La parola agli studenti
Lezioni ed esami, aule e spazi studio, attività extra-didattiche, progetti, lavori di gruppo e competizioni internazionali. Sono le tante componenti rappresentative del mosaico delle giornate universitarie vissute tra Fuorigrotta, Via Claudio e San Giovanni a Teduccio. Tante componenti a cui gli studenti di Ingegneria sanno bene quale emoticon assegnare: un cuoricino, un pollice in su o una faccina arrabbiata.
Giusy Vitiello è una matricola di Ingegneria Chimica che ha perfettamente interiorizzato il comandamento del “vivere l’università”. “Seguo le lezioni nel Polo Est, un bel complesso in cui, però, forse, si sente poco la comunità universitaria”. Si spiega meglio: “La maggior parte di noi risiede nei paesi vesuviani. Arriva in sede, segue le lezioni, studia e poi torna a casa. Invece l’università dovrebbe essere un luogo dove scambiare idee e svolgere attività tutti insieme”. Paragona San Giovanni al campus di Monte Sant’Angelo: “Non arriverà a quelle dimensioni e a quei livelli di sviluppo, ma sarebbe utile avere, ad esempio, una mensa interna, delle biblioteche, una sede per le associazioni studentesche o qualche spazio ricreativo. Volendo ci si potrebbe ispirare anche alle moderne realtà universitarie estere”. Il prossimo anno Giusy effettuerà un passaggio di Corso: “Mi sposterò a Scienza e Ingegneria dei Materiali che è più pratico. I laboratori, però, dovremo svolgerli nell’altro Polo. Ecco, non guasterebbe averne di nostri e magari un’aula di disegno, dal momento che abbiamo insegnamenti di disegno tecnico”. Un ultimo suggerimento: “Estendere il tutoraggio. È previsto per Analisi I, ad esempio, ma non per Analisi II, un insegnamento molto più complesso e proibitivo”. La sua collega Keyla Fernanda Pacheco Antezana è arrivata dalla Bolivia da meno di un anno e parla già un ottimo italiano: “L’università mi ha aiutata tanto – dice – All’inizio non riuscivo a seguire bene e partecipavo poco. I professori non avevano capito che io fossi straniera, ma quando lo hanno scoperto sono stati gentilissimi. Durante le lezioni parlavano piano e mi chiedevano sempre se avessi capito”. La comunità l’ha accolta decisamente bene: “Sono arrivata in Italia per motivi familiari. Mio padre conosceva già la Federico II e mi ha consigliato di iscrivermi qui. A San Giovanni a Teduccio mi trovo bene. Ogni tanto abbiamo qualche problema di rete o di connessione, ma perché ci sono ancora dei lavori in corso”. Keyla si sta ambientando pian piano. Il prossimo passo sarà: “informarmi sui servizi a cui posso accedere, come le borse di studio, e che non sapevo ci fossero”. Per il futuro: “Vorrei andare fuori, ma poi tornare in Italia. Mi piace questo Paese”. Si snodano tra vecchi e nuovi problemi le giornate di Domenico Vitale, terzo anno di Ingegneria Elettronica: “Sono felice di essere tornato in sede. Evidentemente non è stato così per molti perché l’affluenza è ancora piuttosto bassa – commenta – Questo crea curiose contraddizioni. Con i laboratori, ad esempio, in cui è difficile esercitarsi con parte della classe in modalità blended. Anche i docenti sono perplessi”. Poi scherza: “Certo così si trovano i posti nelle aule studio!”. I plessi “sono più puliti rispetto al pre-pandemia ma, come prima, nella maggior parte delle aule mancano ancora le prese – e gli studenti di Ingegneria portano quasi sempre da casa un pc – e la connessione è ballerina. Alcune cose non cambiano mai”.
Informatica: Esame complesso blocca i tirocini
Lucia Brando e i suoi colleghi del terzo anno di Informatica vanno decisamente controcorrente. Ora che sono al plesso di via Nuova Agnano rimpiangono i due anni trascorsi a Monte Sant’Angelo: “Avrà i suoi difetti – è dispersivo, è difficile arrivare – ma lì avevamo la nostra aula e i nostri spazi. Qui ci sentiamo un po’ soli. Forse è solo una questione di abitudine”, commenta. Quest’anno il suo Corso è stato investito da alcune novità: “Una molto positiva è l’aumento degli incontri con le aziende. Un’altra, meno positiva, è l’obbligo di svolgere, per alcuni insegnamenti, tante prove intercorso, tutte proposte più o meno nello stesso periodo. In questo modo diventa difficile suddividere equamente il carico di studio”. Nota: “A volte sembra che non ci sia dialogo tra i docenti. Lo si riscontra, ad esempio, in alcuni degli insegnamenti con un laboratorio associato come completamento in cui ci sono delle discrepanze nei programmi o alcuni concetti che vengono dati per scontato”. La nota dolente: “Per richiedere il tirocinio bisogna aver superato tutti gli esami del primo e secondo anno. Al secondo anno, però, c’è un esame che blocca praticamente tutti. Ne abbiamo parlato anche con i professori”. Loda le attività di tutorato Francesco Lionetti, terzo anno di Ingegneria dell’Automazione: “Negli anni sono state molto potenziate e sugli insegnamenti giusti, quelli che danno le basi per affrontare il terzo anno”. Poi riflette sulle competenze dell’ingegnere. Nell’odierno mercato del lavoro, flessibile e mutevole, l’ingegnere deve poter accedere ad una formazione sempre più elastica, verticale sì, ma trasversale in modo da permettergli di avere una visione a tutto tondo del mercato del lavoro. Plaude, quindi, lo strumento del minor da poco inserito nei piani di studio dei Corsi Magistrali. “Mi chiedo se ci siano margini di manovra per intervenire anche sul terzo anno delle Triennali e liberare più crediti da spendere a piacimento”. Altrettanto utile è il confronto con altre realtà, “sia quelle straniere che hanno un’impostazione più pratica sia le altre del nostro Paese. L’opzione dell’Erasmus italiano dovrebbe essere presa seriamente in considerazione”.
Gestionale: In corsa per un premio internazionale
Ha un’esperienza interessante da raccontare Raffaele Bruno, Magistrale in Ingegneria Gestionale che con alcuni colleghi è in corsa per un premio internazionale. “Il prof. Pierluigi Rippa ci ha suggerito di partecipare ad una competizione dedicata alle startup innovative, lavorando nell’ambito del suo insegnamento. Il mio gruppo ha conquistato il terzo posto, ma, avendo vinto il premio social plus, avremo l’opportunità di presentare la nostra idea prima alla Camera di Commercio di Milano e poi a Bruxelles”. Dalla sua voce, come è intuibile, traspare una grande emozione: “Il nostro progetto si basa sulla rivalorizzazione del tappo di sughero che in Italia è considerato un rifiuto speciale non pericoloso. L’idea è di trasformarlo in una materia prima secondaria da riutilizzare in vari settori e si ricollega ai concetti della sostenibilità e dell’economia circolare”. Milano e Bruxelles, naturalmente, saranno occasioni di incontro con potenziali investitori: “Esperienze del genere sono la norma all’estero. Dovrebbero essere più interiorizzate anche da noi”. Ginevra Cutolo, Magistrale in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio, affronta un’ultima questione. La possibilità dell’abilitazione immediata con la laurea, senza bisogno di superare l’Esame di Stato: “Ha senso visto che questo esame, alla fin fine, è un ripercorrere quanto studiato negli anni dell’Università”. Ma aggiunge: “Ad un ingegnere l’abilitazione serve per firmare i progetti, il che vuol dire che possiamo prenderla anche qualche anno dopo la laurea. Non è vincolante per lavorare e a nessun laureato verrebbe mai in mente di mettere una firma senza aver acquisito esperienza”.
Carol Simeoli
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