Una bella soddisfazione per il Dipartimento di Giurisprudenza della Federico II con la vittoria dell’VIII edizione della International Roman Law Moot Court Competition, la simulazione processuale in diritto romano giustinianeo che vede sfidarsi 8 squadre di studenti provenienti da altrettante prestigiose Università europee. Vienna, Trier ed Atene, le prime avversarie dei giuristi federiciani ai preliminari. Nello splendido scenario di Castello Giusso di Vico Equense, i ragazzi si sono dati battaglia a suon di arringhe in lingua inglese, in una tre giorni (dal 15 al 18 aprile) davvero indimenticabile. “È la nostra prima vittoria in sette anni di competizione – commenta la prof.ssa Carla Masi Doria, docente di Storia del diritto romano e coordinatrice della manifestazione – Sono molto fiera del risultato raggiunto. I ragazzi sono stati molto bravi, imponendosi con grinta e determinazione”. Battere in semifinale Oxford sembrava difficile, arrivare alla Grand Final e scontrarsi con Cambridge è stata, a detta degli studenti, ‘una botta di adrenalina incredibile’. “La finale si è svolta alle Terme Stabiane di Pompei – spiega la docente – Un luogo riservato e bellissimo che, grazie alla collaborazione del professore di Archeologia Massimo Osanna (Soprintendente agli scavi), è diventato scenario della simulazione. Incontrare Cambridge ha dato vita ad una giornata molto intensa. Ci sentivamo un po’ svantaggiati per via della lingua, eppure i nostri studenti sono stati bravissimi”. Convincere una giuria dal carattere internazionale non è stato semplice. Occuparsi di una causa di diritto successorio romano, in ambito giustinianeo, con fonti solo comparabili al mondo giuridico odierno, ha richiesto uno studio eccezionale. “I ragazzi si sono impegnati tantissimo per più di tre mesi, lavorando in uno spirito di gruppo senza precedenti. Seppur svantaggiati dalla lingua, eravamo di sicuro i più preparati a livello giuridico. Abbiamo vinto per la nostra formazione didattica, innovativa e al contempo fortificata dalla tradizione”. Gli studenti si sono aggiudicati anche un altro premio per la Migliore Argomentazione Giuridica del caso: “è stato quasi commovente vedere i ragazzi così felici per i vari riconoscimenti ottenuti. Al di là dei premi, in un sistema didattico teorico come il nostro, ben vengano queste occasioni pratiche. Mettersi nei panni dell’avvocato, scrivere un’arringa, saper dibattere e cercare una contro-risposta fa crescere non solo come studenti, ma come persone”. Sarà per questo che il prossimo anno (la manifestazione si terrà a Vienna), la Federico II scenderà di nuovo in campo: “I ragazzi vanno motivati e spinti all’esercizio giuridico costante. Vederli appassionati – conclude la docente – è il più bel regalo che si possa avere nella propria esperienza formativa”.
L’arma vincente “la teatralità”
La squadra vincitrice è composta da 4 studenti, tutti al secondo anno di Giurisprudenza. “Volevo sperimentare qualcosa di pratico, così ho partecipato ai colloqui di ammissione”, racconta Mariachiara Golia che ha apprezzato dell’iniziativa anche la “possibilità di incontrare persone con diverse culture”. La cosa che ha stupito la studentessa: “i ragazzi delle altre Università svolgono 6-7 simulazioni l’anno, numero impensabile per il nostro Corso di Laurea. Eppure questi confronti danno tante possibilità. Ho scoperto il lavoro di squadra, in contesti simili si esce dall’individualismo per mettersi a disposizione di tutti”. Le difficoltà: “Interpretare attore e convenuto insieme. Davanti alla Corte c’era molta teatralità nell’esposizione, è stato bello ma duro. Occorreva rivolgersi ai giudici con estrema formalità. Per il resto, l’aspetto emozionale mi ha coinvolto totalmente, ho visto l’Università con occhi diversi, un luogo fatto di affetti e relazioni, anche con i docenti”. In futuro: “Spero di occuparmi di diritti umani a livello internazionale”. Ha vinto il secondo premio come Best Oralist, Maria Teresa Carotenuto: “Una soddisfazione in più che si aggiunge alle altre”, commenta la studentessa. E sottolinea: “Ho partecipato perché volevo mettermi in gioco, ma non pensavo che fosse necessario uno studio così intenso. Ho studiato per mesi come se stessi preparando un esame, con il timore di non riuscire a comprendere una domanda o di non essere all’altezza degli altri”. Eppure, i risultati hanno dimostrato ben altro: “Senza l’aiuto dei nostri docenti non avremmo vinto e, indipendentemente dal risultato, è stata un’esperienza bellissima che mi ha fatto conoscere un nuovo modo di fare università. Per la prima volta a Giurisprudenza mi sono sentita a casa. Avevamo una stanza nostra in cui stare per esercitarci, sono cresciuta tanto ed il merito di tutto va alla squadra”. Un consiglio: “Senza l’inglese non si va da nessuna parte. La lingua è presupposto essenziale per la partecipazione, la sua conoscenza si dà quasi per scontata”. Una speranza: “che quest’opportunità sia di peso nel mio curriculum internazionale. La simulazione mi ha fatto conoscere tanta gente, mi auguro di proseguire su questa strada”.
La difficoltà maggiore Chiara Castaldo l’ha vissuta durante la preparazione. “Mi era stato chiesto di scrivere in inglese la mia memoria difensiva – racconta – In quel momento sono andata in panico, al secondo anno non sapevo nemmeno come si scrivesse in italiano, figuriamoci in inglese. Così è partito uno studio durissimo fatto di terminologie giuridiche che nemmeno conoscevo, un lavoraccio che però mi ha fortificato. Grazie alla simulazione, ho maggiore fiducia nelle mie capacità”. Quella che secondo Chiara è stata l’arma vincente della squadra: “La teatralità dell’esposizione, che di certo mancava nelle altre fazioni. Tutti noi non ci siamo limitati solo a leggere. Davanti ai giudici abbiamo interpretato il discorso, in modo retorico e con convinzione. All’inizio per me è stato difficile, poi ho preso coraggio e mi sono lanciata nell’avventura. Mi sono confrontata con ragazzi che conoscono 4-5 lingue, eppure il mio modo di pormi era ottimo”. E per il futuro: “Spero nella carriera diplomatica, dopotutto ora ho nuovi contatti esteri, che credo sfrutterò nei prossimi mesi”. Per Marco Auciello quest’esperienza è stata: “un tassello in più da inserire nel mio curriculum lavorativo. Dell’avventura posso dire solo cose belle, anche se non nego che ci siano stati momenti di sconforto, soprattutto quando in finale abbiamo incontrato Cambridge”. Dopo un attimo di panico: “ho iniziato a parlare inglese e tutto è sembrato più chiaro. Quando sei di fronte alla giuria, occorre tanto coraggio e un pizzico di sfrontatezza”. La simulazione: “mi ha fatto capire com’è piccolo il mondo per chi vede l’università come un esamificio. Definire il percorso in questo modo è riduttivo e mortificante, uccidiamo la nostra intelligenza e la capacità di migliorare, quando rinunciamo a metterci in gioco”. Per questo: “ripeterei il processo simulato altre 1000 volte, con la speranza che ci siano sempre maggiori possibilità di questo genere”.
Susy Lubrano
La difficoltà maggiore Chiara Castaldo l’ha vissuta durante la preparazione. “Mi era stato chiesto di scrivere in inglese la mia memoria difensiva – racconta – In quel momento sono andata in panico, al secondo anno non sapevo nemmeno come si scrivesse in italiano, figuriamoci in inglese. Così è partito uno studio durissimo fatto di terminologie giuridiche che nemmeno conoscevo, un lavoraccio che però mi ha fortificato. Grazie alla simulazione, ho maggiore fiducia nelle mie capacità”. Quella che secondo Chiara è stata l’arma vincente della squadra: “La teatralità dell’esposizione, che di certo mancava nelle altre fazioni. Tutti noi non ci siamo limitati solo a leggere. Davanti ai giudici abbiamo interpretato il discorso, in modo retorico e con convinzione. All’inizio per me è stato difficile, poi ho preso coraggio e mi sono lanciata nell’avventura. Mi sono confrontata con ragazzi che conoscono 4-5 lingue, eppure il mio modo di pormi era ottimo”. E per il futuro: “Spero nella carriera diplomatica, dopotutto ora ho nuovi contatti esteri, che credo sfrutterò nei prossimi mesi”. Per Marco Auciello quest’esperienza è stata: “un tassello in più da inserire nel mio curriculum lavorativo. Dell’avventura posso dire solo cose belle, anche se non nego che ci siano stati momenti di sconforto, soprattutto quando in finale abbiamo incontrato Cambridge”. Dopo un attimo di panico: “ho iniziato a parlare inglese e tutto è sembrato più chiaro. Quando sei di fronte alla giuria, occorre tanto coraggio e un pizzico di sfrontatezza”. La simulazione: “mi ha fatto capire com’è piccolo il mondo per chi vede l’università come un esamificio. Definire il percorso in questo modo è riduttivo e mortificante, uccidiamo la nostra intelligenza e la capacità di migliorare, quando rinunciamo a metterci in gioco”. Per questo: “ripeterei il processo simulato altre 1000 volte, con la speranza che ci siano sempre maggiori possibilità di questo genere”.
Susy Lubrano