“I giapponesi cosa sono se non dei surfisti che attendono l’onda per cavalcarla?”, così il giornalista Antonio Moscatello descrive l’atteggiamento della popolazione nipponica di fronte alla catastrofe del 2011. Il periodo successivo al terremoto ed allo tsunami che hanno colpito il Giappone viene raccontato nel volume “Scrivere per Fukushima” presentato l’11 marzo (secondo anniversario della tragedia) nell’affollatissima – tanti gli studenti – Antica Scuderia di Palazzo Corigliano. “Cristallizza la percezione di un evento catastrofico nel momento immediatamente successivo”, con queste parole lo introduce la prof.ssa Chiara Ghidini, docente di Letteratura giapponese. Il libro raccoglie saggi e racconti di vita, a cura di numerosi letterati del luogo, tradotti in italiano da studiosi della lingua, quali ad esempio la docente di Letteratura giapponese Gala Maria Follaco. “I proventi andranno alla Croce Rossa giapponese, a sostegno dei sopravvissuti”, spiega la Ghidini. Il prof. Franco Mazzei, docente di Storia dell’Asia Orientale, motiva la tranquillità della popolazione di fronte alla catastrofe: “Molti mi chiedono come mai i giapponesi hanno deciso di continuare ad abitare queste isole sfortunate, e perché mantengono un atteggiamento di calma, che per noi sembrerebbe eccessiva, davanti ad uno tsunami. L’apparente indifferenza deriva dalla loro percezione della natura, non impostata sul dominio, come per gli occidentali, ma sul sentirsi parte di essa”. Moscatello si sofferma su due punti in relazione alla tragedia: i limiti della stampa italiana nel trattare il delicato argomento e lo stato di ricostruzione attuale del Giappone. “I giornalisti italiani hanno raccontato male la tragedia, a causa di diverse distorsioni. La prima riguarda la mancanza di risorse, che non ha permesso a me, come a tanti, di recarsi sul luogo. Gli inviati, invece, su richiesta delle testate, si sono allontanati in posti dove il premio assicurativo era sostenibile”. La seconda distorsione è stata quella politica: “Abbiamo asservito la tragedia di Fukushima alla nostra ottica, in relazione al referendum sul nucleare, dimenticandoci il racconto dello tsunami”. Allo stato attuale si contano circa 19mila morti e dispersi e 320mila sfollati. “Senza considerare le tonnellate di detriti da smaltire nell’area contaminata, con le relative difficoltà di trattamento e stoccaggio. Alcune aree non saranno decontaminate da qui a quarant’anni”. Il ritratto che si presenta è in chiaroscuro: “Molti sfollati non vogliono più abitare le zone a rischio ed il processo di ripresa è piuttosto indietro, se si pensa che 81mila persone sono certe di aver perso il lavoro. Tuttavia il Giappone sta investendo in energie rinnovabili”. Non è da sottovalutare il rischio di contaminazione: “L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) afferma che c’è pericolo di incidenza di tumori nelle zone colpite da radiazioni. Di conseguenza 44 paesi nel mondo, Cina compresa, vietano l’importazione alimentare in quei luoghi”. La pressione del trauma subìto porta diverse conseguenze: “C’è un aumento di separazioni delle coppie e di pari passo un incremento di suicidi, violenze domestiche ed obesità dei bambini. Questo perché ognuno cerca di superare il dramma a suo modo”. Nel volume si raccontano fenomeni di discriminazione simili a quelli di Hiroshima e Nagasaki: “ad esempio, un pescatore va a comprare il sakè in un negozio, con il suo furgoncino. Il padrone, vedendo la targa di Fukushima, gli chiede di spostarlo per paura di una contaminazione”.
Terremoto in Giappone: un volume nel secondo anniversario della tragedia
- Advertisement -