Un saluto alla “bella gioventù” dalla prof.ssa Morgan, una francese napoletana

Continua il nostro piccolo viaggio nella memoria e nella storia accademica napoletana raccontata dai docenti che, a partire dal primo novembre, hanno raggiunto l’età pensionabile, chiudendo un ciclo della loro vita professionale. “In realtà, preferisco dire che inizia un nuovo ciclo”, commenta la prof.ssa Jacqueline Morgan, Ordinaria di Teoria dei Giochi e Metodi Matematici per l’Economia e la Finanza, docente prima presso la Facoltà di Economia e poi presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche. In precedenza, ha lavorato per molti anni alla Facoltà
di Scienze in qualità di Professore Associato di Analisi Matematica. Nella sua attività di ricerca si è interessata principalmente di teoria dei giochi, mercati oligopolistici, teoria economica, ottimizzazione e ottimizzazione bilivello, programmi matematici con vincoli di equilibrio, problemi bilivello di controllo ottimo, disuguaglianze variazionali e quasi- variazionali. Originaria di Nizza, in Francia, ha svolto quasi tutta la sua carriera a Napoli. “Visto che ho la doppia cittadinanza, ormai si può dire che sono ‘anche’ francese”, sottolinea con un timido e ironico sorriso la
docente. Poi prosegue: “nella mia vita professionale ho privilegiato l’aspetto scientifico a quello gestionale. Venendo da fuori, pensavo che una italiana avrebbe dato di più e mi sono dedicata alla ricerca e alla didattica”. Ricorda i suoi inizi: “a scuola mi piacevano ugualmente le Lettere, ma certe decisioni dipendono anche dagli insegnanti che si incontrano. Ho avuto un professore di Matematica durissimo ma che svolgeva delle lezioni molto interattive che stimolavano a giocare con questa materia per la quale pochi avevano gusto e interesse, soprattutto fra le donne”. E l’Università di Nizza, per la presenza di grandi matematici, era un luogo ideale per studiare la matematica: “nel mio paese d’origine nel Dopoguerra la ricerca matematica era molto sviluppata grazie alla Scuola di Bourbaki, presente a Nizza con Jean Dieudonné e Adrien Douady. Ma non voglio parlare dei miei professori perché in questo settore tanto dipende anche dalla voglia di impegnarsi e dal saper essere autonomi e creativi, conservando sempre il gusto della scoperta”. Dopo la laurea, si trasferisce a Parigi dove consegue un dottorato in matematica. Poi arriva a Napoli per ragioni personali e sceglie di viverci. Lavora per vent’anni presso il Dipartimento di Matematica ‘Renato Caccioppoli’ prima di spostarsi ad Economia per spaziare anche in altri campi. Conserva un bel ricordo degli studenti che definisce ‘una bella gioventù’: “impariamo insegnando e il capitale umano costituito dagli studenti, con cui non ho mai avuto problemi, non è mai mancato. Non sono stata una che ‘regala’ l’esame, ma quando le regole sono chiare i ragazzi le accettano. Nonostante la formazione di base, almeno sul piano scientifico, lasci spesso delle lacune, ho sempre avuto degli studenti che impegnandosi arrivavano ad ottimi risultati”. Ha parole d’affetto anche per la città a cui ormai appartiene: “si parla sempre male di
Napoli, ma guardiamoci intorno. A differenza di quanto si vede in altre università del mondo, qui nessuno ‘tagga’ le pareti con le bombolette spray”, dice utilizzando un gergo tipico delle nuove generazioni. Ma non si limita al decoro degli spazi condivisi: “Mi sento grata e fortunata per aver vissuto questo pezzo di vita. Ho sempre apprezzato
molto le qualità umane che ho incontrato in questa città. Chi ha giudizi troppo severi non è stato altrove”. Sempre positivi e incentrati al rispetto anche i rapporti con i colleghi: “non mi sono mai sentita emarginata in quanto straniera, o discriminata come donna. E non è vero che dappertutto è così. Non so se si può generalizzare, ma
credo che sia una caratteristica napoletana. Quando sono arrivata, in Francia c’erano pochissime donne in campo matematico e mi colpì notare quante ce ne fossero, invece, a Napoli”. L’ultimo sguardo è rivolto al futuro: “Con il tempo si cambia e magari si dimenticano alcune cose, ma non quelle legate alla ricerca: è come avere un computer special in mente. Finché ci saranno ancora la voglia e le capacità, continuerò a lavorare, sempre
insieme ad altre persone, perché la ricerca fatta con altri è molto più stimolante e ho dei collaboratori bravissimi. Per i giovani non è facile farsi strada, non lo è mai stato, la competizione è sempre stata alta. Non condivido, però, le norme che affidano un oneroso carico didattico anche alle persone appena assunte a scapito della ricerca”.
Simona Pasquale
- Advertisement -




Articoli Correlati