L’olio di palma non fa male, ma nemmeno bene. Per uno degli ingredienti più chiacchierati del nuovo secolo, la moderazione sembra essere la parola d’ordine per uscire dal dibattito senza schierarsi con la fazione dei pro o con quella dei contro. Si è arrivati a questa conclusione al termine del convegno “Olio di palma sì, olio di palma no” andato in scena il 10 febbraio al Dipartimento di Farmacia. “In questo paese c’è una sorta di processo all’olio di palma. Oggi cercheremo di capirne di più e di andare oltre i luoghi comuni, analizzando la parte scientifica e verificando cosa è successo dal punto di vista mediatico”. Una riflessione da due angolature diverse, scientifica e informativa, moderata dal dott. Riccardo Quintili, Direttore del mensile “Il Test Salvagente”. Arricchire la discussione con “un apporto di scientificità e di conoscenza” è la mission sulla quale si è soffermato il padrone di casa, il Direttore del Dipartimento Ettore Novellino, secondo il quale, a prescindere dagli ingredienti, fondamentali sono le abitudini a tavola: “negli ultimi venti anni le conoscenze scientifiche sono aumentate notevolmente. Non solo si può conoscere tutto, ma si può anche prevedere ciò che può accadere nel nostro organismo”. Attenzione al però: “il cibo ha perso la sua funzione nutrizionale e conserva sempre più quella di gratificazione. Potremmo dire che parliamo bene, conosciamo tanto, ma razzoliamo male”. E nel generale razzolare, a finire sotto la lente d’ingrandimento è stato appunto l’olio di palma. “Negli ultimi anni il Ministero della Salute ha chiesto a noi dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) un parere sulla salubrità dell’olio di palma come ingrediente alimentare”,
ha affermato il Direttore del Reparto Alimentazione, Nutrizione e Salute del Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare dell’ISS Marco Silano, soffermatosi su una “composizione che ha più acidi grassi saturi rispetto ad altri oli vegetali o condimenti animali che lo possono sostituire” e sui contaminanti che si formano durante il processo di raffinazione. Sul rapporto tra grassi saturi, colesterolo e problemi cardiovascolari, invece, si è concentrato il prof. Gabriele Riccardi, docente di Endocrinologia alla Federico II, che ha parlato di “un ampio consenso sull’esigenza di moderare l’introito alimentare di grassi saturi”. Cosa delle varie evidenze scientifiche è passato al pubblico dei consumatori? Quali messaggi sono stati veicolati in questi mesi? Sulla
comunicazione connessa all’argomento si sono soffermati Monica Rubino, giornalista del quotidiano “La Repubblica” e il collega Andrea Cuomo, firma de “Il Giornale”, portavoce di due posizioni diverse. Se per Rubino “esistono motivi sufficienti per i quali possiamo evitare o comunque limitare l’olio di palma”, preferendo a esso un mediterraneo olio di oliva, per Cuomo “le alternative non sono sempre plausibili in termini quantitativi, economici e di impatto ambientale. Non so se l’olio di palma sarà eliminato dalla nostra dieta. Certamente è un caso che andrebbe affrontato con un’informazione più completa. Nella web society si preferisce lo slogan all’informazione”.
Chiusura dei lavori, arricchiti da un breve dibattito con il pubblico, affidata all’organizzatore della giornata, il prof. Alberto Ritieni: “abbiamo dimostrato che l’Accademia è il luogo giusto per innescare un dibattito”. Sul perché dell’incontro: “avevo due obiettivi. Uno relativo alla parte nutrizionale e uno a quella comunicativa. Sull’olio di palma sono arrivate informazioni confuse. C’è bisogno di fare qualcosa di diverso”. Non è mancata la risposta del pubblico: “la curiosità sull’argomento è tanta, quindi era prevedibile ci fosse una platea eterogenea composta da persone impegnate nel settore, ma anche semplicemente da chi mangia e vuole capirne di più”. A fine incontro ha invitato tutti ad assaggiare le fritture preparate dallo Chef Giuseppe Daddio, che per l’occasione ha proposto “alici ripiene di ricotta, timo e limone, polpettine di mare, arancini, scagnuzzielli – pezzi di polenta fritta – e crocchette di patate. Poi, in vista del carnevale, castagnole e chiacchiere”. Tutto “immerso in abbondante olio di semi d’arachide.
Per me in cucina esiste il sano e il buono e io per le fritture lo prediligo, anche se, dopo aver seguito il convegno tenuto oggi da importanti scienziati, ritengo che non si possa bandire l’olio di palma”. Stessa idea per Valerio, laureato in Tecniche di laboratorio biomedico: “sia prima sia dopo l’incontro resto dell’idea che sia la dose a fare il veleno. Il prodotto non è da condannare, va soltanto assunto nelle giuste dosi. È vero che la concentrazione di grassi saturi può dare tossicità, ma con una dieta bilanciata i valori negativi possono essere tenuti sotto controllo. Quindi, dico sì all’olio di palma”. Positiva anche Connie, al primo anno di Scienze nutraceutiche: “prima dell’incontro seguivo molto la massa e dicevo no a questo prodotto”. Adesso, invece, “ho cambiato idea, perché, come è stato detto, l’importante è non eccedere, ma questo vale per qualsiasi cosa”. Categorico al contrario il suo
collega Gennaro: “ero contrario e lo resto pure dopo il convegno”. Più caute Valentina, per la quale “c’è un’informazione confusa sull’argomento. Oggi poteva essere un modo per capire, ma mi restano comunque dei dubbi”, e Federica: “conservo ancora un po’ di diffidenza. Per me è un nì”.
Ciro Baldini
ha affermato il Direttore del Reparto Alimentazione, Nutrizione e Salute del Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Alimentare dell’ISS Marco Silano, soffermatosi su una “composizione che ha più acidi grassi saturi rispetto ad altri oli vegetali o condimenti animali che lo possono sostituire” e sui contaminanti che si formano durante il processo di raffinazione. Sul rapporto tra grassi saturi, colesterolo e problemi cardiovascolari, invece, si è concentrato il prof. Gabriele Riccardi, docente di Endocrinologia alla Federico II, che ha parlato di “un ampio consenso sull’esigenza di moderare l’introito alimentare di grassi saturi”. Cosa delle varie evidenze scientifiche è passato al pubblico dei consumatori? Quali messaggi sono stati veicolati in questi mesi? Sulla
comunicazione connessa all’argomento si sono soffermati Monica Rubino, giornalista del quotidiano “La Repubblica” e il collega Andrea Cuomo, firma de “Il Giornale”, portavoce di due posizioni diverse. Se per Rubino “esistono motivi sufficienti per i quali possiamo evitare o comunque limitare l’olio di palma”, preferendo a esso un mediterraneo olio di oliva, per Cuomo “le alternative non sono sempre plausibili in termini quantitativi, economici e di impatto ambientale. Non so se l’olio di palma sarà eliminato dalla nostra dieta. Certamente è un caso che andrebbe affrontato con un’informazione più completa. Nella web society si preferisce lo slogan all’informazione”.
Chiusura dei lavori, arricchiti da un breve dibattito con il pubblico, affidata all’organizzatore della giornata, il prof. Alberto Ritieni: “abbiamo dimostrato che l’Accademia è il luogo giusto per innescare un dibattito”. Sul perché dell’incontro: “avevo due obiettivi. Uno relativo alla parte nutrizionale e uno a quella comunicativa. Sull’olio di palma sono arrivate informazioni confuse. C’è bisogno di fare qualcosa di diverso”. Non è mancata la risposta del pubblico: “la curiosità sull’argomento è tanta, quindi era prevedibile ci fosse una platea eterogenea composta da persone impegnate nel settore, ma anche semplicemente da chi mangia e vuole capirne di più”. A fine incontro ha invitato tutti ad assaggiare le fritture preparate dallo Chef Giuseppe Daddio, che per l’occasione ha proposto “alici ripiene di ricotta, timo e limone, polpettine di mare, arancini, scagnuzzielli – pezzi di polenta fritta – e crocchette di patate. Poi, in vista del carnevale, castagnole e chiacchiere”. Tutto “immerso in abbondante olio di semi d’arachide.
Per me in cucina esiste il sano e il buono e io per le fritture lo prediligo, anche se, dopo aver seguito il convegno tenuto oggi da importanti scienziati, ritengo che non si possa bandire l’olio di palma”. Stessa idea per Valerio, laureato in Tecniche di laboratorio biomedico: “sia prima sia dopo l’incontro resto dell’idea che sia la dose a fare il veleno. Il prodotto non è da condannare, va soltanto assunto nelle giuste dosi. È vero che la concentrazione di grassi saturi può dare tossicità, ma con una dieta bilanciata i valori negativi possono essere tenuti sotto controllo. Quindi, dico sì all’olio di palma”. Positiva anche Connie, al primo anno di Scienze nutraceutiche: “prima dell’incontro seguivo molto la massa e dicevo no a questo prodotto”. Adesso, invece, “ho cambiato idea, perché, come è stato detto, l’importante è non eccedere, ma questo vale per qualsiasi cosa”. Categorico al contrario il suo
collega Gennaro: “ero contrario e lo resto pure dopo il convegno”. Più caute Valentina, per la quale “c’è un’informazione confusa sull’argomento. Oggi poteva essere un modo per capire, ma mi restano comunque dei dubbi”, e Federica: “conservo ancora un po’ di diffidenza. Per me è un nì”.
Ciro Baldini