Con Guglielmo Marconi “nacque il villaggio globale”. Conferenza dedicata all’inventore del telegrafo senza fili a 150 anni della morte

Il 25 aprile 1874 moriva Guglielmo Marconi. Nella ricorrenza dei 150 anni, la Società Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti e l’Accademia Pontaniana hanno promosso una conferenza dedicata all’inventore del telegrafo senza fili. Si è svolta il 2 dicembre in via Mezzocannone 8 ed hanno partecipato con le proprie relazioni due professori dell’Ateneo Federico II: Ovidio Mario Bucci, Emerito di Campi Elettromagnetici, e Luigi Verolino, Ordinario di Elettrotecnica.
“È stata un’iniziativa ragguardevole che ha riscosso un buon successo di pubblico – dice Verolino – per onorare il genio di Marconi. Tanto più necessaria perché non si erano accorti della ricorrenza dei 150 anni dalla morte né il Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell’Informazione, del quale faccio parte, né l’Ateneo. Eppure lo stipendio ce lo dà Marconi, nel senso che tutti i nostri interessi di ricerca e didattica non esisterebbero se non ci fosse stato lui con le sue intuizioni”.
Verolino è particolarmente legato alla figura di Marconi e se ne è già occupato in anni più lontani. “Nel 2005 – ricorda – tenni una conferenza su di lui. Avevo invitato la principessa Maria Elettra Marconi, figlia dell’inventore. Caso volle che, proprio in prossimità dell’evento, morì Giovanni Paolo II. Elettra mi chiamò e disse che, in quanto appartenente alla nobiltà nera romana, doveva vegliare la salma del Papa e non sarebbe potuta venire a Napoli. Lascio immaginare il mio stato d’animo, perché la presenza della figlia era ovviamente il piatto forte della celebrazione di Marconi a Napoli.
Fortunatamente lei espresse disponibilità a videoregistrare un’intervista a distanza. Le mandai una troupe del Softel (l’allora centro di orientamento della Federico II) composta da ragazzi molto svegli, che la incontrarono nella villa di sua proprietà in via Condotti. Una dimora che era un reliquiario di cimeli paterni. Rilasciò una bella intervista nella quale ci raccontò, tra l’altro, che compiva sette anni nel giorno in cui morì Guglielmo Marconi”.
Diciannove anni dopo quell’iniziativa, Verolino si è dunque fatto promotore di un altro evento. “Il prof. Bucci – sintetizza – ha tratteggiato gli aspetti di Marconi scienziato e imprenditore. Ci si è interrogati se sia stato più l’uno o più l’altro e alla fine si è concluso che fu metà l’uno e metà l’altro. Nacque nella temperie culturale del Positivismo, quando c’era la convinzione che non dovesse esserci ritardo temporale alcuno tra la scoperta scientifica e l’applicazione pratica di essa”.

“Fu uno studente non immune da disavventure”

Bucci, racconta ancora Verolino, “ha spiegato che il wireless moderno, le stazioni radio, le antenne radiobase e perfino i computer derivano più o meno direttamente dalle scoperte di Marconi. Con lui nacque il villaggio globale, perché ci fu la possibilità di trasmettere messaggi ed informazioni in qualunque parte del mondo senza dover inviare corrieri a cavallo o posta tradizionale. Le applicazioni delle sue scoperte apparvero subito molto significative. I 720 sopravvissuti al naufragio del Titanic si salvarono in qualche modo proprio grazie alla presenza del marconista sul transatlantico”.
Come fu Marconi sotto il profilo umano? “Nella mia conferenza – dice Verolino – ho raccontato proprio questo. Fu uno studente non immune da disavventure, per esempio la duplice bocciatura all’esame universitario in Fisica a Bologna. Lui che nel 1909 avrebbe vinto il premio Nobel per la Fisica. Ebbe una moglie irlandese ed una romana, diversi figli ed un numero indecifrabile di amanti. Aveva il phisique du role, perché era un bell’uomo: alto, baffetti alla spagnola, capelli alla francese. Parlava correntemente l’inglese che aveva appreso dalla madre irlandese, la quale discendeva da una grande famiglia di produttori di whiskey. Era poi celeberrimo per le sue scoperte, godeva di fama già in vita”.
Le mogli, dunque: “Una fu irlandese, proprio come la madre. L’altra fu italiana. Era nato in Emilia Romagna, nel Comune che poi in suo onore si sarebbe chiamato Sasso Marconi e dove oggi c’è un museo. Morì fascista nel 1937 e gli furono tributati i funerali di Stato”.

Campi Elettromagnetici, la prima cattedra al Navale

Un particolare curioso della sua esistenza è che trascorse lunghi periodi in giro per il mondo ed altrettanto lunghi periodi sul panfilo Elettra. “Per lui quest’ultimo fu un po’ laboratorio, un po’ casa e un po’ luogo di incontri amorosi. Fu confiscato dai tedeschi nel 1943, fu colpito in Dalmazia dai bombardieri alleati e fu arenato. Indro Montanelli nel dopoguerra lanciò una campagna stampa dalle colonne del Corriere della Sera, il quotidiano per il quale lavorava, affinché il relitto fosse recuperato. Si attivarono membri del governo italiano. Tito – il relitto era diventato proprietà della Jugoslavia – acconsentì al ritorno del panfilo in Italia e non pose ostacoli.
Per ricostruirlo, il governo Andreotti avrebbe stanziato anni dopo due miliardi di lire. Non se ne fece nulla. Un secondo preventivo di 7 miliardi fu considerato poi successivamente troppo oneroso. Il panfilo non è stato più ricostruito, ma fatto a pezzi che sono ora dislocati in vari musei”. Conclude il docente: “L’università napoletana, come altre, deve molto a Marconi. La prima cattedra di Campi Elettromagnetici a Napoli fu istituita allo IUN, l’Istituto Universitario Navale, progenitore dell’attuale Università Parthenope. È un particolare che rivela bene quanto le ricerche di Marconi abbiano contribuito al progresso e al miglioramento della navigazione marittima. Alla Federico II abbiamo avuto poi docenti straordinari come i professori Giorgio Franceschetti e Ovidio Mario Bucci”.
Fabrizio Geremicca
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Ateneapoli – n. 19-20 – 2024 – Pagina 9

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