Laureandi e dottorandi: una interfaccia solare e accogliente

Hanno solo pochi anni in più degli studenti medi che invadono le sedi accademiche per l’Open Day. Portano ancora addosso le cicatrici delle ferite inferte dalle fatiche universitarie, ma in loro è ancora vivo il ricordo dei dubbi e dei timori per il futuro. Sono i laureandi, i dottorandi e i ricercatori agli inizi della carriera, coinvolti nella manifestazione di orientamento. Una interfaccia solare e accogliente, a cui rivolgere domande schiette, magari anche scomode. Ilaria Sorrentino e Andrea Maria Guarino, 28 e 25 anni, sono al secondo anno di Dottorato in Biotecnologie Molecolari e Industriali e accolgono il pubblico nell’aula allestita per gli incontri del Corso. “Bisogna avere le idee chiare e non avere paura dei propri desideri. Questo percorso non è un ripiego rispetto a Medicina, perché ha una propria identità”, avvertono. E raccontano la figura ibrida del biotecnologo, a metà fra un biologo e un ingegnere, ma in grado di relazionarsi con molti altri profili scientifici: “La nostra trasversalità deriva dalla capacità di parlare lingue diverse”. Genetica, impiantistica, mondo vegetale. I settori di interesse sono molteplici. “É
stato quello che mi ha invogliato a specializzarmi in questo ramo – sottolinea Ilaria, approdata al Dottorato in Biotecnologie dopo la Laurea Magistrale in Chimica – Si devono avere le idee chiare, ma la propria strada si può trovare in tanti modi e con la volontà si può arrivare dove si vuole”. “Mi sono appassionato alla Genetica, in particolare alle tecniche di ricombinazione, e volevo studiare in un contesto che rappresentasse il futuro”, aggiunge Andrea. Ai più giovani raccomanda di leggere, informarsi, studiare attentamente i programmi dei Corsi di Laurea e
parlare con i professori e gli studenti più grandi. Giovanni Di Mauro, 25 anni, laureando Magistrale in Chimica, è l’esempio di come una brillante carriera accademica possa cominciare sotto una stella non proprio luminosa. Iscritto a Chimica una prima volta, abbandona l’università dopo un mese per trasferirsi a Londra a lavorare come barman per due anni, prima di decidere di tornare a studiare Chimica a Napoli: “attribuisco molta importanza al mio lavoro di studente, lo considero un onore e ne sono orgoglioso. Sentivo di non essere ben focalizzato e non volevo ritrovarmi a dare un esame all’anno, senza avere un obiettivo preciso. Il periodo trascorso all’estero mi ha aiutato a chiarirmi. Quando sono tornato, sapevo che questa era la scelta giusta per me e sono riuscito a trovare un mio metodo”. Ha cercato di diversificare le proprie esperienze svolgendo la tesi triennale in azienda e trascorrendo un periodo di ricerca a Vienna, durante l’Erasmus: “avevo già deciso di proseguire con il Dottorato, ma il confronto fra le due esperienze mi ha convinto a seguire la strada della ricerca universitaria, piuttosto che quella aziendale, per spaziare di più”. Il suo consiglio: “l’università è un posto per acquisire conoscenza, non un mezzo per trovare lavoro. Fate le vostre scelte in funzione di passioni che possano diventare un lavoro”. Andrea Bolinesi è un dottorando in Biologia che ha partecipato a due campagne oceanografiche in Antartide. Dopo il liceo ha lavorato per quattro anni presso la compagnia di charter di un amico di famiglia: “non ho mai brillato durante gli anni del liceo, venivo sempre promosso con un paio di debiti e avevo un rapporto conflittuale con i compagni e i professori. Ci ho messo un po’ per capire cosa volessi fare”. Chiara Amitrano, 24 anni, sta svolgendo un tirocinio post laurea
in Biosicurezza. Prima di iscriversi a Biologia, ha sostenuto le prove di ammissione anche a Biotecnologie e Chimica: “mi sono sempre piaciute le applicazioni della Matematica e della Fisica. Quando mi sono immatricolata,
ho scelto il Corso che mi sembrava più completo, con l’idea di seguire l’indirizzo fisiopatologico. Poi mi sono appassionata all’ecologia e all’ambiente. Sono convinta che si debba seguire la passione, perché senza quella cinque anni sono pesanti, e ci si deve impegnare fin dai primi giorni a trovare un proprio metodo di studio. È la cosa più difficile dell’inizio, perché la scuola non ti prepara per l’impatto”. Valeria Maselli è una giovane zoologa
del Dipartimento di Biologia da poco entrata in organico. Dopo un lungo lavoro su polpi e cefalopodi, si sta occupando di animali selvatici come lupi, cinghiali e orsi: “penso che all’inizio sia difficile sapere con precisione cosa si voglia fare, ma è importante essere eccellenti nel proprio lavoro, qualunque esso sia, perché la competizione è molto forte. Infine, chi studia in inglese, ha una marcia in più”. Anna Zanfardino è una ricercatrice di Microbiologia ed ha svolto uno dei laboratori rivolti ai ragazzi in visita, facendo maneggiare loro provette, pipette e microscopio: “ci siamo limitati a degli argomenti basilari e di facile approccio. Ci hanno posto molte domande sulla carriera e le prospettive. La Federico II è un’istituzione che prepara molto bene i suoi allievi, però l’inserimento deve essere ancora un po’ curato. Per ovviare a questo scoglio, si deve cercare di essere quanto più competenti possibile”.
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