Luigi e Mario, primi tirocinanti italiani in un’azienda tedesca che produce robot industriali

Primi tirocinanti italiani dell’azienda tedesca Kuka GmbH. Sono Luigi Tecchia e Mario Daniele Fiore, due studenti al secondo anno di Magistrale in Ingegneria Informatica della Seconda Università, che hanno seguito il corso di Robotica con il prof. Ciro Natale. “Da noi è obbligatorio un tirocinio da sei crediti in azienda. Per quattro miei ragazzi ho scelto quella di Augsburg, con apparecchiature all’avanguardia, leader nella produzione dei robot industriali. Con questa la nostra Università collabora per i progetti Saphari ed Euroc, di interazione fisica uomo-robot. Ne sono stati selezionati due con la media del 29, tramite colloquio in inglese e curriculum esami”, spiega il docente. Partiti a fine giugno, hanno svolto sei mesi di tirocinio pagati 750 euro al mese: “l’azienda è rimasta così soddisfatta da proporre loro di tornare a lavorare per la tesi, sempre retribuiti, perché la legge le vieta tirocinanti che lavorano gratis”.
I due ragazzi, entusiasti per l’esperienza e la disponibilità dei colleghi e tutor tedeschi, raccontano il nuovo stile di vita, che da giugno a Natale li ha proiettati in una realtà alternativa, dove, nonostante la lontananza dagli affetti, sarebbero rimasti volentieri a lungo, e non è detto che non vi ritornino per restarci. “In azienda potevamo esprimerci solo in inglese, per essere compresi, quindi una buona padronanza della lingua è stata determinante anche al colloquio preliminare. Inizialmente eravamo un po’ preoccupati per noie burocratiche: aprirsi un conto lì per lo stipendio, assicurazione sul lavoro e simili”, racconta Luigi. Le difficoltà iniziali sono state facilmente superate: “perché fortunatamente avevamo già l’alloggio, trovato da Napoli grazie al gruppo facebook ‘italiani ad Augsburg”. La cosa che li ha colpiti maggiormente: “ci pagano per la formazione. Investono nella ricerca, affidata all’azienda stessa, non a strutture esterne. Un investimento che non ritorna immediatamente, ma a lungo termine produce ottimi risultati, dovrebbero capirlo anche in Italia”. Stupito anche dalla flessibilità sul lavoro: “l’orario è di otto ore al giorno, abbiamo un badge, ma non sono fiscali: se un giorno preferisci lavorare sei ore, basta che recuperi quando puoi. L’azienda è sempre aperta, così non diventi schiavo del tuo lavoro”. Luigi ha operato nel team di safety: “la nuova tipologia di robot industriali lavora a stretto contatto con l’uomo. Condividendo lo stesso spazio, nascono ovviamente problemi di sicurezza, in quanto un robot con un carico di 15 chili, alla velocità di un metro al secondo, potrebbe travolgere una persona. Io mi occupavo di prevenire la collisione”. In laboratorio giovani da tutto il mondo: “il leader ha al massimo quarant’anni. Non manca niente come attrezzature, il trattamento è ottimo e il clima tedesco non impossibile. C’è un grigiore perenne a cui bisogna abituarsi, ma il gioco vale la candela”.
Mario ha lavorato invece sull’inversione cinematica: “dovevo pianificare i percorsi del robot, ovvero capire come può muovere i giunti, partendo da una traiettoria calcolata su uno spazio cartesiano. Grazie all’algoritmo click, tecnica numerica studiata al mio corso di robotica, ho dato un contributo fondamentale per risolvere in maniera ottimale il problema della ridondanza”. Si ritiene molto soddisfatto: “mi hanno dato fiducia e responsabilità, nonostante fossi un tirocinante, l’ideale per chi vuole continuare la ricerca nel campo”. Di sicuro Mario vi tornerà per la tesi, ma anche alla SUN si è trovato bene: “i docenti stimolano e sono disponibili a risolvere le difficoltà che incontri durante il percorso. Non è un Ateneo grande, ma ha i suoi vantaggi: si viene seguiti meglio”. Il brillante iter che ha portato lo studente alla Laurea Triennale in Elettronica con lode, per poi proseguire la Magistrale con la media del 29, “non sarebbe stato possibile, se non avessi amato ciò che faccio. All’Università, come in ambito lavorativo, ci vuole impegno, forza di volontà, ma soprattutto passione. Dal secondo anno di Triennale ho capito che il mio campo era l’automazione: applicazione più sorprendente della robotica. Per questo alla Magistrale ho cambiato indirizzo, passando da Elettronica ad Informatica”.
Allegra Taglialatela
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