La squadra partenopea cede allo strapotere del team di Oxford

Si è tenuta ad Eupen, cittadina germanofona del Belgio, l’XI edizione dell’International Roman Law Moot Court Competition, la simulazione processuale in diritto romano tenuta da studenti di diverse Università europee. Dall’11 al 15 aprile la squadra federiciana, composta da quattro studenti del secondo anno, ha vissuto una full immersion in dibattiti processuali, oratorie da attore e convenuto, innanzi ad una giuria di forte prestigio. Indossate le toghe, gli studenti non hanno risparmiato entusiasmo e risorse. Purtroppo non è bastato. La squadra non si è qualificata oltre la fase preliminare. “La nostra sfortuna è stata quella di gareggiare due volte di seguito con Oxford, il team che poi ha vinto la simulazione – racconta Antonio Mariconda – Gli inglesi, essendo madrelingua, hanno una maggiore padronanza nell’esposizione e questo ha giocato a loro favore”. Nonostante il risultato non proprio brillante: “Sono contento di aver partecipato. Queste esperienze non appartengono alla nostra quotidianità universitaria, applicare direttamente il diritto al caso concreto mi ha affascinato”. Inoltre: “Ho potuto sperimentare la vita della ‘comunità’ del diritto romano. Con loro si lavora bene e in tranquillità, mi hanno insegnato tanto. Credo infatti che lo svantaggio sia stato non nella preparazione, ma nella padronanza dei gesti, delle modalità di svolgimento e della lingua che le altre squadre possedevano”. Non deve essere stato facile preparare il caso di diritto romano e al contempo studiare per la sessione invernale: “C’erano incontri settimanali ai quali occorreva dedicare tempo. Sicuramente la preparazione degli esami è stata più problematica. Però ne è valsa la pena. Rifarei ancora questi sacrifici”. Per Francesca Gabriele la spinta a partecipare è derivata dall’amore per il diritto romano: “È stato bello studiare questa materia in modo diverso. Rispetto al corso o al manuale c’è stato uno studio più approfondito delle fonti, dei Digesta, argomenti interessanti. Da parte nostra c’è stato tanto lavoro a partire da ottobre, purtroppo la scarsa esperienza ci ha remato contro”. Eppure dal confronto “c’è sempre da imparare. Abbiamo appreso tanto dalle altre squadre in gara. Certo, se un giudice pone una domanda in inglese, a noi italiani, vista la tecnicità del linguaggio, occorre più tempo per capire e rispondere. Ma non ci siamo scoraggiati, abbiamo colmato le debolezze con la preparazione e vinto l’insicurezza di parlare in pubblico”. Francesca spera in altre occasioni del genere, magari che vertano su altre discipline: “Ho scoperto che il confronto con gli altri Paesi mi piace tantissimo”. Per Michele Mastroberti trovarsi in sede processuale è stato il culmine del percorso intrapreso: “Dibattere innanzi a professori che hanno trascorso la loro vita a studiare il diritto romano è stata la parte più bella. L’esperienza in sè è molto ricca, è pur sempre una gara dove si vince o si perde. Non mi rammarico delle nostre prestazioni che sono state ottime”. Dalla simulazione: “Si torna con la voglia di fare tante cose, con un bagaglio arricchito e la conoscenza di nuove persone”. Nonostante i sacrifici, “l’esperienza ci è servita per fare ricerca in campo giurisprudenziale. Abbiamo capito cosa vuol dire avere il caso fra le mani, affrontare una controparte e saper rispondere citando le fonti del diritto”. Francesca Manfredi sottolinea come l’esperienza sia stata formativa sotto il profilo dell’apprendimento dell’inglese giuridico. Quello che è mancato alla squadra? “La spigliatezza, gli altri erano più abituati al confronto e si è notato”. Scegliere di partecipare per la studentessa è stato naturale: “Mi ha spinto l’interesse per la materia e il bel ricordo che mi ha lasciato il corso, oltre alla voglia di sperimentare qualcosa di nuovo e di stampo internazionalistico.  L’ambito diplomatico mi affascina”.
Gli studenti “sono stati molto bravi”, afferma la prof.ssa Carla Masi, docente di Storia del diritto romano, che ha accompagnato i ragazzi nel percorso.  “Anche se non sono passati in finale, sono soddisfatta del loro operato. I casi studiati sono stati molto simpatici (il primo riguardava la proprietà di un animale ibrido nato da una scrofa e un cinghiale selvatico e l’altro di un commilitone coinvolto in un incendio dopo una notte di bagordi) e la simulazione ha dato buoni frutti”, conclude la docente.
Susy Lubrano
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