Le finalità di Pramana

Un gruppo nato grazie alla volontà di “veicolare un’immagine meno distorta e fasulla dell’India, un grande Paese dimenticato”, racconta Luca, laureatosi in Lingue e Civiltà Orientali lo scorso luglio e costantemente impegnato nella ricerca sui temi dell’antropologia medica rapportata alle nuove tecnologie nel contesto indiano. Quando si parla di Asia, immediatamente si pensa alla Cina, al Giappone e alla Corea, laddove “l’India appare nell’immaginario collettivo come un luogo povero, dedito alle sole pratiche spirituali, tra santoni e yoga: uno stereotipo monolitico mediato dalle rappresentazioni dei media occidentali, sulla scia dell’approccio turistico o di film alla ‘mangia, prega, ama’, insopportabile per chi questa cultura la studia da diversi anni”. Tre in tutto i soci fondatori ad aver creduto sin dall’inizio nel progetto: Luca Amirante, Antonella Pica e Annalisa Bocchetti. Al loro fianco, tutto il gruppo degli studenti di hindi “contribuisce a dare una mano significativa nella logistica, nella comunicazione e organizzazione, portando ognuno le proprie competenze per amore della condivisione”. Tutto è nato circa un anno fa. L’etimologia di ‘pramana’ (acronimo di ‘Polo di Ricerca sull’Asia meridionale a Napoli’), nome dell’associazione, deriva, in particolare, dal sanscrito. E “denota, letteralmente, un mezzo conoscitivo. Ci è sembrato perfetto per descrivere ‘in termini indiani’ l’impegno che mettiamo nel nostro ruolo di mediatori, tanto più quando si tratta di una cultura che non smette mai di sorprenderci”, spiega Annalisa, dottoranda specializzata in studi filologici-letterari presso il Dipartimento di Asia, Africa e Mediterraneo. Del resto, a Napoli manca un Centro di Studi che si occupi di queste tematiche, proprio in una città dove – continua Annalisa – “si è consolidata nel tempo una cospicua comunità indiana, oltre a quella pakistana o bangladeshi, talvolta anche stabile: gente di ogni professione, dal ristoratore di fast food allo studente di medicina”. Perciò, riprende Luca, “abbiamo iniziato a elaborare la nostra proposta e a raccogliere le firme tra gli studenti, con il prezioso appoggio della prof.ssa di hindi, Stefania Cavaliere. Siamo rimasti piacevolmente sorpresi a scoprire poi che ce l’avevamo fatta”. Già dall’anno scorso, in occasione del primo Festival, “abbiamo accolto la nuova avventura come una sfida personale, perché crediamo sia importantissimo, per uno studente di lingue, fare il possibile per far conoscere la cultura che studia”, dice Antonella, iscritta al secondo anno della Magistrale in Lingue e Culture dell’Asia e dell’Africa. Un lavoro che continuerà nei prossimi mesi, dicono i tre giovani, nella speranza di “rafforzare le collaborazioni con i partner e ottenere maggiore continuità in queste iniziative organizzando più di un appuntamento all’anno. Sarebbe un sogno realizzato espandere il nostro polo culturale a tutto il Sud-est asiatico, abbracciando le culture di Paesi come Malesia, il Vietnam e la Thailandia”.
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