Un’esperienza entusiasmante per un gruppo di studenti la visita al porto “green” di Anversa

Immaginate di trovarvi in uno dei porti più grandi d’Europa. Immaginate di incrociare lo sguardo con chi oggigiorno mette in moto tonnellate di merci in container diretti in tutto il mondo. Immaginate un porto che non sembra un porto, le pale eoliche e il freddo gelido del nord Europa. C’è chi ha avuto l’opportunità di andare oltre l’immaginazione. Sono gli studenti iscritti alle Magistrali di Ingegneria Gestionale e Ingegneria dei Sistemi Idraulici e di Trasporto del corso di Trasporto Merci e Logistica con il prof. Vincenzo Marzano, in tutto 25, che hanno partecipato alla visita d’istruzione al porto di Anversa in Belgio. I giovani hanno aderito con entusiasmo a questo viaggio, che tra il 24 e il 26 novembre ha permesso loro di assistere per un giorno alla vita del secondo porto più grande del Vecchio Continente. “La nostra visita è partita dal Centro visitatori: il porto di Anversa è molto grande e accoglie ogni giorno visitatori di ogni tipo, per questo sono molto ben organizzati – spiega Daniela Tocchi, dottoranda che lavora con il prof. Marzano e ha accompagnato i ragazzi in Belgio – Gli spostamenti avvengono in pullman, e c’è la possibilità di visitare determinate zone del porto, in funzione delle attività in corso. Ad esempio, la sosta al terminal container è stata brevissima perché c’erano troppe attività in svolgimento in quel momento”. Un tour in autobus con dieci soste e l’accompagnamento di una guida – “rigorosamente in inglese, lingua del mondo della logistica”, aggiunge Tocchi – durante il quale si è potuto assistere alla distribuzione e imballaggio di alcuni materiali plastici, vedere la movimentazione dei container, gli uffici portuali e una raffineria Total. “Quello di Anversa
è molto più di un porto, sorge sulla parte antica della città e ingloba anche una chiesa. Inoltre è stato interessante tutto il sistema di infrastrutture, come ad esempio i binari ferroviari che arrivano fino alle banchine, le manovre con i diversi tipi di gru in funzione alla banchina o alla nave. L’obiettivo era far comprendere tutta la complessità che sta dietro ad un porto commerciale, e come, se si riescono a sfruttare tutti gli aspetti naturali uniti all’efficienza delle strutture, si crea un nodo fondamentale nella logistica mondiale”. A colpire i ragazzi sono stati proprio i numeri e
le dimensioni del porto e delle merci movimentate. “Io ho seguito il corso lo scorso anno con il prof. Marzano
e avevo anche partecipato alla visita al porto di Rotterdam, il più grande d’Europa – spiega Francesco Capobianco,
di Ingegneria Gestionale – L’esperienza è stata molto istruttiva e così, anche se nel frattempo mi sono laureato, ho voluto partecipare anche quest’anno. Anversa è stata una visita ancora più interessante perché a differenza di Rotterdam non siamo rimasti tutto il tempo sul bus. La parte più impressionante è stata quella relativa ai container, ma abbiamo avuto modo di vedere anche i vari tipi di traffico, il trasporto di autoveicoli, l’interno di alcuni magazzini. Durante il corso si fa molta teoria, mentre con questa visita si sono saldate le nostre conoscenze
con un’esperienza reale: è molto istruttivo sia per un Gestionale, per la parte della logistica, che per un Trasportista”. “Ero ancorata alla teoria, – racconta anche Matilde Pinto, iscritta alla Magistrale di Gestionale – a tutto quello che avevo studiato sui libri. Questa esperienza mi ha fatto toccare con mano quello che avevo studiato e confrontare con i problemi reali. Sono riuscita ad avere una visione più chiara di tutte le questioni relative alla logistica, ai magazzini e anche ai trasporti. Mi ha colpito molto la concentrazione di alcuni processi: ad esempio,
prima di Anversa, per me un magazzino era solo un deposito, invece abbiamo visto un magazzino dove venivano raccolte delle rifuse di plastica, granelli di polimeri, e si partiva dallo stoccaggio all’imballaggio, fino allo stoccaggio su dei pallet, e quindi al carico su navi. Tutto il processo concentrato in un magazzino”. Inoltre, ascoltando le istruzioni della guida, che, dopo un breve racconto sulla storia del porto, ha ‘iniziato a dare i numeri’, “sono rimasta impressionata – racconta Pinto – Sono cifre enormi e sempre in crescita”. “La mia idea è che, oltre ad essere una visita tecnica, sia anche una visita culturale, perché – aggiunge Aldo Torre, di Ingegneria dei Sistemi Idraulici di Trasporto – allarga i confini mentali con i riscontri pratici di quello che si studia e offre una visione d’assieme. Credo che sia un must andare a visitare queste realtà, perché, oltre a conoscere la strada o la ferrovia, un ingegnere deve avere una visione complessiva di come i sistemi si relazionano. Dal punto di vista didattico – conferma l’impressione dei colleghi – è stato utilissimo vedere come funzionano tutti i processi che avevamo studiato. Interessante assistere al carico e scarico dei container attraverso le gru, e il carico su rotaie”. “Abbiamo visto cose che in Italia non avremmo trovato in nessun porto – afferma Ermete Fortunato, altro studente di Sistemi – Non si tratta solo della parte legata alla logistica, perché all’interno del porto ci sono anche fabbriche e durante il tour si abbracciano diverse discipline. La capacità di questa struttura portuale è di avere non solo un mega-porto, dove
attraccano navi enormi, ma avere in loco tutti gli impianti che facilitano il processo produttivo. È una zona industriale più che un porto: dopo i primi minuti dall’inizio della visita, infatti, eravamo meravigliati dal fatto che ancora non si vedesse l’acqua!”. “Sorprendente è anche il fatto che si tratta di un porto green – ci dice ancora Matilde – con pale eoliche per il fabbisogno energetico del porto stesso”. “Questo è stato davvero un aspetto insolito, perché noi non siamo abituati a vedere pale eoliche nei centri abitati. È un valore aggiunto”, fa eco Fortunato, che raccomanda: “La prossima volta sarebbe interessante includere nel tour anche centrali nucleari: sarebbe un’occasione unica visto che in Italia non ne abbiamo”. Ragazzi entusiasti ed esperienza da consigliare, l’unica pecca è l’autofinanziamento. “Non abbiamo speso molto, circa 200 euro, – dice Capobianco – ma per consentire davvero a tutti di partecipare dovrebbe essere previsto un contributo d’Ateneo. Sono esperienze che vanno alimentate”.
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