Ethical food. Mangiare non si limita a riempire lo stomaco o a far godere le papille gustative se a tavola si siedono popoli attenti a come è stato ucciso l’animale dal quale deriva la carne che è nel piatto, popoli che si chiedono se le stoviglie nelle quali è stata cotta quella carne sono entrate in contatto precedentemente con il latte oppure se la bevanda nella brocca è fermentata. Esistono regole dettate da cultura, religione e tradizioni che vanno conosciute se si vuole interagire. Regole sempre più oggetto di interesse di un’opinione pubblica che, accanto alle certificazioni laiche tradizionali, vede apporre su alcuni prodotti quelle ‘etiche’. Di cosa si tratta? Se ne è parlato l’8 giugno al Dipartimento di Agraria, che ha riunito nella sala cinese di via Università (pubblico non esattamente da sold out, complice la concomitanza degli esami) docenti e rappresentanti del mondo ebraico e di quello islamico. “È importante che si studi un argomento del genere nella nostra Università. La corte di Federico II era un ambiente multiculturale e multietnico. L’evento di oggi è un modo anche per riscoprire il significato che il nostro fondatore ha voluto attribuire a un’Università laica”, ha commentato il Direttore del Dipartimento Matteo Lorito, dando il via alla discussione. Un focus su ciò che, secondo il Direttore del Dipartimento di Medicina Veterinaria Gaetano Oliva, è la “sacralità del cibo, che va ripresa ed è elemento di interazione fra le culture. Ci mette in comunione, a prescindere dalle diverse credenze”. Su sviluppo e aspetto economico, invece, si è soffermata la prof.ssa Maria Rosaria Carillo, docente di Economia all’Università Parthenope e Presidente dell’Associazione Scientifica Centro di Portici: “il food è elemento di integrazione. Le società non integrate vivono profondi conflitti che hanno un notevole impatto negativo sulla crescita della società stessa”. Kosher o non Kosher. Halal o non Halal. È questo il dilemma, la linea di demarcazione tra ciò che è lecito e cosa no quando si consuma un pasto. Lo hanno spiegato ospiti autorevoli. L’ing. Ariel Finzi, Rabbino della comunità ebraica: “nell’ebraismo il cibo occupa una posizione centrale. La tavola è considerata un altare”. C’è una motivazione profonda alle regole alimentari: “il fatto che un uomo mangi un essere vivente è un tema sul quale la religione non può non interrogarsi”. Una riflessione che nei secoli ha portato a delle precise norme. Ad esempio, “la carne deve essere trattata secondo macellazione rituale, che prevede l’eliminazione di tutto il sangue, considerato vita dell’animale”. O ancora, “le stoviglie
usate per la carne non possono essere utilizzate per il latte e viceversa”, salvo sottoporle a un processo di kasherizzazione con il quale “si rende Kosher una stoviglia non Kosher”. Attenzione ai materiali: “la porcellana non può essere kasherizzata. Il metallo sì, ma solo con la bollitura. Il vetro, invece,
basta lavarlo”. Non meno precisi i dettami dal versante islamico, presentati dal dott. Isa Nicola Benassi, socio fondatore di Halalitalia, ente italiano per la certificazione islamica: “Halal è tutto ciò che è lecito, cioè che non è dannoso alla salute spirituale del musulmano. Non riguarda solo l’alimentazione,
ma tutte le azioni che si compiono da un punto di vista religioso”. Noto il divieto di mangiare carne di maiale. Banditi in cucina anche “tutti gli animali predatori, gli insetti, gli animali che strisciano e alcune categorie di pesci”. Fornisce poi un dato: “dal 2009 al 2016 le aziende italiane che hanno la certificazione Halal sono passate da 5 a 123. Molte si certificano per esportare i propri prodotti nei paesi del Golfo e del Sud est asiatico”. Studi e approfondimenti sul tema sono già all’ordine del giorno ai Dipartimenti di Agraria, di Medicina Veterinaria e di Economia, Management e Istituzioni. Valori religiosi, prospettive di ricerca su Halal e Kosher, certificazioni e macellazione religiosa in Italia sono stati affrontati dai docenti federiciani Teresa Del Giudice, Valentina Della Corte, Luigi Cembalo e Raffaella Mercogliano, chiamati a salire sul palco dal moderatore di giornata, il Direttore della rivista ‘Shalom’ Giacomo Kahn. Chiusura con lo chef stellato Peppe Aversa che ha lanciato sul tavolo del dibattito spunti di riflessione in forma di domanda: “il tonno non è un animale? Eppure viene consumato tanto, come mai? Ho cucinato con cuochi ebrei provenienti da Italia e Belgio che non erano d’accordo tra loro su cosa fosse Kosher e cosa no. Non c’è una regola comune? Lo Shabbat – festa del riposo – durante il quale non si può usare il fuoco e non si
può cucinare è a norma nel sistema sanitario nazionale?”. Casi particolari sui quali ha dato delle risposte il Rabbino Finzi: “il pesce è un animale particolare. Il suo sangue non è considerato vita. Dare una spiegazione è difficile, ma è la regola”. Sulla cucina Kosher: “nell’ebraismo ci sono diverse comunità, ognuna ha i suoi usi, probabilmente lei si è confrontato con questo problema”. Chiusura affidata al prof. Giovanni Cicia, docente di Economia ed estimo rurale al Dipartimento di Agraria, che ha aperto spiragli per il futuro: “spero che quello di oggi sia il primo di numerosi incontri”.
usate per la carne non possono essere utilizzate per il latte e viceversa”, salvo sottoporle a un processo di kasherizzazione con il quale “si rende Kosher una stoviglia non Kosher”. Attenzione ai materiali: “la porcellana non può essere kasherizzata. Il metallo sì, ma solo con la bollitura. Il vetro, invece,
basta lavarlo”. Non meno precisi i dettami dal versante islamico, presentati dal dott. Isa Nicola Benassi, socio fondatore di Halalitalia, ente italiano per la certificazione islamica: “Halal è tutto ciò che è lecito, cioè che non è dannoso alla salute spirituale del musulmano. Non riguarda solo l’alimentazione,
ma tutte le azioni che si compiono da un punto di vista religioso”. Noto il divieto di mangiare carne di maiale. Banditi in cucina anche “tutti gli animali predatori, gli insetti, gli animali che strisciano e alcune categorie di pesci”. Fornisce poi un dato: “dal 2009 al 2016 le aziende italiane che hanno la certificazione Halal sono passate da 5 a 123. Molte si certificano per esportare i propri prodotti nei paesi del Golfo e del Sud est asiatico”. Studi e approfondimenti sul tema sono già all’ordine del giorno ai Dipartimenti di Agraria, di Medicina Veterinaria e di Economia, Management e Istituzioni. Valori religiosi, prospettive di ricerca su Halal e Kosher, certificazioni e macellazione religiosa in Italia sono stati affrontati dai docenti federiciani Teresa Del Giudice, Valentina Della Corte, Luigi Cembalo e Raffaella Mercogliano, chiamati a salire sul palco dal moderatore di giornata, il Direttore della rivista ‘Shalom’ Giacomo Kahn. Chiusura con lo chef stellato Peppe Aversa che ha lanciato sul tavolo del dibattito spunti di riflessione in forma di domanda: “il tonno non è un animale? Eppure viene consumato tanto, come mai? Ho cucinato con cuochi ebrei provenienti da Italia e Belgio che non erano d’accordo tra loro su cosa fosse Kosher e cosa no. Non c’è una regola comune? Lo Shabbat – festa del riposo – durante il quale non si può usare il fuoco e non si
può cucinare è a norma nel sistema sanitario nazionale?”. Casi particolari sui quali ha dato delle risposte il Rabbino Finzi: “il pesce è un animale particolare. Il suo sangue non è considerato vita. Dare una spiegazione è difficile, ma è la regola”. Sulla cucina Kosher: “nell’ebraismo ci sono diverse comunità, ognuna ha i suoi usi, probabilmente lei si è confrontato con questo problema”. Chiusura affidata al prof. Giovanni Cicia, docente di Economia ed estimo rurale al Dipartimento di Agraria, che ha aperto spiragli per il futuro: “spero che quello di oggi sia il primo di numerosi incontri”.