La scritta “dottore” sulla pergamena di laurea non è soltanto un vezzo. E il problema che si pone chi si è accorto della sua mancanza sulla propria pergamena non è soltanto formale. La pensa così l’avv. Ilvo Fiorentino, che sullo scorso numero di Ateneapoli ha raccontato di come si è accorto del fatto che alla figlia era stato “scippato il titolo di dottore”, dichiarandosi pronto a dare battaglia alla Federico II per vederselo restituire. Ma la pensa allo stesso modo anche Valerio Amato, laureato in Giurisprudenza alla Federico II col vecchio ordinamento, praticante avvocato, tra i pochi che, come l’avv. Fiorentino, è immediatamente rimasto colpito dalla “stranezza della pergamena ritirata in segreteria”. Anche a lui il Rettore ha “conferito la Laurea in Giurisprudenza” e non la “Laurea di dottore in Giurisprudenza”. Perché? Amato si è attivato per ottenere risposte, senza riuscire a trovarne di soddisfacenti. “Probabilmente sono stato il primo ad aver sollecitato, tre anni fa, l’attenzione sia delle cariche dirigenziali dell’Università federiciana, sia del Ministero dell’Università e ricerca, mediante l’invio di numerose diffide stragiudiziali”, dice. “Nessuno ha saputo addurre spiegazioni concludenti e l’impressione è che, dopo un primo momento di smarrimento e noncuranza, stiano considerando di aver sottovalutato il problema”. Perché, secondo Amato, si tratta di un vero e proprio problema. “La questione è di sostanza, non di forma”, prosegue, “e la sostanza risiede nel fatto che tra qualche anno le riforme che si sono susseguite e quelle che magari ancora verranno non consentiranno più, a chi legge la pergamena, di comprendere quale sia il percorso di studi seguito dai laureati”. Amato fa un esempio molto efficace: “la vicenda è sostanziale, sia sotto il profilo dell’uguaglianza di trattamento tra laureati che hanno seguito il medesimo percorso, sia delle eventuali perdite di chance che ne potrebbero discendere: la pergamena, pur non essendo un atto amministrativo come il certificato di laurea, è l’unico strumento, per il cliente di un avvocato, commercialista, ingegnere, per valutare l’attendibilità del suo operato (al di là della necessaria competenza). Basti pensare a due colleghi di studio che si sono laureati con medesimi esami e stesso percorso ed alla fine espongono titoli e qualifiche differenti. Non mi si può rispondere che sul certificato c’è scritto dottore, perché io sulla parete del mio studio espongo la pergamena, non il certificato”. Anche Amato si è trovato di fronte a una spiegazione che ritiene insoddisfacente. “Sembra che le università, ma forse non tutte, si siano adeguate ad una circolare emanata da un dirigente M.I.U.R., il dott. Masia, (la circolare suggeriva agli Atenei di eliminare la qualifica di dottore dalle pergamene per non ingenerare confusione tra i diversi ordinamenti, ndr). Ma per pacifico intendimento dei cultori del diritto, la circolare non assume alcuna forza normativa né tantomeno possiede l’idoneità a vincolare i destinatari quando, come nel caso di specie, viola diritti soggettivi, interessi legittimi ed addirittura è contraria a disposizioni aventi forza di legge come il D.M. 270/2004”. Tra una diffida e un’altra, qualcuno si è mosso? “Il Ministero, pur avendo la paternità della circolare, si dichiara incompetente e, per il principio dell’autonomia degli atenei, rimanda al Rettore la questione, mentre quest’ultimo non dimostra interesse e si dichiara incompetente a sua volta”. Secondo il praticante avvocato, a molti laureati sfugge la rilevanza del problema. “Moltissimi non se ne sono proprio accorti. Altri pensano che sia un particolare insignificante. Qualcuno mi ha detto che mi stavo fissando troppo su una sciocchezza, invece non è così. Ritengo che si debba insistere e far comprendere, in extrema ratio innanzi alle autorità giudiziarie competenti, che la violazione e l’abuso non sono, ribadisco, questioni formali…tutt’altro. Io non mi fermo, come negli ultimi tre anni e mezzo, e sto studiando, con il mio avvocato, le prossime mosse”.
A L’Orientale
il titolo di “dottore”
il titolo di “dottore”
Il principio dell’autonomia degli Atenei ha effettivamente il suo peso in questa vicenda, come abbiamo constatato contattando i dirigenti delle Ripartizioni e Segreterie Studenti degli altri atenei napoletani. Il dott. Vittorio Carpentiero, dirigente all’Orientale, dà assolutamente ragione a chi si è lamentato. “Ho letto attentamente l’articolo apparso sull’ultimo numero di Ateneapoli”, ci ha detto, “e penso che la ragazza che ha denunciato il fatto (Elvira, figlia dell’avv. Fiorentino, ndr) sia nel giusto. Noi sulle pergamene specifichiamo dottore per i laureati triennali e dottore magistrale per i laureati magistrali e per quelli del vecchio ordinamento”. Ciò perché il D.M. 270/2004 ha espressamente equiparato la qualifica rilasciata dai corsi del vecchio ordinamento a quella rilasciata dai corsi di laurea magistrali. Carpentiero aggiunge di più: “dopo aver letto l’articolo ho sollecitato la segreteria a modificare anche i certificati rilasciati, dove il distinguo tra dottore e dottore magistrale non veniva ancora fatto”. Diversa musica alla Parthenope, dove sulle pergamene del vecchio ordinamento è scritto dottore, mentre su quelle del nuovo è solo specificato se si tratta di laurea o di laurea specialistica. “Questo dipende dal fatto che siamo fermi alle pergamene delle lauree conferite con l’ordinamento del D.M. 509/99, che non prevedeva ancora la distinzione tra dottore e dottore magistrale”, spiega il sig. Michele Cataldi, capo ad interim della Segreteria Studenti. “A causa del cambio di denominazione dell’ateneo da Istituto Navale a Università Parthenope e della gara per modificare il logo, abbiamo perso un po’ di tempo e con le consegne siamo fermi al 2004. Per le lauree ai sensi del D.M. 270/2004 non sappiamo bene cosa scriveremo”. Alla Seconda Università pare che pergamene del vecchio ordinamento da consegnare non ce ne siano più, almeno secondo la versione del dott. Antongiulio Romano. “I nostri corsi sono tutti molto giovani. Sulle pergamene c’è scritto laurea o laurea magistrale, e non si è lamentato mai nessuno”.
Sara Pepe
Sara Pepe