Molestie e stalking: un Laboratorio sugli aspetti socio-giuridici per scardinare gli stereotipi

“Contrariamente a quanto i media riportano, il fenomeno dello stalking non ha subìto un aumento”, afferma la prof.ssa Marialaura Cunzio, titolare della cattedra di Criminologia dal 2005 (prima coperta dal prof. Silvio Lugnano),  nei Corsi di Laurea in Scienze della Comunicazione, Scienze e Tecniche di Psicologia Cognitiva e, da quest’anno, anche in Scienze dell’Educazione, dove l’insegnamento è obbligatorio.
“Il Suor Orsola concede tanta autonomia ai propri docenti nello scegliere il proprio ambito di interesse, di studio e di ricerca, così, quando mi è stato chiesto dall’Ateneo di proporre dei laboratori, ho indicato al Consiglio di Dipartimento ‘Aspetti socio-giuridici delle molestie e dello stalking’, che è stato approvato ed è diretto agli studenti del secondo anno di Scienze dell’Educazione”. La docente, che è laureata alla Federico II in Lettere Moderne, tesi di laurea in Storia Contemporanea con Francesco Barbagallo,  porta avanti da tempo un programma di studio volto a sfatare degli stereotipi che involontariamente, o per leggerezza, sono veicolati dai media e assorbiti dagli studenti. Il Laboratorio mira infatti a destrutturare la loro opinione in merito a certi comportamenti criminali nel modo in cui l’hanno digerita attraverso i media. “Non è aumentato in senso statistico il reato, ma la sensibilità e l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media intorno a questi fenomeni. Fino a un ventennio fa riconducevamo un certo tipo di fenomeni ad altre fattispecie delittuose come le molestie o le minacce, facevamo più fatica a ricondurle alla specifica fenomenologia dello stalking così come poi il nostro ordinamento l’ha introdotta e recepita”, spiega la prof.ssa Cunzio. Poi sottolinea: “prima c’era una resistenza maggiore da parte delle vittime a denunciare, quindi il fenomeno è stato a lungo decisamente sottostimato, ‘oscuro’ in termini criminologici, ma non è assolutamente aumentato. Il legislatore si è reso conto che occorreva intervenire con una normativa ad hoc perché quella precedentemente adoperata per la denuncia non era più sufficiente ad incidere sul fenomeno”. Non a caso la docente definisce lo stalking un fenomeno “socio-giuridico”, dal momento che il legislatore italiano, molto in ritardo rispetto ad altri paesi europei, è stato sollecitato a intervenire dal clamore e dalla forte reazione emotiva che determinati casi hanno provocato, fornendo una risposta giuridica consona alla gravità con la quale questo tipo di comportamenti erano vissuti e percepiti anche dall’opinione pubblica. “Diversamente a quanto accaduto negli Stati Uniti, dove questo tipo di reato è stato regolamentato solo in seguito a casi particolarmente efferati riguardanti dei vip, in Italia è avvenuto il contrario. L’attenzione, infatti, non è stata richiamata da personaggi famosi ma da persone comuni, donne comuni che, molto spesso, anche a seguito di reiterate denunce per molestie, non hanno ricevuto una risposta istituzionale abbastanza forte ma decisamente scoraggiante, portando ad aggravare inevitabilmente la situazione”. È stata quindi una reazione sociale innestata su un ritardo del nostro Paese a recepire questa istanza e maturare una risposta giuridica più puntuale da parte del legislatore.
A questo punto la docente puntualizza la differenza fondamentale che intercorre tra stalking e molestia, che si trova non tanto nella definizione del comportamento quanto nella possibilità che il legislatore concede alle istituzioni di intervenire prontamente e tempestivamente per contrastare il fenomeno. Giuridicamente parlando, la molestia è un reato di pericolo non necessariamente abituale, mentre lo stalking è una molestia assillante e reiterata nel tempo che genera uno stato di perdurante ansia tale da alterare e compromettere lo stile di vita di chi ne è vittima, causando non una violenza fisica ma una costante sensazione di minaccia e di sentirsi spiati, osservati, pedinati. La maggior parte delle volte, lo stalking è una situazione che coinvolge due soggetti che sono legati da un rapporto interpersonale che può essere sentimentale, erotico, ma anche professionale, soprattutto nelle professioni di cura (come medico e paziente).
L’articolazione del Laboratorio. Una prima fase si incentra su un dialogo con gli studenti volto a scardinare alcuni stereotipi di genere (ad esempio che la donna sia unica vittima), dal momento che l’Ateneo ha una popolazione studentesca prevalentemente femminile, attraverso l’analisi e il confronto di alcuni materiali come videointerviste e trasmissioni. “Sta emergendo sempre più prepotentemente anche una componente maschile nel ruolo di vittima, da sempre molto misconosciuta e ridimensionata per una atavica paura dell’uomo a mostrarsi fragile e in difficoltà in sede istituzionale”. La seconda fase, invece, consiste nella visione di film importanti da un punto di vista cinematografico che trattano questa tipologia di tema come ‘Attrazione Fatale’ e ‘Cape Fear’ (nella seconda versione con De Niro). “Spesso gli studenti confondono lo stalking con il femminicidio, come spesso i media falsamente mostrano, perché i casi che la cronaca riporta sono quelli che finiscono in tragedia o con la morte o con un ferimento grave della vittima. In realtà lo stalking, alla cui base spesso si trova la comorbilità, ha una durata fisiologica di 22 mesi e, cessato questo tempo, solitamente l’attenzione dello stalker nei confronti della vittima tende a scemare per varie ragioni. Tutti quei casi che finiscono nell’omicidio, nel femminicidio, non sono la maggioranza”, conclude la docente.
Maria Cristina Actis

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