È intitolata “Manifesto sulla formazione in Medicina” la petizione con la quale la Conferenza dei Presidenti dei Collegi dell’area medica, che raccoglie docenti e ricercatori clinici, prova a far sentire la propria voce al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini. Il testo, che ha raggiunto in circa una settimana 2762 firme, si articola in quattro punti incentrati su ammissione ai Corsi di Laurea e su Scuole di Specializzazione. Chiedere il confronto con i docenti è alla base di questa battaglia, come sottolinea il Presidente della Conferenza Alfonso Barbarisi, professore di Chirurgia generale, nonché Direttore del Dipartimento di Anestesiologia alla Seconda Università: “è necessario che ci sia un dibattito tra chi è in prima fila, come docenti e studenti, e il Ministro”. L’obiettivo è una collaborazione “per difendere una preparazione appropriata, formando Medici e specialisti adeguati”. Non si tratta di un processo alle intenzioni, ma di un appunto al metodo adottato dal governo per la discussione e l’approvazione dei provvedimenti legislativi. Senza un sano confronto, il pericolo al quale si va incontro è che la fretta possa essere una cattiva consigliera: “noi non siamo contrari alle novità, ma non vogliamo che ci siano riforme troppo frettolose”. Perché, per arrivare a un’applicazione delle norme, serve “tempo e voglia di fare. Quest’ultima noi possiamo darla. Il tempo, invece, bisogna trovarlo”. Protagonista del primo punto della petizione, come si legge al sito petizionepubblica.it, è “la proposta di abolizione della selezione nazionale di ammissione ai Corsi di Laurea a numero programmato”. La Conferenza non si batte a spada tratta a difesa del sistema attuale per le ammissioni ai Corsi di Laurea, ma cerca esclusivamente una discussione diretta tra gli attori coinvolti in tale problema: “la scelta politica la lasciamo ai politici, ma l’applicazione va ai tecnici, cioè a noi”.
Numero chiuso e
modello francese
modello francese
Sotto la lente di ingrandimento è finito il “modello francese”, che rimanda ad un anno successivo al primo la procedura di selezione degli studenti: “qui da noi va inventato di sana pianta. Non si può fare una selezione al primo anno basandosi solo su certe materie”. Se questo modello dovesse essere applicato, “bisognerebbe portare a inizio percorso discipline come Metodologia clinica e una presenza nei reparti”, perché spesso “gli aspiranti medici hanno una conoscenza romantica e non diretta della professione”. Per risolvere il problema del numero di iscrizioni, secondo i membri della Conferenza, si potrebbe puntare piuttosto a una piena consapevolezza da parte dei maturandi: “punto nodale per selezionare gli studenti è il raccordo tra la scuola secondaria superiore e l’università nelle attività di orientamento. Bisogna lavorare nei licei per creare un orientamento consapevole di questi studenti”. Più difficile, invece, è intervenire sul numero chiuso che “non può essere escluso”. Al massimo, si può auspicare “un miglioramento del sistema dei quiz, magari togliendo le prove di cultura generale e migliorando la prova sulle scienze specifiche. La legge dice che i quiz sono basati sui programmi ministeriali degli ultimi tre anni. La scuola deve accertarsi di portarli a compimento”. Il raccordo scuola-università potrebbe essere rinsaldato anche con l’introduzione dei “crediti acquisiti con il volontariato. Una persona che lo ha fatto comprende meglio il mondo dell’assistenza. Tutto questo porta all’autoselezione”.
Specializzazioni: no
al doppio binario
al doppio binario
Il dibattito viene invocato a gran voce anche per i percorsi post laurea. Un punto della petizione chiama in causa la riforma della durata dei corsi di Specializzazione di area medica, destinati a diventare più brevi: “la riduzione del tempo è accettata in funzione dell’Europa. Non è accettata, invece, una riduzione che possa mettere fuori dall’Europa il laureando”. In merito ai percorsi destinati ai laureati, il j’accuse della Conferenza è rivolto anche al “doppio binario”, ossia all’ipotesi di un percorso formativo alternativo alle Scuole di Specializzazione: “è una questione di dignità del medico. Le nuove proposte prevedono un lavoro in ospedale con un contratto da caposala. Questo può essere un aiuto alla Sanità, ma non porta a una formazione adeguata del medico”. L’alternativa, in questo caso, potrebbe essere “una Scuola di specializzazione migliorata, ma nell’ambito della formazione universitaria. Ci può essere un incremento nella rete ospedaliera, ma questo non implica una Specializzazione al di fuori della metodologia naturale”. Chi è d’accordo, può metterci la firma.
Ciro Baldini
Ciro Baldini