Michela, il mare e la poesia

20 anni, procidana, studentessa di Scienze Nautiche, Aeronautiche e 

Meteo-oceanografiche, ha pubblicato due raccolte di poesie

‘Forse ci stiamo perdendo nella stessa porzione di cielo’. Tra tutti i suoi versi, Michela Romano pensa a questi, ispirati da un padre che non è presente. Lei, ventenne studentessa di Scienze Nautiche, Aeronautiche e Meteo-oceanografiche, del mare ne ha fatto un doppelgänger, nella poesia cerca – e trova – una forza espressiva tale da riuscire a superare le paure. E la condivide nelle sue pubblicazioni. “Compongo poesie ormai da tanti anni – racconta – Da piccola venivo un po’ presa in giro per questa abitudine e, anzi, a scuola, diversi professori mi rimproveravano perché ritenevano che io scrivessi male. Solo una professoressa, alle superiori, ha visto del potenziale in me e mi ha incoraggiata a continuare”. I primi componimenti, “nati quasi come sfogo personale, sono confluiti in una pagina Instagram dedicata. Sul social, a sorpresa, mi ha notata un editore e così è nato ‘Fiumi di parole vuote’nel 2019. Nel 2022, poi, ho pubblicato un’altra raccolta, ‘Anche gli occhi parlano’, in cui rifletto sull’infanzia e sulla famiglia, sempre con la BookSprint Edizioni”. L’ispirazione, dice, “arriva dal personale. Nelle mie poesie c’è tanto di me. Ho sofferto di problemi di autostima, ansia e disturbi alimentari e per la perdita di mia madre, quando avevo tredici anni, e delle nonne. Attraverso questa penna spero di raggiungere metaforicamente mio padre, che non sento da tempo, affinché capisca qualcosa di sua figlia. Scrivo tanto pure di amicizia, un valore importante, e del mare, dell’alba e dei tramonti visto che sono originaria di Procida”. I pensieri si tramutano in parole in qualsiasi momento, “al supermercato, in pullman o durante il viaggio in traghetto, allora li appunto sul cellulare e a casa li trascrivo su un quaderno”. Mentre si racconta ad Ateneapoli è in casa, a Procida e – come potrebbe essere altrimenti? – guarda il mare. Ho studiato in istituto nautico, credo sia il destino di ogni isolano. Una volta finita la scuola si è posto il problema dell’università. Da un lato avrei voluto studiare psicologia o logopedia, dall’altro avevo paura di non essere all’altezza o di finire immediatamente bloccata dall’ansia. Poi, semplicemente, ho pensato al detto che recita ‘Scegli ciò che ami e non lavorerai un giorno nella tua vita’ ed eccomi a Scienze nautiche alla Parthenope”. L’obiettivo “è diventare insegnante di navigazione o, comunque, qualunque altro lavoro legato al mare andrà bene. È qualcosa che mi appartiene. Quando sono a Napoli dormo con il suono dell’oceano nelle cuffiette, mentre a Procida mi basta aprire la finestra e tendere un poco l’orecchio”. Sull’esperienza universitaria: Il primo anno, come c’era da aspettarsi, è stato piuttosto difficile. L’ho vissuto con pressione nonostante l’ovvio interesse per le materie di studio. Per fortuna il mio gruppo di amici mi ha aiutata a capire che ogni studente vive diversamente l’università e non bisogna fissarsi sul tempo impiegato a superare un esame o sul voto. L’importante è apprendere consapevolmente per formarsi, onde diventare quel professionista al quale si aspira. Per rendere più significativo il mio percorso sono entrata nella rappresentanza studentesca. In fondo riesco a calarmi nei panni di chi si sente in difficoltà e il dare un contributo agli altri aiuta in primo luogo me stessa. Ora sto preparando l’ultimo esame della sessione. Prima di tornare a Napoli, e ricominciare con le lezioni, vorrei approfittare di questi giorni per stare con i miei fratelli e rilassarmi”. Appassionata lettrice, amante del pensiero di Montale, del quale condivide la metafora del muro come limite umano da superare, tra un esame e una poesia, Michela sta sperimentando altre forme narrative: Ho scritto un romanzo autobiografico, ma non ho ancora avuto il coraggio di tirarlo fuori dal cassetto. Scrivere non è un lavoro. È un’esigenza ben separata dalla quotidianità e tale voglio che resti”.

Carol Simeoli

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