Volitiva, intraprendente, è rientrata a Napoli dopo cinque anni a Lodi in Unilever

Le nostre capacità e la nostra intraprendenza possono aiutarci ad arrivare dove non avremmo mai immaginato? È lo spunto dell’incontro organizzato dalla prof.ssa Renata Piccoli per gli studenti dei Corsi di Laurea in Biotecnologie Industriali. Ospite Matilde De Maria, 31 anni, laureata in Biotecnologie con la passione per l’industria, rientrata a Napoli alla SEDA, un’azienda che si occupa di confezionamento, dopo una lunga esperienza fuori cominciata con una tesi Magistrale sperimentale alla Plasmon, diventata in seguito un tirocinio intrapreso tutto da sola. “Ho inviato il curriculum senza consultare il mio professore, che si è anche arrabbiato. Volevo mettermi alla prova, le Biotecnologie erano ancora poco conosciute ed era diffusa l’idea che gli sbocchi fossero solo all’estero. Hanno scoperto subito il legame col gruppo di ricerca di Napoli, ma intanto avevo avuto lo stage affrontando una selezione da sola, imparando a fidarmi di quello che avevo studiato”, racconta Matilde che per un intero anno vive tra Milano e Parma proseguendo, su scala industriale, il lavoro iniziato all’università e ‘giocando con gli impianti’. “All’università vedi solo un piccolo reattore, in fabbrica ti confronti con una scala enorme; segui il processo di lavorazione e gli operai si fidano di te”. Poco prima della scadenza del contratto e prima del rinnovo che ci sarebbe stato di lì a pochi mesi, riceve una telefonata inaspettata che la invita a partecipare alla selezione per l’Unilever: “non ho mai capito come avessero fatto a sapere che a breve sarei stata disponibile”. Dopo otto ore di prove con altre sette persone, viene assunta: “è un colosso mondiale, con gruppi sparsi ovunque. Un mondo parallelo in cui ci si esprime con acronimi e sigle, un codice incomprensibile finché non cominci a utilizzarlo anche tu”. Per cinque anni si trasferisce a Casalpusterlengo, in provincia di Lodi, il Comune d’Italia con il nome più lungo; meno di quindicimila abitanti, pericolosamente vicino alla Svizzera, freddo, nebbia, ottimi salumi e odore di sterco di maiale ristagnante nell’aria. Insieme con Caivano (Napoli), Sanguinetto (Verona) e Pozzilli (Isernia), è una delle quattro unità produttive italiane della multinazionale e motore dell’intera area. Igiene personale e della casa, surgelati, cibi precotti, gelati, condimenti, profumi, costituiscono alcuni dei settori di interesse del gruppo a cui sono legati marchi molto noti come CIF, Dove, Knorr, Findus, Algida, Fissan, Clear, Mentadent, Lipton, Coccolino, Fabergé. Primo incarico, verificare l’efficacia dei prodotti, riportando sostanze presenti e modalità d’uso sulle etichette. “Avevo una provetta con l’etichetta ‘sporcizia cinese’”, racconta descrivendo la sua attività nei centri sperimentali con decine di gabinetti e lavandini dalle caratteristiche più diverse, sulle cui superfici collaudare detergenti specifici per diversi mercati, con condizioni ambientali differenti, come la ruggine nell’acqua (in Russia), o speciali necessità igieniche (cappe dei ristoranti in Cina): “studiavo la formula chimica di prodotti fatti d’acqua, ma con additivi a cui stare attenti e avevo imparato a memoria le abitudini delle popolazioni”.
La scoperta del packaging
In seguito si trasferisce al packaging: “alla Plasmon avevo imparato che influisce moltissimo sull’acquisto”. Comincia così a sviluppare una serie di nuovi imballaggi per i prodotti destinati alla pulizia della casa, iniziando una carriera da ‘reginetta di creme e spray’. Si tratta del settore che rappresenta la prima pubblicità, e di una confezione si studia ogni dettaglio: etichetta, materiale, baricentro, facilità d’uso, inclinazione del gomito per versarne il contenuto, consistenza dell’involucro affinché resista agli urti e sua elasticità in modo che lo spruzzo risulti ampio, sia in verticale che in orizzontale, ma non troppo violento da essere inalato: “guida l’acquisto a scaffale e me ne sono innamorata perché dentro ci sono Fisica, Chimica, Marketing, Design. Comporta anche tanta frustrazione, perché se una bottiglia ruota, o oscilla sul nastro trasportatore, si perde produttività”. Circondata dai prodotti su cui ha lavorato, Matilde svela qualche trucco, ma nessun segreto: “anche quando me ne vado, resto fedele all’azienda”. Il suo ultimo progetto, battezzato Falco, come il musicista austriaco, aveva come oggetto di studio la crema CIF Power and Shine: “tutti i progetti hanno nomi di cantanti come ‘Prince’ e ‘Aguilera’”. Contenitore semitrasparente per vedere il liquido all’interno, pompetta trasparente e ‘vestitino’ di plastica al posto dell’etichetta, difficile da staccare e
riciclare, sono alcune delle novità introdotte tenendo conto dei dettagli che non possono cambiare perché iconici per il consumatore, come il puntino rosso della ‘i’ di CIF: “il costo si è ridotto, le vendite si sono impennate, l’azienda ha acquistato un impianto nuovo per produrre il vestitino e ora lancerà
l’articolo in tutto il mondo. Detto ciò: Forza Napoli!”, dice la ragazza aprendo in maniera spiritosa la sessione domande degli studenti. Simona Pasquale
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