici; ed è inevitabile una riduzione ed una razionalizzazione dei consumi energetici, sia per i privati che per le industrie. Per questo – conclude Mercalli – è fondamentale il ruolo dell’informazione: per dare l’input necessario ad avviare i cambiamenti”. 
Viola Sarnelli
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