Messa in scena de ‘Il Falcone di Albanella’ per gli studenti-attori del Laboratorio Teatrale Plurilingue

Un castello tra le colline di Albanella, nell’estate del 1600. Una famiglia nobiliare napoletana che legge ad alta voce, canta, sogna, e si racconta tra villanelle spagnole, racconti di Basile e versi di Ariosto e Tasso. È questa l’atmosfera evocata da Il Falcone di Albanella, andato in scena lunedì 27 maggio al Teatro Stabile Galleria Toledo.

Lo spettacolo chiude la terza edizione del Laboratorio Teatrale Plurilingue promosso dalla prof.ssa Flavia Gherardi. “Più che esprimere soddisfazione per la crescita di questi studenti, vorrei condividere l’ammirazione per ciò che sono diventati – afferma la prof.ssa Gherardi, Coordinatrice del Corso di Laurea in Lingue, Culture e Letterature Europee – È da tre anni che li osservo nella dimensione performativa: sono maturati tantissimo, anche grazie alla guida sapiente del dott. Ignacio Rodulfo Hazen”, sottolinea. Una crescita artistica e personale che si riflette in uno spettacolo di straordinaria originalità, in cui si intrecciano recitazione, canto e musica in una pluralità di lingue e culture: italiano, spagnolo e napoletano. Nel testo – scritto e ideato dallo stesso dott. Hazen – si fondono la fiaba popolare, il teatro barocco, l’epica cavalleresca.

Protagonista è Lorenzo, servo innamorato di Isabella, che scopre nelle storie cantate e narrate la verità delle loro vite. Lui è “come i falconi, che guardano la luce senza accecarsi”. Attorno a lui, un mondo immaginario e musicale in cui si mescolano fate ammaliatrici, animali magici, cavalieri, sogni d’amore e letture condivise al tramonto.
“Gli attori recitano in versi, in lingue del passato, in idiomi ormai dimenticati, e lo fanno con una padronanza sorprendente, pur essendo ancora studenti universitari – aggiunge Gherardi – Provano dall’autunno, per tutto l’anno, affrontando difficoltà legate alla disponibilità degli spazi e alle scarse risorse economiche. Ma resistono a tutto. Lavorano in qualsiasi condizione e a loro vanno riconosciuti tutti i meriti possibili”.

Il dott. Hazen racconta l’origine dell’ispirazione: “Sono un topo di biblioteca. Studio il Cinquecento e il Seicento napoletani, e all’Archivio di Stato ho trovato l’inventario della biblioteca dei signori d’Albanella, una famiglia spagnola insediata nel Regno. Leggevano insieme l’Orlando Furioso, le Villanelle Spagnole Napoletane, la Diana di Montemayor. Una comunanza spontanea di lingue e di gusti letterari, che restituisce un’immagine ricca e colta della vecchia Napoli”. Conclude: “Non vogliamo semplicemente rievocare il passato, ma prenderlo sul serio come una radice preziosa. Questo lavoro è un regalo anche per me: gli studenti mi fanno compagnia nella ricerca, e spero che queste storie antiche, un giorno, possano servire anche a loro per capire il mondo”.

Le voci degli attori

Ancora una volta, il Laboratorio si conferma un luogo di espressione, inclusione e crescita per studenti e studentesse di diversi Corsi di Laurea. Maria Teresa Cavaliere, al secondo anno della Triennale in Lingue, è alla sua prima esperienza sul palco. “Mi ha arricchita moltissimo. Ho conosciuto persone splendide e imparato cose nuove”, racconta. In scena interpreta più ruoli, tra cui la Renzuola e la madre del principe nell’Orsa. “Spero di continuare a recitare, non per lavoro forse, ma come passione”. Nonostante non abbia scelto come lingua spagnolo nel suo percorso accademico, ha trovato un ambiente accogliente anche sotto il profilo linguistico: “Lo avevo studiato al liceo, ma temevo fosse un ostacolo. Invece i compagni sono stati sempre disponibili a spiegarmi tutto”.

Un ringraziamento speciale va al dott. Hazen: “Ci ha seguiti anche a distanza, è stato preziosissimo”. Per Chiara Malvano, studentessa di Giurisprudenza, il laboratorio è stato una scoperta. “Quando due anni fa chiesi di partecipare, mi dissero che era riservato solo agli studenti del Dipartimento di Studi Umanistici. Fortunatamente, dall’anno scorso c’è stata più apertura anche verso studenti di altri Corsi”. Un cambiamento che ha fatto la differenza: “È diventato il mio posto sicuro, in un’università che a volte può essere molto stressante. Ha permesso di conoscermi meglio e di uscire dalla mia comfort-zone”. Interpreta la principessa Isabella, ruolo che ha affrontato con un tocco personale: “Il mio innamorato in scena è anche il mio ragazzo nella vita reale. È stato divertente esplorare questa dinamica, un modo giocoso di avvicinarmi al personaggio”.

Un piccolo sogno che si avvera: “Non capita spesso, in un laboratorio teatrale, di poter interpretare una principessa. Di solito si lavora su testi diversi. Per me è stato un modo leggero e creativo di tornare bambina”. Tra i veterani, Cristiano Scotto di Galletta, studente di Lettere Moderne, alla sua seconda partecipazione. “Ogni anno è diverso, perché cambiano le persone. Ma lavorare con Ignacio è sempre stimolante”.

Quest’anno ha portato in scena Lorenzo, personaggio ispirato alla commedia dell’arte: “Una specie di Zanni appassionato di letteratura. Ho anche recitato un passo dell’Orlando Furioso, che adoro. È stato un onore”. La scena più impegnativa? “Quella del combattimento con i mori invisibili! Ho sudato sette camicie”. E scherza sul suo livello linguistico: “Parlo italiano, inglese e un po’ di napoletano. I miei compagni dicono che sembro un milanese importato… ma sto recuperando anche con lo spagnolo, non voglio restare indietro”. Un plauso lo dedica a Michele Ciarleglio: “Ha realizzato tutti gli animali di scena con pazienza e precisione.

È stato un bellissimo lavoro di squadra”. Torna anche Vincenzo Di Ronza, al suo secondo anno della Triennale in Lingue, nel ruolo del padre della principessa Isabella: un’autorità caricata di ironia che ha divertito il pubblico. “Quest’anno lo spettacolo è stato ancora più ricco – spiega – Più oggetti di scena, più musica, persino più lirica. Ho dovuto ricalibrare l’approccio, anche se il personaggio era simile a quello dell’anno scorso. È stata una sfida diversa, e proprio per questo ancora più stimolante”.
Giovanna Forino
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Ateneapoli – n. 10 – 2025 – Pagina 19

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