Prova d’esame sui modi di dire per un gruppo di studenti sinofoni e vietnamiti

Attimi di smarrimento per gli studenti stranieri – un gruppo di sinofoni e vietnamiti – del corso di Lessicologia e lessicografia. L’appello del 3 giugno si sarebbe dovuto svolgere al quarto piano di Palazzo Giusso nell’aula 4.3, che però ogni lunedì, come di consueto, è occupata dai colleghi di antropologia culturale. Un dejà vu per gli assidui frequentanti l’Ateneo, ma “un’organizzazione mai vista” per gli studenti incoming. A placare il malcontento degli esaminandi è lo spostamento, su un’iniziativa della docente, nel suo studio, la cui planimetria più angusta consente una maggiore e quindi più gradita interazione tra i presenti. “Questo è uno dei motivi per cui sarebbe meglio non azzardare appelli fuori dalla griglia consentita – spiega la prof.ssa Valeria Caruso, titolare della cattedra – Tuttavia quella di oggi era l’unica data utile per consentire agli studenti di sostenere l’esame, visto che dovranno partire il 10 giugno”. Gli esaminandi provengono dall’Università di Ha Noi nel sud est asiatico e frequentano un Corso di Laurea in Italianistica dal doppio titolo di validità: in Italia e all’estero. “In una classe bilingue – prosegue la docente – c’è bisogno di condurre una continua opera di mediazione: dal programma allo svolgimento dell’esame. Un percorso formativo che va ripensato e adattato in base alle esigenze degli studenti”. Il test scritto, somministrato agli studenti, consta in diversi quesiti a risposta aperta da completare in sessanta minuti, su temi come: prestiti, calchi, foresterismi, polirematica. A seguire una breve prova orale (non discriminante ai fini del giudizio finale) sui modi di dire. Le domande, come informa la docente, “sono perlopiù di carattere generale, hanno un’impostazione più esemplificativa, per consentire agli apprendenti della L2 di rispondere ai quesiti posti senza grosse difficoltà”. La parte speciale sui modi di dire è incentrata “su due parti del corpo: mano e testa”, aggiunge la docente. Avere le mani bucate, lavarsi le mani, stare con la testa fra le nuvole, cogliere qualcuno con le mani nel sacco: alcune delle frasi idiomatiche cui gli studenti hanno tentato di attribuire una giusta interpretazione. Gli esaminandi lamentano in maniera unanime di aver poco tempo per concedersi una pausa, causa l’imminenza di altri appelli. A sottolineare la propensione dei sinofoni all’estraniamento “è la tendenza di fare gruppo tra loro. Per questo motivo le attività seminariali svolte durante il corso, improntate alla logica del tandem, hanno sortito un effetto fallimentare”, conclude la prof.ssa Caruso.
(R.I.)
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