“Ho appena terminato una lezione. Bene, devo dire bene. Manca però sicuramente l’aula, la possibilità di guardare in volto lo studente. La piattaforma è abbastanza robusta. Consente di fare tante cose ed è positivo. Permette, però, di vedere solo quattro faccine per volta”. La prof.ssa Rita Mastrullo, docente di Fisica Tecnica, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Industriale, racconta ad Ateneapoli il 23 marzo la sua esperienza di professore ‘da remoto’, che si collega da casa con i suoi studenti e, in una grande aula virtuale, garantisce la continuità didattica nel periodo della epidemia di coronavirus. “Ho terminato di fare lezione ad un corso del secondo anno ed ho parlato più o meno con 120 persone. Sto collaborando e mi relaziono continuamente con altri due colleghi che condividono il corso con me. Produciamo materiale, ma la grossa limitazione è che essere fisicamente presente consente di adeguare velocità, ritmo e linguaggio allo studente. Insomma, di guidarlo. Riesco a farlo se vedo il ragazzo, la sua espressione, la sua perplessità. Magari noto da uno sguardo che c’è chi non ha afferrato e rallento. Fa parte della esperienza, degli attrezzi di un docente e consente di valorizzare ciascuno, non solo i più bravi, perché questi ultimi potrebbero perfino fare a meno di me. C’è una parte intermedia che si riesce a motivare di più con la presenza fisica e questo un po’ mi manca. Mi sento come un calciatore che gioca in uno stadio a porte chiuse, senza il pubblico. A lui mancano i tifosi per dare il meglio. A me i volti degli studenti per scandire al meglio tempi e ritmo della lezione”. Ciò detto, puntualizza la prof.ssa Mastrullo, “c’è del buono anche in questa esperienza dettata da una situazione di grave emergenza sanitaria. Ci ha costretti ad accelerare sulla strada della didattica innovativa. Per fortuna la Federico II non è partita da zero, perché è un percorso avviato già da tempo ed al quale sono stati destinati investimenti di risorse umane e finanziarie. Era una volontà forte del Rettore Manfredi ed è stata poi condivisa e sostenuta dal Rettore De Vivo, dopo che Manfredi è stato nominato Ministro”. Il lavoro agile da casa, quello che con abusata definizione inglese si definisce smart working, per la Direttrice Mastrullo è in realtà un impegno piuttosto gravoso. “Certamente – racconta – c’è un sovraffaticamento perché si finisce per lavorare ancora di più del solito, non si stacca mai, anche per governare questa fase molto complicata. Parlo per me, ma il discorso vale per i colleghi e per il personale tecnico-amministrativo. Devo ringraziare tutti i Coordinatori di Corso di Studio perché con Teams lavorano tutti insieme e si confrontano in ogni momento. Avere una linea guida condivisa è importante. Bisogna coordinarsi per non disorientare i ragazzi e per condividere le iniziative dei singoli e trasformarle in buone pratiche per tutti. Per fortuna siamo ad Ingegneria ed abbiamo le stesse specificità e le stesse esigenze. Ho creato un gruppo di Teams anche con i capiufficio del Dipartimento. Facciamo due riunioni. Una di prima mattina per organizzare il lavoro ed una nel primo pomeriggio per verificare il lavoro svolto. Ogni capoufficio nel corso della mattinata si coordina poi con il suo ufficio. Potrei farle vedere le mail ricevute ieri, nonostante fosse domenica, dal personale tecnico-amministrativo. Mi hanno mandato pratiche che stavano espletando ed al mio commento circa il fatto che lavorassero di domenica mi hanno detto che tanto dovevano stare a casa”.
“Porto un pizzico di regolarità agli studenti e alle loro famiglie”
Prosegue: “Su Teams si svolgeranno anche gli esami in calendario la prossima settimana. I docenti in commissione si collegheranno con l’esaminando e chiederanno prima di ogni cosa di inquadrare la scrivania per farci vedere che sta da solo. Ci deve essere un po’ di collaborazione anche da parte degli studenti, ovviamente. Deve farci capire che siamo lì per valutare lui e non un nucleo di amici. Devo dire che i ragazzi di Ingegneria hanno sempre mostrato di essere responsabili e spero che lo saranno anche in questa circostanza. Stanno avendo un comportamento serio. Si sono resi conto che l’Ateneo si sta adoperando affinché abbiano una continuità nel percorso formativo ed in questo sta dando anche continuità ad un modello di vita. Abbandonare un ragazzo, dirgli questo è il libro, studialo e poi ci sentiamo tra tre mesi non sarebbe stato bello. In un frangente così difficile io docente devo far capire al ragazzo che deve continuare, sia pure adeguando gli strumenti, a svolgere la sua vita universitaria. È un modo per guardare a domani”. Sottolinea la docente: “Non possono trascorrere la giornata ascoltando le statistiche dei contagiati e dei morti da mattina a sera. Devono continuare ad avere una progettualità: lezione, esercizio ed esame. Mi illudo di dare un contributo non solo perché insegno un po’ di Fisica Tecnica, ma perché porto un pizzico di regolarità alla vita dei miei studenti e delle loro famiglie”.