Tutto inizia il 9 novembre, da un’assemblea nell’aula Matteo Ripa di palazzo Giusso. Intervento dopo intervento, emergono gravi motivi di scontento per il servizio che l’Orientale offre ai suoi studenti. Sotto accusa finisce ancora una volta il sovraffollamento delle aule nelle quali si svolgono i corsi (per esempio Glottologia e Spagnolo). I partecipanti denunciano la mancanza totale di sistemi volti alla sicurezza degli studenti e di microfoni. Alcuni sottolineano, inoltre, che gli appelli continuano ad essere pochi e chiedono l’estensione generalizzata di quello di dicembre. Altri accusano l’amministrazione per la mancata rimozione delle barriere architettoniche che penalizzano i disabili. C’è anche chi fa notare che gli studenti non hanno mai ricevuto la tessera magnetica, per la quale hanno tra l’altro versato 50.000 lire. Si parla anche delle ore di lezione con i lettori, che sono molto poche. Sotto accusa finisce pure l’Edisu Napoli 2, per la questione mensa, e l’inefficienza del servizio biblioteca (si veda articolo a parte, n.d.r.). Alla fine dell’assemblea un corteo interno preleva una fotocopiatrice da un dipartimento. Oggi è a disposizione degli studenti nell’aula CIPC occupata, insieme ad altre due macchine e ad un computer, tutti prelevati dal parco macchine dell’ateneo. Gli organizzatori avevano invitato a partecipare all’assemblea il Rettore Mario Agrimi, il quale però declina ed invita a sua volta una delegazione in via dei Fiorentini, presso il Dipartimento di Filosofia e Politica. Gli studenti non accolgono la controproposta.
Martedì 14 è convocata un’altra assemblea. L’amministrazione chiude preventivamente tutti i dipartimenti. Il Rettore, invitato, non si fa vedere. Comunica invece agli studenti che la successiva assemblea, quella del 21, non potrà tenersi nella sede prescelta, l’aula delle Mura Greche di palazzo Corigliano. Motiva il rifiuto con il rischio di rovinare la struttura.
Nei giorni seguenti ci si improvvisa registi. I ragazzi girano con la telecamera durante i corsi e tra le aule, poi montano le immagini sul filmato che una TV privata ha dedicato all’ateneo. Un controcanto, racconta chi lo ha visto. Pochi, in verità, perché del corto montato al CILA ed ivi depositato (avrebbe dovuto essere proiettato in pubblico) si sono perse le tracce.
Il 21, in piazza San Domenico, gli studenti trovano il portone sbarrato, agenti della Digos ed un nutrito drappello di polizia con manganello, scudi e caschi. Si va al braccio di ferro. Circa trecento studenti rivendicano il diritto ad entrare e svolgere l’assemblea. Avanzano a mani alzate verso il portone. La celere li respinge e c’è chi si prende anche qualche manganellata.
Il giorno dopo ragazze e ragazzi entrano in ateneo a piccoli gruppi, aggirando l’ostacolo. L’assemblea si svolge ed è molto partecipata. Danni alla struttura? Nessuno.
Gli studenti accusano Agrimi: “forse è arrivato a concepire l’addizione studenti + assemblea =vandalismo?”
Mercoledì 29 nuova assemblea, a palazzo Giusso. Si fa il punto sui risultati ottenuti (il prolungamento di orario delle biblioteche), si discute della mensa e della riforma didattica. Lo spunto arriva da una intervista al Corriere della Sera del Ministro dell’Università. Zecchino ha finalmente chiarito ogni dubbio: la riforma prevede il numero chiuso per l’accesso dalla laurea triennale a quella specialistica. Gli studenti in assemblea concordano nuove iniziative. Alcuni vanno ad interrompere il Consiglio di Facoltà di Lingue. La protesta va avanti.
Martedì 14 è convocata un’altra assemblea. L’amministrazione chiude preventivamente tutti i dipartimenti. Il Rettore, invitato, non si fa vedere. Comunica invece agli studenti che la successiva assemblea, quella del 21, non potrà tenersi nella sede prescelta, l’aula delle Mura Greche di palazzo Corigliano. Motiva il rifiuto con il rischio di rovinare la struttura.
Nei giorni seguenti ci si improvvisa registi. I ragazzi girano con la telecamera durante i corsi e tra le aule, poi montano le immagini sul filmato che una TV privata ha dedicato all’ateneo. Un controcanto, racconta chi lo ha visto. Pochi, in verità, perché del corto montato al CILA ed ivi depositato (avrebbe dovuto essere proiettato in pubblico) si sono perse le tracce.
Il 21, in piazza San Domenico, gli studenti trovano il portone sbarrato, agenti della Digos ed un nutrito drappello di polizia con manganello, scudi e caschi. Si va al braccio di ferro. Circa trecento studenti rivendicano il diritto ad entrare e svolgere l’assemblea. Avanzano a mani alzate verso il portone. La celere li respinge e c’è chi si prende anche qualche manganellata.
Il giorno dopo ragazze e ragazzi entrano in ateneo a piccoli gruppi, aggirando l’ostacolo. L’assemblea si svolge ed è molto partecipata. Danni alla struttura? Nessuno.
Gli studenti accusano Agrimi: “forse è arrivato a concepire l’addizione studenti + assemblea =vandalismo?”
Mercoledì 29 nuova assemblea, a palazzo Giusso. Si fa il punto sui risultati ottenuti (il prolungamento di orario delle biblioteche), si discute della mensa e della riforma didattica. Lo spunto arriva da una intervista al Corriere della Sera del Ministro dell’Università. Zecchino ha finalmente chiarito ogni dubbio: la riforma prevede il numero chiuso per l’accesso dalla laurea triennale a quella specialistica. Gli studenti in assemblea concordano nuove iniziative. Alcuni vanno ad interrompere il Consiglio di Facoltà di Lingue. La protesta va avanti.